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Burundi: un referendum risolutivo?

Per la prima volta in undici anni di guerra civile, i burundesi vanno alle urne e votano sì al referendum costituzionale. Un dossier completo per capire cosa cambierà

di Joshua Massarenti

Isidore Ndabarasa ha il sorriso sulle labbre. Come ogni mattina, compie la sua visita quotidiana a Mutanga nord per supervisionare i lavori in corsi. Entro pochi mesi sarà tutto pronto. Qui, in questa strada sterrata del quartiere residenziale tra i più in di Bujumbura, spunterà a ridosso di colline verdeggianti l?ennesima villetta di una borghesia cittadina in cerca di pace e serenità. ?Ma questa sarà la mia villa? commenta fiero Isidore, ben contento di ritrovare i suoi operai al lavoro. ?La loro presenza significa che il voto è andato bene, senza scontri, né tensioni?. Già, il voto. Non si parla d?altro a Buja (soprannome della capitale nurundese). Di questo referendum costituzionale approvato ieri con il 90,78% dei consensi e che ha visto i burundesi affluire in massa alle urne. Gli ultimi dati fucciali parlano di un?affluenza pari all?87% degli aventi diritto al voto (in Burundi se ne contano 3,1 milioni) che hanno dato il loro consenso ad una Costituzione chiamata a regolare la vita politica e giuridica del Paese attraversa una distribuzione del potere più equa tra la maggioranza hutu (84% della popolazione) e la minoranza tutsi (14%). ?Quasi quasi i burundesi non ricordavano nemmeno più l?ultima vota che si erano recati ad un urna? afferma sarcastico Isidore. Dodici anni di guerra civile sono tanti. Troppi per questo piccolo Paese dell?Africa centrale stravolto da quella notte del 21 ottobre 1993, quando l?allora presidente Melchior Ndadaye fu torturato e ucciso nel corso di un golpe miliatre i cui contorni non sono mai stati chiariti. Si è parlato della solita clicca tutsi di Bururi, una regione al sud del Burundi, che dal 1962, l?anno dell?indipendenza burundese, ha sfornato per decenni élites politiche e economiche appartenenti alla minoranza tutsi e pronti a dirigere con il pugno di ferro un Paese composta in larga maggioranza da membri dell’?etnia? hutu. Che gli animi siano segnati da una guerra che ha oltre 300mila brundesi, lo testimoniano le dichiarazioni dei principali leader politic burundesi. A partire dall?Uprona, il partito pro-tutsi rimasto per quasi 30 anni protagonista assoluto della vita politica burundese. ?Questo risultato ci inquieta perché temiamo un monopolio del potere da parte di un gruppo politico-etnico e le derive che ne possono conseguire? sostiene timoroso il portavoce dell?Uprona (Unione per il progresso nazionale) Gérard Nduwayo. Sul fronte opposto, la felicità è all?ordine del giorno. In primis, quella espressa dall?attuale presidente della Repubblica Dominitien Ndayizeye e leader dello storico partito hutu Frodebu, a detta del quale il Burundi è finalmente ?entrato nell?era della democrazia?. Da parte sua, il partito dell?ex movimento ribelle hutu (Cndd), l?Fdd (Forze per la difesa della democrazia), si è detto ?molto contento perl?adozione di una Costituzione che segna l?avvio di un processo elettorale chiamato a porre fine alla transizione politica?. La fase transitoria era iniziata il 1 novembre 2001 sotto la presidenza dell?indomabile Pierre Buyoya (tutsi dell?Uprona) al termine di accordi di pace svoltisi tra Arusha (Tanzania) e Pretoria (Sudafrica), e resi interminabili più dai per diem internazionali che si guadagnavano le parti in conflitto durante le loro permanze all?estero che dalle questioni politiche più cruciali. A partire dalla necessità di concedere alla maggioranza hutu di accedere al potere garantendo nel contempo alla minoranza tutsi la sicurezza di poter (sopra)vivere nel caso in cui gli hutu controllano le leve del potere. Le pretese maggioritarie ?naturalistiche? di alcune frange élitarie hutu (convinte che il meccanismo di rappresentanza politica occidentale fondata su ?un uomo un voto? debba ricalcare la suddivisione etnica del Paese) e l?arrocamento di una parte dell?