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Leggi & Norme

Quel giorno l’Italia cambiò faccia

Undici agosto 1991: il Parlamento approvava la prima legge sul volontariato. A dieci anni che ne è di quella riforma?

di Riccardo Bonacina

Dieci anni fa, esattamente l’11 agosto 1991, il Parlamento italiano promulgava all’unanimità la prima legge sul volontariato, riconoscendo l’impegno di migliaia di uomini e donne a favore degli altri. Da allora le norme che hanno riconosciuto il Terzo settore e il mondo del non profit sono state molte, dalla legge sulla cooperazione sociale fino alla normativa fiscale del 1997, sino alla recente legge sull’associazionismo di promozione sociale. Una legge che ha dato organicità ad un fenomeno che era cresciuto enormemente, soprattutto negli anni ’80 nel Paese. Quelli che erano stati facilmente catalogati dai sociologi di turno come gli anni del disimpegno, del ritorno al privato per un’intera generazione. Errore. Si usciva, è vero, da una stagione di militanza politica, di impegno ideologico che sfiorava il parossismo. Si concludeva la stagione delle mobilitazioni di piazza e anche delle violenze. E passavano faticosamente in archivio anche gli anni di piombo. Ma i giovani, quelle migliaia, che quei giorni avevano vissuto, non si precipitarono, come i teorici del riflusso scrissero, nelle discoteche italiane. O, meglio, non fecero solo quello.

Moltissimi, centinaia di migliaia, si dettero a creare forme di vicinanza al prossimo, luoghi di accoglienza dell’umano e dei suoi bisogni. Se si vuole pezzi di società cambiata. In maniera del tutto spontanea, partendo dalle parrocchie, come dalle case del popolo. Appoggiandosi e saldandosi cioè alle tradizioni politiche e culturali che sopravvivevano. A questo universo felicemente magmatico, che cresceva di anno in anno ponendo domande alla politica di questo Paese, si cercò di dare una legge che riconoscesse e valorizzasse questo soggetto che era diventato la modalità con cui alcuni milioni di italiani si rapportavano alla vita civile. Una norma, discussa e discutibile, che ha conservato punti critici e zone d’ombra (analizzati nell’articolo a fianco) ma che segnò senza dubbio un passaggio epocale per la società civile italiana. Rosa Russo Jervolino, oggi sindaco di Napoli era nel 1991 Ministro degli Affari sociali, a lei abbiamo chiesto di ritornare indietro 10 anni, ricordando come nacque quella legge, in che clima e che speranze suscitò.

Vita: Lei fece tantissimo per l’approvazione di questa legge. Come andò quell’11 agosto?

Rosa Russo Iervolino: Ricordo l’applauso che subito dopo il sì espresso all’unanimità partì da tutti i settori dell’aula. Fu un momento molto bello e anche molto emozionante. Lo sa che i commessi della Camera più anziani ricordano ancora quel giorno? Dopo non ho mai più vissuto un attimo che potesse paragonarsi a quello: un momento dell’assemblea in cui si applaudì, tutti assieme, l’approvazione di una legge.

Vita: Beh, un evento davvero raro…

Iervolino: Se va a prendere gli atti parlamentari di quel giorno, troverà scritto che alla fine della votazione partirono “applausi da tutto l’emiciclo”. Che mi ricordi non è più successo, dopo, un evento analogo.

Vita: Quanto durò il cammino della legge?

Iervolino: Il percorso fu lungo e non sempre facile perché il volontariato esisteva anche prima di quella legge, non lo inventammo di certo noi nel ‘91, però era ritenuto un fenomeno della sfera privata e non di pubblico interesse. La prima attenzione istituzionale al mondo del volontariato si è avuta per merito di un giovane presidente del Consiglio, il compianto Giovanni Goria. Io ero da poco stata nominata ministro degli Affari Sociali nel 1987, e con Goria si organizzò la prima Conferenza nazionale del volontariato nel marzo del 1988. Allora sembrò strano che un presidente del Consiglio chiamasse tutti i ministri che avevano un collegamento con il mondo della solidarietà. Ci fermammo tre giorni ad Assisi e là nacque l’idea di regolamentare per legge non il volontariato, che restava spontaneo, ma il rapporto tra le istituzioni dello Stato e il mondo della solidarietà.

Vita: Lo Stato riconobbe che il volontariato rappresentava un interesse pubblico…

Iervolino: Il punto fu proprio questo. Quella legge non aveva, però, solo una forza implicita nel suo iter attuativo, ma possedeva una sua capacità intrinseca di captare bisogni ed inventare servizi. Pensi solo a servizi che oggi si considerano scontati ma che all’epoca non lo erano affatto come le comunità terapeutiche e i consultori famigliari. Inventati sul campo dal mondo della solidarietà e poi recepiti dalle leggi. Si diede al volontariato, quindi, anche un ruolo politico; non partitico, bensì di proposta politica concreta alle istituzioni dello Stato per dare risposte concrete ai bisogni del cittadino. Questa logica si è poi via via sviluppata. Adesso prima del Dpef il Presidente del Consiglio non consulta solo i datori di lavoro e i lavoratori, ma anche i rappresentanti del mondo della solidarietà. Pochi lo sanno e se ne accorgono, ma anche questa è una conseguenza di quella legge del 1991.

Vita: Lo scorso anno, come Presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, lei fu una delle maggiori promotrici della legge sull’associazionismo di promozione sociale.

Iervolino: Un altro passaggio fondamentale e di rilevanza sociale. In quella legge promulgammo una norma in base alla quale fanno parte del Cnel anche i rappresentanti dell’associazionismo e del volontariato. Il Cnel è, secondo la Costituzione, l’organismo che rappresenta tutte le categorie produttive e, quindi, si riconobbe, oltre ad una produttività economica anche l’esistenza di una produttività sociale. Il che è bellissimo a mio avviso. Il mondo della solidarietà, quando lo si inizia a conoscere e si entra in relazione con questo tipo di mentalità, è impossibile da lasciare. Ti entra dentro, ti appassiona, ti coinvolge a 360 gradi.

Vita: Com’è cambiato il volontariato? Iervolino: Moltissimo, e in modo positivo. È superata, salvo rarissime eccezioni, qualsiasi contrapposizione tra volontariato laico e cattolico. Il mondo della solidarietà ha una forza di coesione fortissima. Non è più un volontariato solo femminile, né prevalentemente di persone anziane. Sempre più il volontariato si stia trasformando in un fenomeno di costume. Inoltre, ha accentuato l’attenzione in campi nuovi: dall’ecologia o alla solidarietà internazionali.

Vita: Insomma, dieci anni dopo, il volontariato è un movimento necessario al Paese..

Iervolino: Sì, e speriamo che l’applauso dell’11 agosto 1991, realmente commovente e mai più ripetuto, possa un giorno essere bissato.


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