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Tutto iniziò da quei buchi

Nazareth. A casa di Maria, dove si viveva nei sassi. di Luca Doninelli

di Luca Doninelli

Betlemme. Esco turbato dalla visita alla Basilica della Natività. Quanta disarmonia di stili e di eventi! Eppure in questa assenza di semplicità, in questa mancanza d?ordine, in questo senso di frattura, di sconnessione, di sbilanciamento, in questa impressione fortissima e generale, e non soltanto mia, di trovarsi con i piedi su una specie di spaccatura della terra, di faglia freatica in movimento, Gesù Cristo venne al mondo. La lettura dei Vangeli non lascia spazio agli equivoci: oggi è uguale a ieri, anche in quei giorni lontani le cose erano in fermento, e a Betlemme, nonostante l?accanimento presepiale di alcuni scrittori cattolici, l?armonia non regnava. Il regno d?Israele giaceva sotto la dominazione discreta ma perentoria di Roma, ed era fortemente disunito al suo interno. Qualcuno aveva assunto costumi romani, altri guardavano con desiderio alle seduzioni della Persia, alcuni puri erano fuggiti a fondare comunità esoteriche sul mar Morto, mentre la classe sacerdotale non aveva l?autorità per guidare un popolo spaesato, e preferiva atteggiarsi a casta privilegiata. In quel mondo nacque Gesù di Nazareth, giudeo di stirpe ma galileo di adozione. Nacque in una grotta, nel senso che tutti – tranne i ricchi – a quel tempo nascevano nelle grotte, poiché tutta la gente, tranne coloro che vivevano nei palazzi, abitava in grotte simili, per fare un esempio, ai ?sassi? di Matera. Nacque in un tessuto di vita comune, normale, visse la vita dei poveri cristi, Lui che era Cristo. Nelle vicende che lo riguardano non c?è quasi nulla che stacchi in rilievo la sua esistenza rispetto all?esistenza del popolo: tranne, forse, il giorno in cui mise stupore nelle menti dei dottori, al tempio, quando aveva dodici anni. Sua madre aveva ricevuto l?annuncio dell?angelo dentro la sua casa di ragazza, un buco poco dissimile da quello in cui avrebbe partorito, cento chilometri più a sud. E sembra che, poco prima, la voce dell?angelo avesse fatto il suo nome giù, alla fontana dove Maria, come tutte le sue amiche, era scesa a prendere l?acqua: tanto che la ragazzina era scappata a casa, impaurita. Dio venne a cercarla nella sua vita quotidiana, entrò nella vita del popolo, sostò sull?ingresso di una di queste povere case, le disse «non temere». Maria, al momento del fatto, non vive ancora in casa con Giuseppe, perciò il Vangelo può riferire che Giuseppe «meditò di licenziarla in segreto» – se avessero già vissuto sotto lo stesso tetto, questa segreta azione sarebbe stata impossibile, lo scandalo sarebbe scoppiato subito. Poi, senza che Maria – che non era tipo da dare troppe spiegazioni – gli abbia detto nulla, Giuseppe riceve in sogno la visita del medesimo angelo, che gli dà tutte le spiegazioni necessarie. Io non so se sia andata esattamente così: quello che so è che Giuseppe decise di tenere Maria con sé. Ripudiarla in segreto sarebbe stato già un atto di grande magnanimità: invece Giuseppe si fida di un sogno, ossia di un segno – labile, passeggero – e compie un atto di sconvolgente apertura. Non il sogno, ma quell?atto inaudito, impossibile a qualunque uomo, mi persuade che dire «sì, io credo» sia la sola risposta sensata. La storia di Gesù è tutta una storia di buchi, di popolo, di gente comune, di ?sassi?. Anche la croce verrà piantata dentro un buco nella roccia. Anche la croce, suprema ignominia, entrerà con la sua radice dentro la normalità, così che l?eccezionalità del destino di Gesù di Nazareth potrà diventare il destino normale di tutti i poveri cristi del mondo che gli avranno detto «sì, tu lo sai che ti amo». Gesù non spiccò, come Maometto, il volo con il suo cavallo appoggiato in cima al basamento del Tempio, Gesù viaggiò a dorso d?asino, a velocità normale, per le normali strade della Galilea e della Giudea, facendo cose normali. Anzi. Realizzando la cosa più normale del mondo, l?unica cosa pienamente normale, la sola cosa totalmente semplice che possa esistere: la salvezza. Così fu per la figlia di Giairo, per il paralitico, per la povera vedova che piangeva l?unico figlio morto, per l?uomo cieco dalla nascita e non fornito di una fede speciale. Guarire qualcuno, cosa significa? Significa aiutarlo a essere quello che è. Da ragazzo, Gesù imparò sicuramente da Maria cosa significa essere quello che si è. E io sono persuaso che fu l?esempio totalmente umano di quella donna a spingere, quasi naturalmente, Gesù verso la pietà nei riguardi di tutte quelle sofferenze del corpo e dell?anima. Io non dubito che i peccati siano proprio quel groviglio, di norma sempre più pesante e complicato col passare degli anni, che ci fa essere diversi da quello che siamo, dire parole diverse da quelle che vorremmo dire, compiere azioni lontane da quelle che vorremmo compiere. Per questo la quotidianità spesso ci fa paura più della guerra. Ma la gente comprendeva, guardandolo, abbracciandolo, ascoltandolo, cosa significa ?remissione dei peccati?. In compagnia di Gesù, le persone semplici si sentivano bene, si sentivano se stesse. Erano se stesse.


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