Solidarietà & Volontariato

Sono Chiara e ho vinto il buio

Guarita miracolosamente da una grave malattia, dedica la vita a strappare tossici e prostitute dal loro inferno. Ha una sola regola: vivere il Vangelo

di Alessandro Sortino

Quando Chiara Amirante parla non dice cose nuove. Anzi dice cose antiche. Ha trent?anni, un sorriso luminoso, e due occhi grandi e allungati, che quando ride si allungano ancora di più. A quello che dice sembra non dare troppo peso, quasi stesse parlando del tempo che fa. Invece parla dell?amore infinito, di Dio Padre, di Gesù Cristo, del demonio ?principe di questo mondo?, dell?inferno che c?è sulla strada, miseria, droga e prostituzione, e degli ultimi che lo abitano, che saranno i primi, un giorno. Insomma del Vangelo. Cose dette e ridette, almeno da duemila anni a questa parte. C?è chi ci crede, c?è chi non ci crede. C?è spazio per tutti tanto in questo mondo; e così sia. Se Chiara Amirante parlasse e basta infatti, questa storia forse non meriterebbe di essere raccontata. Ma Chiara non parla soltanto, ed è qui la differenza. Una regola per gli ultimi Quando ti parla degli ultimi, tu sai che ne ha tolti dalla strada tantissimi, di drogati, assassini, e prostitute, che molti hanno preso i voti addirittura, e adesso vivono con lei, nella sua comunità. Quando ti parla dell?inferno della strada, tu sai che lei ci è andata davvero, laggiù. Quando ti parla del Vangelo tu sai che lei lo segue alla lettera, che si è consacrata e che ha scritto una regola, componendo tra loro passi delle Sacre scritture, regola approvata dalla Chiesa in un tempo insolitamente breve, e che ora regge la sua piccola comunità. E quando alla fine ti parla del suo sogno, il sogno di costruire una città dove si vive come i primi cristiani, tu all?improvviso sei sicuro che lei lo farà. Non sai quando, ma lo farà. Nonostante tutto però, l?impressione che fa Chiara, a prima vista, è quella di una ragazza normale. Laureata in scienze politiche con ottimi voti, cintura nera di judo, una educazione cattolica secondo gli insegnamenti di Chiara Lubrich, fondatrice dei movimento dei focolari. L?abbiamo vista ballare il rap con i ragazzi e le ragazze della sua comunità. L?abbiamo sentita raccontare di episodi incredibili, senza perdere mai il contatto con la ragione. L?abbiamo vista affidarsi alla provvidenza come un bambino alla mamma e insieme progettare strutture capaci di confrontarsi con le istituzioni italiane ed europee. D?altronde è scritto, sempre lì, sul Vangelo: occorre essere nel mondo senza essere del mondo. Dal buio alla luce Sono molte le storie di cristiani che cominciano con il buio. Era il 1990, Chiara stava a letto da due anni e mezzo. La diagnosi non era di quelle che lasciano speranza: uveite. La cecità assoluta era il destino segnato, incerto era solo il quando. Dal?inizio della malattia aveva perso otto decimi in entrambi gli occhi, e non le era più possibile né leggere né scrivere. Ma una mattina si svegliò guarita. Per i medici un mistero, per lei un miracolo. «Non potei fare a meno di scorgervi», scrive Chiara in un suo libro, «la risposta dell?Onnipotente alla piccola sfida da me lanciatagli il giorno prima». La ?piccola? sfida del giorno prima consisteva in questo: «Tu dammi un minimo di salute e io correrò dai miei fratelli che vivono nell?inferno della strada». A guarigione avvenuta toccava a lei mantenere la promessa. Cominciò a frequentare la zona della stazione Termini a Roma, uno dei luoghi più a rischio della città. Ma non è in questo il fatto singolare: il volontariato di strada è un fenomeno relativamente diffuso. Ce ne sono di persone capaci di gesti, come si dice, di solidarietà. Ma Chiara non porta panini, coperte o vestiti, non distribuisce siringhe. Lei adotta una ?terapia spirituale?. Cioè: parla di Dio. Arrivava con i jeans e le scarpe da ginnastica, scendeva nei sottopassaggi o girovagava per il piazzale, o per per la stazione vera e propria, e quando