Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Solidarietà & Volontariato

Iraq: un dossier sul furto multinazionale del petrolio

Il rapporto della ong Platform, che si occupa di monitorare il comportamento delle multinazionali del petrolio nel mondo, denuncia la spartizione-truffa del petrolio iracheno. Tra i nomi Eni, BP, Chev

di Redazione

Nel caos post-invasione dell?Iraq le truppe della coalizione si erano schierate prontamente in difesa del ministero del Petrolio dove erano conservati tutti i documenti relativi ai giacimenti dell?enorme riserva petrolifera irachena che, secondo alcuni, si aggira sui 400 miliardi di barili fra riserve accertate, possibili e probabili. Da quel momento è stata fatta tabula rasa per poter edificare la struttura economica del nuovo Iraq. A sentire i sindacalisti petroliferi del General Union of Oil Employees di Bassora ? in Iraq è in corso un furto che vuole essere legalizzato. Il sindacato dei lavoratori petroliferi, messo fuori legge da Saddam e subito ricostituito dopo la sua caduta, non ha intenzione di lasciare che l?unica ricchezza del paese venga espropriata nell?indifferenza generale. ?Ci siamo subito battuti contro le privatizzazioni e per un aumento degli stipendi dei lavoratori che gli americani volevano tenere a livello imposto dalla dittatura? commenta il sindacalista Dawood K. Salman. ?Il sindacato è riuscito ad aumentare gli stipendi dei lavoratori nelle compagnie del sud e ciò attraverso i negoziati che sono stati lanciati con il Ministero del petrolio iracheno. Salman durante il suo intervento al congresso della Fiom ha invitato ?a lavorare insieme per diffondere la pace rifiutando la guerra e l?occupazione che distruggono i popoli economicamente e moralmente, perché il nostro mondo possa così vivere in sicurezza e in fratellanza?. ?Da questo congresso lancio un appello chiedendovi di appoggiare il nostro sindacato perché possa svolgere le sue missioni nazionali in Iraq, ma anche perché il nostro sindacato possa contribuire alla costruzione del movimento mondiale dei lavoratori appoggiandosi alle altre organizzazioni internazionali?. A inizio settimana è stato presentato il dossier: “Truffa a mano armata – I numeri degli interessi petroliferi occidentali e italiani dietro la guerra all’Iraq”. Frutto del lavoro della NGO inglese Platform ? che si occupa di monitorare il comportamento delle multinazionali del petrolio nel mondo – , il rapporto denuncia il percorso di appropriazione del petrolio iracheno da parte delle multinazionali. Una spartizione/truffa perché non passa attraverso un’esplicita privatizzazione, ma attraverso l’adozione dei PSA ? Production Sharing Agreements. Contratti che, pur lasciando all’Iraq la proprietà dei giacimenti petroliferi, di fatto mettono nelle mani delle multinazionali la maggior parte delle future rendite. Accordi attraverso i quali, l’attuale politica energetica sostenuta dal Dipartimento di Stato americano, destina 63 su 84 giacimenti iracheni, pari al 64% delle riserve del paese, alle multinazionali del petrolio. Tra queste non poteva mancare l’italiana ENI che, come dimostra un documento allegato al Dossier, insieme alla BP, alla Chevron e alla Total, è in contatto con il Ministero del Petrolio iracheno, per definire il piano di sviluppo dei giacimenti petroliferi presenti nel sud dell’Iraq, Proprio dove si trova Nassiriya. Le proiezioni dei dati economici di Platform mostrano che il modello di sviluppo petrolifero regolamentato dai PSA costerà all’Iraq centinaia di miliardi di dollari, in termini di mancante entrate. In particolare mostra, come si legge nell’introduzione: ‘In virtù dei termini contrattuali verosimilmente adottati, la redditività degli investimenti in Iraq per le compagnie petrolifere dovrebbe oscillare tra il 42 e il 162 per cento, molto di più del normale obiettivo di rendimento minimo per gli investimenti nel settore, ossia circa il 12 per cento. Nel caso dello sfruttamento del giacimento di Nassiriya da parte dell?ENI, per deduzione dalle proiezioni aggregate di Platform, le mancate entrate per lo Stato iracheno oscillerebbero tra i 2,3 ai circa 6 miliardi di dollari, pari rispettivamente all?8 ed al 20 per cento del bilancio annuo attuale dell?Iraq’. Il dossier mostra, inoltre, il prezzo che pagherà l’Iraq in termini economici, democratici e di depauperamento delle risorse, così come fa una breve panoramica su quali potrebbero essere le diverse strategie di gestione della ricchezza petrolifera. Il rapporto è completato da una prefazione a cura di Benito Li Vigni, ex dirigente dell’ENI e collaboratore di Mattei.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA