Comunità

Palermo, il primo patto di collaborazione mette “tutti a tavola”

Ha preso il via con una ricca tavola la Casa della partecipazione di Palermo. Si chiama "Orbita" e nasce dalla sinergia tra le associazioni neu[nòi] - spazio al lavoro, Sguardi Urbani, Idea e Azione e Teatro Atlante in collaborazione con il Comune di Palermo. È il primo patto di collaborazione che ha per oggetto un immobile pubblico. Michelangelo Pavia, presidente dell'associazione neu[nòi] - spazio al lavoro: «Ogni progetto, gruppo o idea può seguire la propria traiettoria se c’è una forza che tiene tutto insieme, senza trattenere»

di Gilda Sciortino

«La tavola è trazzera», un detto della saggezza degli avi che celebra l’incontro tra il cibo e le relazioni sociali. Secondo la tradizione popolare, la tavola è il luogo di passaggio, a cui ci si siede magari tra sconosciuti, accogliendo pure chi giunge all’improvviso, ben accetto anche se non invitato. Uno “spazio sacro”, nel quale e attorno al quale di rigenera la vita.

 Ed è proprio attorno alla tavola che prende il via la vita di “Orbita”, la prima Casa della partecipazione di Palermo, inaugurata in via Alloro, nel quartiere della Kalsa, in quella che era la sede di quel “Museo della Scuola” che in realtà non ha mai visto la luce. Dodici gli anni di abbandono di questo spazio che hanno portato le associazioni neu[nòi] – spazio al lavoro, Sguardi Urbani, Idea e Azione e Teatro Atlante, in stretta collaborazione con il Comune di Palermo, a decidere di stringere il primo patto di collaborazione su un immobile pubblico a Palermo.

Un nuovo modello di dialogo tra cittadini e amministrazione pubblica che rappresenta una tappa storica per la città. È infatti la prima applicazione concreta del “Regolamento per la gestione condivisa dei beni comuni” su un immobile pubblico, che ha trasformato uno spazio in stato di degrado da oltre un decennio in un hub di quartiere aperto, inclusivo e multifunzionale.

Un modello di gestione quale esperimento di democrazia e collaborazione

Quattro i principi fissati nel regolamento d’uso, fondato su valori guida come la do-crazia (il valore del fare), la reciprocità, la trasparenza e l’equilibrio. «L’obiettivo», spiega Michelangelo Pavia, presidente di “neu[nòi] – spazio al lavoro”, «è creare una governance aperta, dove chiunque possa entrare a far parte del gruppo di gestione, garantendo che lo spazio resti sempre un punto di riferimento connesso con il quartiere e aperto a nuove collaborazioni. “Orbita” non è solo un luogo fisico, ma una visione di città basata sulla cura collettiva e sulla collaborazione. Un modello che, partendo dalla Kalsa, aspira a diventare replicabile, per dimostrare che la gestione condivisa dei beni comuni è una chiave per trasformare Palermo in un laboratorio permanente di cittadinanza attiva. E se si comincia dalla tavola, la comunità si compatta e cresce».

Orbita vuole essere un campo gravitazionale per la cittadinanza attiva, uno spazio per provare ogni giorno a trovare nuovi equilibri tra le differenze, tra i desideri, tra le visioni

Un pranzo al tavolo della comunità

«Una di quelle iniziative che ci vogliono in un quartiere», dice Anna Piazza, abitante del centro storico. «Sono stata richiamata da un’ondata di energia: stavo andando a fare la spesa al supermercato e ho sentito musica, voci di bambini, profumo di pietanze fatte in casa. Ho sbirciato ed eccomi seduta a questa tavolata, a conoscere persone che non avevo mai visto prima. Mi piacerebbe che si ripetesse presto».

Tra lasagne vegetali e non, bruschette, olio extravergine di oliva, pane di paese e tante altre bontà, portate dai commensali come ad una festa tra amici, ecco che nascono relazioni e, mentre si attende di prendere posto al tavolo, si fa anche un giro nel locale scoprendo che si può andare via non solo con la rubrica del telefono più ricca, ma anche con qualche originale capo di abbigliamento.

«Io odio le cose per i poveri, quelle di cui ognuno si libera donandola a questa o all’altra associazione», afferma Rosa Guagliardo, volontaria che ha deciso di curare in modo specifico l’emporio solidale, «così ho deciso di attivare lo scambio di abiti. Porti una cosa e te ne porti via un’altra. Qui non circola denaro, ma buone abitudini. Se, poi, c’è qualcuno che ha bisogno di doposcuola, eccomi, dal momento che sono stata insegnante di latino e greco. Oggi celebriamo la voglia di metterci tutti a disposizione degli altri».

La voglia di innescare meccanismi di partecipazione non statica

Il nome “Orbita” è stato scelto nell’ambito di un laboratorio di partecipazione perché la partecipazione non è mai statica, ma è un movimento continuo, come un sistema orbitale in cui ogni corpo trova il suo equilibrio solo in relazione agli altri. Un luogo dove nessuno gira a vuoto: ogni progetto, gruppo o idea può seguire la propria traiettoria se c’è una forza che tiene tutto insieme, senza trattenere.

La partecipazione non è mai statica, ma è un movimento continuo, come un sistema orbitale in cui ogni corpo trova il suo equilibrio solo in relazione agli altri. Un luogo dove nessuno gira a vuoto

«Orbita è un nome che parla di relazioni, rapporti tra cose, oggetti, persone», aggiunge Pavia, «dove le cose sono in relazione tra loro, una influenza l’altra, si gravita attorno a un centro comune che vuole essere tutto questo. A volte si può uscire dall’orbita, si può rientrare, ma racconta soprattutto che anche l’ultimo cittadino può influenzare il primo, come la luna influenza la marea. Ognuno di noi parlerà in rappresentanza della propria organizzazione, ma in realtà tendiamo, vogliamo essere un po’ più orizzontali».