élite tutsi sulla paura di perdere il potere hanno spinto la classe politica burundese (su pressione della Comunità internazionale) a scendere a patti. Tra i risultati più concreti, la nascita di una Costituzione che prevede istituzioni i cui membri (presidente della repubblica in primis) veranno d?ora in poi eletti al suffraggio universale diretto e non più nominati, un?Assemblea nazionale composta al 60% di hutu e al 40% di Tutsi (ai quali vanno aggiunti tre deputati permanenti dell?etnia Twa), un Senato, un corpo di polizia e un esercito divisi con pari percentuali (50% per entrambi le etnie). Per ridurre al minimo le tensioni etniche, il presidente di un?etnia sarà ?supportato? da due vice presidenti di etnia diversa e le leggi saranno votate con la maggioranza dei due terzi dei deputati parlamentari. Tutto bene quel che finisce bene? No. Rimangono altri sette scrutini elettorali (tra cui legislativo e presidenziale), un movimento ribelle ancora in armi (il Fronte nazionale di Liberazione, Fnl) e da integrare in un panorama politico complesso, dove spesso le alleanze tagliano tarsversalmente le etnie. Prova ne è, l?alleanza siglata dal Frodebu (hutu) con l?eterno nemico tutsi dell?Uprona per sconfiggere il rivale probabilmente più temibile, l?Fdd (hutu). Nel suo cantiere di Mutanga nord, Isidore Ndabarasa vuole rimanere fiducioso. ?Spero che le spaccature che stanno dividendo i principali partiti rispetto alle alleanze da adottare non sprofondino di nuovo il Paese nell?abisso?. Per ora, il verdetto è rimandato al?ultima tornata elettorale la cui data non è stata ancora fissata. Staremo a vedere. Ecco gli articoli principali della nuova Costituzione avvalorata dai burndesi nel referendum del 28 febbraio 2005: – Articolo 96: “Il Presidente è eletto al suffraggio universale diretto per un mandato rinnovabile una volta” (salvo per il primo mandato del primo presidente della fase post-transitoria, il quale dovrà essere eletto “dall’Assemblea nazionale e dal Senato riuniti in congresso, alla maggioranza dei due terzi”). – Articolo 122: Il presidente è assisito da due vice-presidenti appartenenti “a gruppi etnici e a partiti politici diversi”, che nomina “tra nomina tra i suoi eletti” e può dimettersi. – Articoli 109, 110 et 114: Il presidente “è il capo del governo” e “il comandante in capo dei corpi di difesa e di sicurezza”. “Dichiara la guerra e firma l’armistizio, proclama lo stato di eccezione per decreto-legge dopo consultazione del governo, degli uffici dell’Assemblea nazionale e del Senato”. Nomina tutti “i membri della Corte costituzionale, della Corte suprema, della Corte dei conti, il Consiglio nazionale della Communicazione…”. – Articolo 164: L’Assemblea nazionale è composta da almeno 100 deputati, fra cui il 60% Hutu (etnia maggioritaria, 85% della popolazione) e il 40% di Tutsi (14% della popolazione) eletti al suffraggio universale diretto per un mandato di cinque anni, ai quali si aggiungono tre deputati dell’etnia twa (1%) cooptati”. Se “i risultati del voto non riflettono queste percentuali, si procede a una correzione dei disequilibri tramite il meccanismo della cooptazione”, di cui