Partecipazione
Tre vie per non perdersi in un tempo abitato da mostri
In un contesto sociale e geopolitico complesso, l’Arché Live, la festa che Fondazione Arché dedica da oltre dieci anni a sostenitori e amici, ha raccolto testimonianze e pensieri su come riappropriarsi dei legami e uscire dal senso di solitudine. Si riparte dall’empatia, dall’apertura al territorio e dagli enti del Terzo settore: «Sono oasi di bellezza, trasformiamole in carovane»
«Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri». È da queste parole di Antonio Gramsci che è nato l’Arché Live 2025. Una frase cupa, certo, ma nondimeno ispiratrice, che ha smosso le nostre coscienze spingendoci ancora una volta ad agire, prendendo posizione in un presente sociale e geopolitico complesso. La festa di Fondazione Arché, l’ente fondato da padre Giuseppe Bettoni, che si prende cura di bambini e famiglie vulnerabili nella costruzione dell’autonomia sociale, abitativa e lavorativa, è un appuntamento che si rinnova da 12 anni, dedicato a sostenitori e amici per trovarsi e confrontarsi su temi urgenti. È trascorsa una settimana, ma molte delle voci che ho ascoltato sabato scorso alla Fattoria Pianeta Terra, risuonano ancora.
Da oasi a carovane
Il sentimento principale che muove lo spirito della nostra festa è la necessità di ritrovare il legame fra le persone e i luoghi del Terzo settore. Lo ha sottolineato nel discorso inaugurale Lamberto Bertolé, assessore al Welfare milanese, che ha ribadito il ruolo essenziale ricoperto da operatrici e operatori in un’ottica sempre più fondata sulla co-partecipazione tra ente pubblico e organizzazioni. Un significato che abbiamo ritrovato anche nel percorso tracciato dagli altri ospiti.

Per Giuseppe Mazza, copywriter e professore all’Università Iulm, «i mostri nella contemporaneità indossano abiti familiari attraverso la comunicazione: una canzone dei Beach Boys viene parodizzata per diventare un inno alla guerra, il presidente degli Stati Uniti utilizza un meme per normalizzare le deportazioni massive». Ci troviamo in un labirinto, ha aggiunto lo scrittore e filosofo Matteo Camerini, «dove le ombre si allungano e ci sentiamo soli. Ma proprio per questo resistere vuol dire aspirare a diventare una moltitudine. L’alternativa al mostro è un insieme empatico in cui ci si riconosce». È sulla stessa lunghezza d’onda Caterina Pozzi quando, al termine di un intervento analitico e concreto sull’evoluzione del Terzo settore, esorta le organizzazioni ad «aprirsi al territorio, ai cittadini, ai beneficiari: i nostri enti sono oasi di bellezza, trasformiamo queste oasi in carovane».
Fare rete, creare movimento
Mazza ci ricorda che “comunicare” deriva dal latino “mettere in comune” ed è un antidoto ai chiaroscuri gramsciani. Questo non è solo un impegno verbale, ma un manifesto programmatico per il nostro futuro. L’oasi citata da Pozzi si fa carovana e si mette in movimento, e un movimento è proprio quello che vogliamo essere. L’ha detto padre Bettoni nel suo intervento, affinché le istanze del Terzo settore vengano portate avanti e ascoltate a partire dai desideri dei lavoratori e delle lavoratrici, ma soprattutto dei beneficiari e delle beneficiarie.

«Il nostro compito è quello di portare il sole», ha detto con un filo di ironia il nostro portavoce Paolo Dell’Oca. Perché l’evento è stato segnato da una fastidiosa pioggerella e temperature rigide, che non hanno scalfito i sorrisi e il calore dei tanti e delle tante che hanno partecipato. Al contrario, anche la pioggia ha avuto un ruolo simbolico: «Questo portico dove ci siamo dovuti spostare è la prima cosa che abbiamo costruito all’inizio dei lavori di Fattoria Pianeta Terra», ha raccontato emozionato Jacopo Dalai, presidente della cooperativa Nivalis che coordina il progetto. La Fattoria, inedita cornice del nostro Arché Live, sorge in una cascina del Parco Forlanini ed è pronta ad accogliere una comunità educativa residenziale per bambini e ragazzi tra gli 11 e i 14 anni vittime di violenza.
Dare casa all’amore ferito
Il lavoro di cura è di fondamentale importanza per lo sviluppo di contesti sociali positivi, per Dare casa all’amore ferito, come recita il titolo del libro realizzato da Arché (si può ordinare a questo link. Un libro che raccoglie l’esperienza della Fondazione in tutti questi anni, pensato per rispondere alle domande sul metodo educativo di Arché e in questo modo aprirsi ancora un po’ di più al mondo.
In questa giornata di celebrazioni non potevano mancare le parole di Alberto Cannistrà e Gabriele Amietta, il presidente e il direttore della cooperativa Pensieri e Colori che quest’anno festeggia i trent’anni di attività. Per Cannistrà, Pensieri e Colori è «un modo unico per riacquistare autonomia, fiducia e dignità»; per Amietta, «il mio lunedì lo immagino solo al mio tavolo di lavoro, perché questo team mi rende felice di svegliarmi la mattina». Due discorsi che trovano la perfetta sintesi nel racconto di Claudia Radaelli, entrata in Pensieri e Colori con un progetto di inserimento e oggi socia della cooperativa.

È stata la musica a concludere l’Arché Live, con lo spettacolo Ci Vuole Orecchia! di Miriam Petruzzelli. La musica italiana può essere il pretesto per parlare di divario fra generi, violenza, machismo e sessualità. Riflessioni ironiche, taglienti e profonde, ma soprattutto necessarie in un momento in cui la consapevolezza su queste tematiche sta lentamente facendosi strada nel discorso politico e sociale.
Vincenzo Luca Borriello lavora nell’area comunicazione della Fondazione Arché. Quella di sabato è stato il suo primo Arché Live. Le fotografie sono di Sara Fileti per Fondazione Arché
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.