Famiglia & Minori

Trapianti: storia di un miracolo italiano

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di Gabriella Meroni

“So bene cosa significa trascorrere nottate in giro per prelevare organi da trapiantare, conosco quei ritmi di vita massacranti. È un lavoro oscuro, di cui nessuno parla”. Tranne quando chi lo fa muore in un incidente aereo. A parlare è il ministro della Salute, Gerolamo Sirchia, a una settimana dalla tragedia del Cessna precipitato vicino a Cagliari con a bordo un cuore da trapiantare e un’équipe di sanitari. “Proporrò al Capo dello Stato di assegnare la medaglia d’oro ai trapiantologi morti”, ha proseguito Sirchia. Medaglie a parte, l’episodio ha riacceso i riflettori su un mondo, quello della donazione di organi e dei trapianti, fatto del dramma e delle speranze di tante persone (i parenti dei donatori e i pazienti in attesa di un organo per vivere), ma anche della professionalità e dedizione di migliaia di professionisti impegnati a far sì che il sistema funzioni. L’Italia è oggi al secondo posto in Europa, dopo la Spagna, per donazioni e trapianti. Eravamo il fanalino di coda solo cinque anni fa: poi è arrivata una legge (la 91 del 1999) che ha riorganizzato il settore dando nuove regole, che spieghiamo nelle pagine che seguono. Quanto alle liste, oggi sono 8.287 i pazienti in attesa di rene, 1.550 in attesa di fegato, 654 in attesa di cuore, 232 in attesa di pancreas, 231 in attesa di polmone. Tutte persone che sperano che il sistema sanitario riesca a far fronte alle loro attese. Le vittime di Cagliari ci stavano provando: ci provava Alessandro Ricchi, 51 anni, cardiochirurgo del Centro trapianti sardo, e con lui il collega Antonio Carta, 38 anni, insieme al tecnico Gianmarco Pinna, 48 anni. Come loro, sono tanti i medici che quotidianamente affrontano simili sfide: in questo dossier raccontiamo anche le loro storie, insieme a quelle delle associazioni dei trapiantati e dei familiari.

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