incontrava un tossico, una prostituta, un alcolizzato, si fermava a parlarle col suo accento impreciso, frutto del peregrinare della sua famiglia di origine per l?Italia . «Quando riveli a un criminale incallito che Dio lo ama, quando gli parli dell?amore di Gesù lo vedi piangere come un bambino», spiega. Pagine di speranza Alcuni degli incontri di Chiara con il popolo della strada sono ora raccontati in un libro, ?Stazione Termini?. Chiara parla di Dio come di una grande occasione di gioia e di libertà. L?amore di Cristo, l?amore per Cristo, viene presentato come l?alternativa immediatamente possibile al piacere che la droga apparentemente trasmette. «La persona di cui parlo», spiega Chiara a Lucia, una tossicodipendente della stazione, «ha la possibilità di fare dei viaggi che neanche ti immagini. Altro che ecstasy». «Io l?ecstasy l?ho provata», risponde lei, «Ma non credevo che fosse uscito nel frattempo qualcosa di meglio». Ascoltando Chiara che parla di Dio si ha l?impressione che lei faccia riferimento a incontri reali avuti con una persona viva. L?effetto di una testimonianza del genere su chi è abbandonato da tutti, è sconcertante. Dio cessa di essere un concetto, una parola, e diventa una presenza. Ma non solo: Chiara parla del dolore, della sofferenza, come un passaggio, e in questo modo attribuisce alla disperazione un valore. E dunque un valore alla storia di ognuno, che è poi il senso più profondo del perdono di Dio. La sofferenza da prigione che era, diventa strada, se si riesce a concepire un punto di arrivo. Questa è la mia casa I primi tempi che Chiara andava alla stazione Termini, diffondeva speranza. Ma non riusciva a dare alla speranza un seguito. Loro, gli ultimi, si affidavano a lei. Ma lei non riusciva a fare altro che fornire gli indirizzi dei centri di accoglienza. Per questo le fu inevitabile mettere su casa. Inizialmente Chiara e i suoi amici presero a gestire dei locali alla stazione Termini, un punto d?incontro per chi voleva ascoltare la parola di Dio. Poi si stabilirono in una casa vera. Prima in un villino che chiamavano ?Isola?, sull?Ardeatina, a Roma. Poi nel ?94 si stabilirono a Trigoria, estrema periferia. I posti si dimostrarono presto insufficienti, e Chiara si vide costretta a sospendere le sue puntate alla stazione. In compenso però, in quegli anni, la comunità si rafforzò e crebbe. La storia che Chiara racconta di quel periodo ha dei risvolti terribili. «Molti ragazzi che hanno a che fare con la droga e la prostituzione », spiega, « finiscono per ruotare attorno alle sette sataniche, che hanno bisogno di persone deboli da sfruttare». Chiara descrive gli episodi di possessione diabolica subiti dai suoi ragazzi, delle lunghe messe di liberazione, della crisi che si manifestavano sempre nei momenti di preghiera. E della boia della nuova vita che i ragazzi liberati ricevevano. Crederle è molto difficile, e lei sa bene quanto queste storie rischino di minare la sua credibilità sia presso i laici che i cattolici. Ma ha scelto di parlarne per avvertire dei grandi pericoli che comportano le frequentazioni di ambienti esoterici: sette, maghi e sedute spiritiche. E poi conclude, a scanso di equivoci: «Nel Vangelo è scritto chiaramente: questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni…». E il Vangelo, lei, lo prende alla lettera. Per regalo, un convento È inutile domandare a Chiara e ai suoi amici come fanno ad andare avanti, concretamente. Risponderanno sempre allo stesso modo: provvidenza. Loro pregano. E sono esauditi con puntualità. L?ultimo regalo che hanno ricevuto è un convento a Piglio, in provincia di Frosinone, dove si sono trasferiti il 9 maggio. I francescani lo hanno concesso a Chiara e ai suoi amici per quattro anni, in comodato gratuito. La piccola comunità composta da volontari, ex tossicodipendenti che hanno preso i voti, e ospiti, raggiunge oggi il numero di 25 persone. Ma loro contano di accoglierne fino a quaranta a Piglio, e poi di tornare alla stazione Termini, a portare la parola di Dio, fin dentro ?l?inferno della strada?. A sentire uno qualunque dei ragazzi che vivono nella comunità – o uno dei tanti che la sostengono da fuori – tutto quello che c?