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Quel tetto è poco liberale

Guerra aperta sull'articolo 153 del ddl risparmio, che prevede il tetto del 30 per cento al diritto di voto per le fondazioni con partecipazioni nelle banche

di Gabriella Meroni

L?autunno del 2005 sarà la stagione dell?orgoglio, se non della battaglia, per le fondazioni di orgine bancaria. Le trombe che chiamano all?armi sono squillate forti e chiare al Meeting di Rimini, durante l?incontro organizzato a quattro mani da Acri e fondazione per la Sussidiarietà sul tema Fondazioni, conservazione o futuro?, e a guidare la carica sono stati innanzitutto il leader della stesa Acri, Giuseppe Guzzetti, e il presidente della fondazione Monte dei paschi di Siena, Giuseppe Mussari. Quei 50 miliardi Il nemico è stato identificato fin dalle prime battute dell?affollato incontro dal moderatore (che in realtà ha fatto spesso da attizzatore) Giorgio Vittadini, presidente della fondazione per la Sussidiarietà, che ha denunciato il rischio che in Italia si voglia «far fuori le fondazioni come elemento di libertà», utilizzando leve politiche e legislative che puntano a «rubare l?argenteria», ossia a orientare la destinazione del patrimonio di circa 50 miliardi di euro in mano agli istituti rappresentati dall?Acri. Come? Nell?immediato, ai primi di settembre in Parlamento, con un piccolo ma micidiale cavallo di Troia, come hanno denunciato sia Guzzetti che Mussari: un emendamento all?articolo 153 della legge sul risparmio, proposto dal senatore dell?Udc Maurizio Eufemi, e già approvato in commissione al Senato, che prevede il tetto del 30 per cento al diritto di voto, come azionisti della banca, delle fondazioni che abbiano un patrimonio superiore ai 200 milioni di euro, senza considerare l?entità della loro partecipazione. Una norma che colpirebbe tutti gli istituti, anche i più virtuosi e trasparenti, e che irrita profondamente i vertici delle fondazioni. «Chi vuole questa modifica deve spiegarci il perché», ha tuonato Mussari. «Ci vogliono sostituire perché non siamo stati buoni azionisti? E con chi? Devono spiegarlo ora, e non dopo averla approvata». Sulla stessa linea Guzzetti: «Se passa il limite del 30 per cento significa che per le fondazioni esistono regole che non sono previste per nessun altro soggetto. Dove sono finiti i liberisti?». Pronte le repliche rassicuranti della politica, venute sia da Luca Volonté, il capogruppo Udc alla Camera anche lui invitato al tavolo, che ha assicurato che «l?emendamento non passerà, lo prometto, anche se è stato proposto da un esponente del mio partito», sia dal senatore Luigi Grillo di Forza Italia, che seppur con toni più sfumati si è augurato che si trovi un punto d?incontro per eliminare la norma. Ma è evidente che le fondazioni si sentono ancora sotto attacco da parte della politica che – come ha ricordato Mussari – «fa fatica a concepire l?esistenza di soggetti privati che agiscono per pubblico interesse». No al para Stato A esserne più che mai convinto si è dimostrato Guzzetti, che dopo aver ricordato un passato irto di ostacoli per l?autonomia delle fondazioni (i rischi di ?pubblicizzazione? rintuzzati dalle sentenze della Corte Costituzionale che hanno sancito il pari peso nei cda di enti pubblici e privati), ha osservato che «non è mai il caso di stare tranquilli», perché in tempi di crisi economica e vacche magre «c?è sempre chi pensa di poter attingere alle risorse delle fondazioni», anche negli enti pubblici (leggi: regioni), che a volte legiferano senza coperture economiche «confidando poi nell?aiuto di chi può». Il riferimento, ha spiegato, è a una normativa del Veneto sull?editoria, corredata dall?invito alle fondazioni di investire anche in quel settore. Ma così non si fa, pena la morte della sussidiarietà e la creazione di un para Stato di cui, ha sottolineato il presidente dell?Acri tra gli applausi, non c?è alcun bisogno. Investimenti Nel futuro tanto housing Le fondazioni vogliono dimostrare di onorare la loro missione, che è, come sancito dai pronunciamenti della Corte Costituzionale, «organizzare le libertà sociali». e si preparano a investire con più grinta in due settori strategici: la formazione (comprese iniziative nella scuola pubblica) e la vera emergenza di questi anni, la casa. Sia Mps che Cariplo punteranno sul settore immobiliare per assicurare abitazioni di qualità ai soggetti deboli che non accedono all?edilizia popolare ma sono ancora troppo fragili per reggere l?impatto con il mercato immobiliare convenzionale.


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