le modalità sono ancora da chiarire. L’Assemblea nazionale prevede come soglia minima il 30% di donne. – Articolo 175: “Le leggi sono votate con la maggioranza dei due terzi dei deputati presenti o rappresentati” in Parlamento. – Articolo 180: Il Senato è composto da due delegati (di etnia diversa) di ogni provincia (17 province), eletti con scrutini distinti da un colleggio elettorale composto da membri dei consigli comunali, da tre persone di etnia twa e da ex capi di Stato”. Il Senato “comprende una soglia minima di 30% di donne”. – Articolo 258: “Per un periodo che stabilirà il Senato, i corpi di difesa e di sicurezza (esercito, polizia, servizi di intelligence) non contano più del 50% di membri appartenenti allo stesso gruppo etnico”. – Articolo 143: “la rappresentazione etnica nelle imprese pubbliche è composta al massimo del 60% di Hutu e al massimo del 40% di Tutsi”. Cronologia della guerra civile in Burundi: 1916: Occupazione coloniale belga 1959: Prime scontri etnici 1961: Assassinio del principe Principe Rwagasore 1962: Indipendenza del Burundi 1965: Assassinio del Premier hutu Ngendandumwe 1966: Il Principe Ndayezye rovesciato, prmulgata la prima repubblica (militare) dal capitano Micombero. Inizio dominio élite tutsi della regione di Bururi (sud del Paese) 1972: Massacri genocidiari di oltre 200mila rifugiati hutu da parte dell?esercito a predominanza tutsi. 1976: Colpo di Stato del colonnello Bagaza (tutsi del Bururi). Nasce la seconda repubblica. 1987: Un golpe militare da nascita alla terza repubblica del maggiore Buyoya (tutsi del Bururi). 1988: Scontri etnici in alcuni comuni del nord del Paese: 60mila fuggono in Rwanda. 1992: Referendum approva Costituzione ?pluralista?, ma il partito al potere (Uprona, pro-tutsi) rifiuta l?instaurazione di un ?governo di transizione?. 1993: Elezioni presidenziali e legilsative vedono il trionfo dei candidati del partito (pro-hutu) Frodebu (giugno); il nuovo presidente Ndadaye (hutu) assassinato in tentativo di golpe militare (ottobre). Inizia la guerra civile burundese. 1994: Ntaryamina nuovo presidente, poi deceduto nell?attento perpetrato contro l?areo del presidente rwandese Habyarimana che darà il via al genocidio del Rwanda contro i tutsi. 1996: Colpo di Stato dell?ex presidente Buyoya che destituisce Ntibantunganya. 1998: Nasce periodo di transizione politica nazionale. 1999: Inizio degli accordi di pace in Tanzania (sotto l?egida del presidente tanzaniano Nyerere), poi in Sudafrica (sotto Mandela). 2000: Accordo di cessate il fuoco tra il governo e tre gruppi ribelli tutsi, ma rifiutato dalle principali fazioni ribelle hutu (Cndd-Fdd e Palipehutu-Fnl). 2001: Accordi di Arusha (Tanzania) per spartizione del potere e governo transitorio di tre anni. Nasce primo governo di transizione sotto la presidenza di Buyoya. Scontri con gruppi ribelli hutu. 2003: Ndayzeye (hutu del partito Frodebu) succede a Buyoya (aprile); dopo anni di negoziati alternati a scontri sanguinosi, i ribelli del Fdd di Nkurunziza firmano un accordo di cessate il fuoco con il regime transitorio (novembre). Nel ?bush? rimane solo il Fnl. 2004: I caschi blu rimpiazzano il contigente dell?Unione africana (giugno); ribelli hutu del Fnl massacrano oltre 160 rifugiati congolesi tutsi nel campo profughi di Gitega (agosto); inizio del processo di disarmo e smobilitazzione dei ribelli hutu (dicembre). 2005: Nasce esercito di unità nazionale composta da soldati governativi e ribelli del Cndd-Fdd (gennaio); i burundesi dapprovano in via referendaria la nuova Costituzione (febbraio).


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