è adesso è una preparazione, un passaggio. L?obbiettivo è un altro. Realizzare un sogno che ha fatto Chiara. È il sogno di ?Cittadella Cielo?, una città da costruire dove si vive secondo la legge del Vangelo, e da dove si riparte per evangelizzare le città del mondo. Diventerà realtà questo sogno? Nessuno, tra quelli che conoscono Chiara, riesce a dubitarne. Nuovi orizzonti per ?vecchi? cristiani Si chiama ?Nuovi orizzonti? la comunità fondata da Chiara Amirante, è una comunità religiosa, e insieme un centro di accoglienza per emarginati. La vita che vi si svolge è una vita comunitaria. Come quella dei primi cristiani, quanto a preghiera comune e condivisione dei beni. Ma soprattutto, i ragazzi e le ragazze, sono tutti giovani e tutti amici fra loro. Per finanziarsi (per ogni persona accolta occorrono seicento mila lire al mese) i ragazzi della comunità ?Nuovi orizzonti?, hanno messo su un piccolo laboratorio artigianale e di restauro. E in più portano in giro per i teatrini dei paesi e della parrocchie un musical sulla storia della comunità scritto da loro. Si chiama ?Stazione Termini?, come il libro di Chiara. La prospettiva di Chiara e dei suoi amici però è quella di fondare una città, ?Cittadella cielo?, dove accogliere i bisognosi e dove vivere secondo le leggi del Vangelo. Il primo progetto della città comprende tra l?altro l?acquisto del terreno (occorre un miliardo), la costruzione di un villaggio di prima accoglienza, un centro di aiuto per le ragazze madri in difficoltà, e la costruzione di una serie di strutture: la comunità per apostoli dell?amore, per portare la Parola nelle carceri, sulle strade, negli ospedali, nelle scuole. La comunità ?giullari dell?amore?, per valorizzare i talenti artistici, musicali e di recitazione. E poi un centro formazione per gli operatori di strada, e i laboratori artigianali. Per sostenere la realizzazione del ?sogno? di Chiara, si può ?adottare? uno dei progetti. Per ricevere informazioni più dettagliate si può chiamare il numero 0775 502353, e parlare direttamente con lei o con i suoi amici. L?opinione Lì c’è la gioia Ho conosciuto Chiara tre anni fa, su invito di un religioso che seguiva la sua comunità. Mi sono immeditamente reso conto che lì non c?era solo il buon cuore, il volontariato, la buona volontà, ma qualcosa di più. C?è in quella comunità una notevole animazione spirituale, vi si riconosce un?iniziativa di Dio. Una creatura che è buttata in questo modo nella sua vocazione: si percepisce un sommovimento interiore, un?esperienza mistica. Io credo che questo sommovimento possa essere molto contagioso per i giovani, perché Chiara opera con grande spontaneità. La facciata che noi siamo abituati a vedere del mondo giovanile, dà una impressione di spregiudicatezza. In realtà il mondo interiore dei giovani non regge, e i suicidi così numerosi sono un indizio di questa frana. Per questo il messaggio di Chiara è efficace, perché lei è una ragazza che vive questo rapporto totalitario con Dio, e insieme diffonde una grande serenità, una grande gioia. Penso ad esempio al suo progetto della ?Cittadella cielo?. Un progetto ambizioso, perseguito però con molta autenticità e semplicità. Non c?è in lei l?atteggiamento della profetessa che vuole cambiare il mondo in un istante. Lei è una ragazza che continuamente si pone dei dubbi su se stessa. È seguita costantemente da un vescovo che le fa da guida spirituale. Si lascia consigliare. Opera nella chiesa. E poi c?è il Vangelo, la carta costituzionale del cristiano. La comunità di Chiara vive in linea col Vangelo, e questo evita che si facciano passare delle ubbie qualsiasi come opera del Signore.

di Ersilio Tonini


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