Sguardi che ampliano gli orizzonti

In questo spazio la partecipazione viene stimolata insieme a una conoscenza non convenzionale della città. Un processo favorito dall’associazione Sguardi urbani, realtà che riunisce un gruppo di studiosi del territorio, sociologi, antropologi e semiologi con l’obiettivo di fare ricerca e stimolare la partecipazione cittadina.

«Abbiamo deciso di sposare la causa della partecipazione», dice Luisa Tuttolomondo, socia fondatrice e ricercatrice dell’associazione, «perché, interessandoci i percorsi di cittadinanza attiva e partecipazione, per noi era importante lavorare attraverso un regolamento dei beni comuni che avesse reale attuazione. Il nostro scopo è quello di divulgare la conoscenza della città attraverso gli strumenti della ricerca, ma non soltanto. Abbiamo, per esempio, lavorato moltissimo con la street art, creando anche percorsi cittadini, perché pensiamo che sia uno strumento interessante attraverso cui raccontare la città, quello che succede, le dinamiche di trasformazione urbana in corso. La nostra attenzione è sempre molto ai processi, come per esempio quello che sta avvenendo dentro la Casa della partecipazione, cercando di capire come coinvolgere le persone. Il tema del cambiamento riguarda non soltanto le trasformazioni urbane che si portano avanti, ma anche il modo di operare delle persone».

Un contributo non indifferente, quello portato da “Sguardi Urbani”, finanziando gran parte dei lavori di ristrutturazione attraverso New Inherit”, progetto di Europa Creativa, finanziato dall’Unione Europea, che si occupa di promuovere buone pratiche di rigenerazione urbana nei paesi coinvolti nel progetto.

Un percorso attorno al quale orbitano i benefici della giustizia riparativa

Innovativo anche un altro aspetto di questo progetto, che prevede il coinvolgimento di persone coinvolte in percorsi di giustizia riparativa, che parteciperanno alla cura e alla manutenzione del bene comune. Una collaborazione, già attiva grazie all’associazione “Idea e Azione” che, insieme a loro, si sta prendendo cura di molti pezzi del quartiere.

«Terremo pulita tutta questa zona della città», spiega la presidente, Liboria Di Baudo, «ma non ci fermeremo perché accoglieremo le famiglie con il doposcuola. Ci sarà anche uno sportello di ascolto, ma soprattutto saremo a disposizione per qualunque tipo di esigenza. Per noi è fondamentale che il percorso che faranno le persone a noi affidate sia di piena integrazione con il tessuto sociale di questo territorio, quindi intendiamo coinvolgere allo stesso tempo le rispettive famiglie. Un’occasione per tanti di incontrarsi e di condividere buone prassi».

Il teatro che libera corpo e mente

«Io lavoro da vent’anni con il Teatro dell’Oppresso alla cui base c’è la metodologia del teatro sociale», spiega Preziosa Saladino, attrice e regista che porta questo genere di arte anche al Teatro Atlante, una bomboniera di magiche rappresentazioni da 65 posti a pochi passi dalla Casa della partecipazione. «Lo porteremo qui lavorando, anche in questo contesto, sulle storie vere e raccogliendo le istanze del quartiere. La caratteristica del “Teatro dell’Oppresso” è, poi, quella di essere sempre interattivo, sempre molto coinvolgente per chi partecipa. La finalità di questo lavoro non è certo estetica, ma si fonda sull’idea di trovare insieme strategie a conflitti reali».

Rigenerare lo spazio azioni concrete

Sportelli informativi e di collegamento con i servizi del Comune rivolti alle famiglie, incontri tematici di quartiere e assemblee di gestione facilitate per discutere del regolamento interno, un book club mensile, serate di scambio linguistico, ma anche uno sportello didattico per il supporto scolastico attivo tre volte a settimana e, come dicevamo, un guardaroba solidale. Questo e tanto altro ancora sarà “Orbita”, vero e proprio laboratorio aperto a tutti, con un programma di attività pensato per rispondere ai bisogni del quartiere e rafforzare il dialogo tra cittadini e istituzioni. Grazie, poi, al sostegno finanziario derivante dall’8 per mille della Chiesa Valdese, si potranno migliorare ulteriormente gli spazi e incrementare le attività in programma.

Un luogo dove le relazioni restano legate da una forza comune

«Il pranzo di oggi è la dimostrazione di quanta energia circoli qui dentro», commenta entusiasta Aurelia Moscato, residente a pochi passi dalla “Casa della partecipazione”, una tra le dog sitter più amate del centro storico. «Ma una cosa che mi piacerebbe è che si ponesse particolare attenzione agli anziani. Io ho un figlio e so quanta importanza hanno i nonni nella crescita di un bambino. Oggi ho incontrato tante persone che non conoscevo e me ne andrò con la voglia di tornare molto presto. Come vedo questo spazio? Sono contenta che sia nato, anche perché non ce ne sono del genere nel nostro quartiere. Non ce ne sono soprattutto con dentro tante associazioni. L’unione vince sempre e non vedo l’ora di contribuire».

Tante le aspettative della comunità, forte della convinzione che la partecipazione non è mai ferma: si muove, cambia, attrae, influenza.

«Come la luna, che muove le maree e fa crescere le piante», scrivono i promotori di un progetto che si alimenta attraverso un’energia condivisa. «Anche le persone, quando si mettono in relazione, generano effetti che non si vedono subito, ma si sentono. Uno spazio dove tutto si tiene –  le differenze, i desideri, le idee –  e dove ogni movimento, anche il più piccolo, può far nascere qualcosa di nuovo».

Le foto sono dell’autrice del servizio

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