Famiglia & Minori

Con il pessimismo non ci si salva

Dicono i profeti della csr che lo sviluppo può divorare le risorse del pianeta. Il settimanale inglese ribatte: Piuttosto attenzione al clima

di Redazione

Smith non era un sostenitore accanito dell?egoismo. Vedeva l?altruismo come qualcosa di ammirabile, come una grande virtù, e considerava l?istinto di simpatia tra uomini come la base su cui è costruita la condotta civile (scrisse infatti un libro su quest?argomento: La Teoria dei Sentimenti Morali). Ma la più grande intuizione economica di Smith è che l?altruismo non è necessario per incrementare il pubblico interesse, a patto che gli individui siano liberi di competere tra di loro in una consapevole interazione economica. Se l?interesse privato, anche se guidato da una mano invisibile, fa inavvertitamente l?interesse del bene pubblico, allora è facile comprendere come le società possano prosperare anche se le persone non sono sempre guidate dall?altruismo. Proprio perché Smith aveva ragione circa il bene privato e l?interesse pubblico, il comunismo è fallito e il capitalismo ha funzionato. Smith è stato un genio perché l?armonia tra interesse pubblico e privato non è affatto ovvia e tuttavia, una volta che quest?idea è stata indicata, è diventata subito semplice e plausibile. La lezione di Smith è stata dimenticata, scrive l?Economist. Che difende l?idea di come un «consapevole interesse personale faccia girare il mondo». Il profitto crea benessere e quindi anche uno sguardo solidale verso gli altri. Ma condizione perché questo meccanismo funzioni è che sia garantita la competitività. Ma proprio la competitività viene messa a rischio dalla csr. La csr è chiamata in causa molto più spesso come giustificazione ad attività anticompetitive che come spinta ad incoraggiare tali competizioni. Ogni categoria cerca di proteggersi opponendosi a riforme che toglierebbero lavoro ai suoi membri, con la scusa, per esempio, di proteggere il mercato da beni non sicuri. Colpisce la considerazione che proprio quegli imprenditori che più entusiasticamente a parole sostengono la csr, nella pratica propongono norme che riducono la competitività anziché potenziarla. Altro capo d?imputazione nei confronti della csr: con le sue valutazioni introducono elementi estranei nella determinazione dei prezzi. Per esempio si dice che si inquina tanto perché il costo dell?inquinamento non viene quantificato in prezzo aggiuntivo sui prodotti che ne sono la ragione. La scarsità di risorse naturali non ha prezzo sul mercato: così si consumano le risorse troppo in fretta. Il valore della natura incontaminata, sia per la sua bellezza che per la presenza di specie in via di estinzione, non ha prezzo sul mercato e perciò molte di queste zone vengono cementificate. L?interrogativo è se il sistema di consumo basato su questi falsi prezzi sia sostenibile. Alcuni sistemi di consumo possono essere sostenibili, ma ugualmente sbagliati e causare danni nell?immediato futuro, mentre altri sistemi ?insostenibili? perché si prevede l?esaurimento in breve tempo di qualche materia prima, potrebbero essere corretti perché propongono e realizzano il rinnovamento delle risorse. Ci si domanda se i prezzi falsi siano la causa di gravi errori economici e che cosa si possa fare in questo caso. Molti prezzi di mercato divergono dai corrispondenti ?prezzi ombra?, che dirigerebbero le risorse verso i migliori fini sociali. In molti casi la divergenza è così grande da giustificare l?intervento governativo. Tutti i governi dei Paesi industrializzati intervengono nelle loro economie. Sotto accusa anche il pessimismo giudicato ?esasperato? dei teorici della csr. Non è vero che tante risorse naturali siano in via di estinzione. E se anche vengono a mancare… Le risorse naturali non si stanno esaurendo. La scarsità fa salire i prezzi ma stimola la ricerca: si trovano nuove risorse e si usano quelle esistenti con maggiore economia e si inventano sostituti. Ad esempio sembrava che le riserve di rame fossero in esaurimento, ma poi si sono trovati altri materiali che lo sostituiscono (come le fibre ottiche nel campo delle telecomunicazioni). Se il rame in futuro dovesse mancare probabilmente non sarà più così importante. Lo stesso si può dire per la bauxite, il petrolio, e così via. Invece sulla grande questione del riscaldamento dell?atmosfera il mondo è in grave ritardo ma la cultura della csr non è di aiuto. Le emissioni di gas a effetto serra sono causa di un rapido aumento del carbonio nell?atmosfera e gli esperti meteorologi prevedono che questo porterà nei prossimi decenni ad un aumento della temperatura e quindi il danno all?ambiente sarà molto alto. Attualmente però non esiste un piano efficace per abbassare il livello di carbonio. Non tanto perché gli Stati Uniti hanno rifiutato di aderire all?accordo di Kyoto, ma perché l?accordo è ancora molto difettoso. Per ora i governi non hanno saputo affrontare adeguatamente il problema del surriscaldamento del pianeta. I governi, sia dei Paesi ricchi che di quelli poveri, stanno trascurando anche un altro problema: la violazione delle aree incontaminate che una volta distrutte non si potranno più riprodurre. Ci si chiede se la csr potrà fare qualcosa di utile per colmare questa lacuna. Molte aziende hanno intrapreso iniziative personali, di cui è difficile capire l?utilità, ma come regola generale è meglio lasciare ai governi la regolamentazione dei fallimenti del mercato. I singoli privati non avrebbero nemmeno i fondi necessari per preparare una valida linea di condotta in questi campi. La giusta linea di condotta sul surriscaldamento terrestre non è chiara neanche a livello globale, per non parlare a livello nazionale o a livello delle singole imprese o consumatori. Escogitare una giusta linea di condotta e dividere equamente i costi è una sfida politica di prim?ordine. Il pensatore di riferimento-Smith e la “simpatia” economica Nato nel 1723 in Scozia e morto nel 1790, Adam Smith è stato uno dei grandi pensatori economici della modernità. Testimone delle trasformazioni che hanno investito la vita economica dell?Inghilterra, nella quale si affermavano, sia pure in forma embrionale, i meccanismi del moderno capitalismo industriale, Smith affermò da subito che l?elemento propulsore di ogni attività economica è l?interesse individuale. Esiste secondo Smith una mano invisibile che guida i singoli interessi al di là delle loro specifiche intenzioni, componendoli in una totalità che sfugge allo sguardo parziale dell?individuo. Smith condivide i presupposti ottimistici dell?Illuminismo in base ai quali i processi socio-economici rivestirono, come tutte le altre attività umane, un carattere naturale che garantisce la loro bontà, almeno finché non interviene l?uomo con un improvvido intervento artificiale. Per questo Smith ritiene che l?azione dello Stato in fatto di economia, vuoi regolamentando i processi produttivi, vuoi introducendo restrizioni nella libertà di commercio, sia del tutto dannosa. Essa rischia infatti di compromettere quel vantaggio generale che necessariamente si acquisisce quando si lascia che le cose seguano il loro ordinario corso naturale. L?unico intervento legittimo da parte dello Stato è quello di prelevare imposte dai guadagni privati degli individui in modo da poter garantire quei servizi pubblici a beneficio di tutti. Se tutti fanno i propri interessi aumenterà la ricchezza collettiva e tutti godranno dei vantaggi: chi investe guadagnerà di più del povero, ma tuttavia anche quest?ultimo avrà un incremento positivo di ricchezza.


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