Media, Arte, Cultura

Droga, gli adulti sono la nuova preda

Cambiano i trend

di Riccardo C. Gatti

Ogni società vive e alimenta i suoi miti. È evidente però che questi miti sono rappresentanti da chi controlla gli strumenti di comunicazione, ovvero dalla classe dominante. È la classe dominante, che di certo non è costituita da under 30, quindi ad aver imposto verità incontrovertibili come quella che relega il problema della droga alle fasce di popolazioni più giovani. Questo però è appunto un mito. L?osservazione e l?interpretazione della realtà però suggeriscono altre conclusioni. Una premessa. Non confinerò questa riflessione alle sostanze illecite, ma considererò ?droga? qualsiasi sostanza psicotropa di cui si abusa, legale o illegale. Partiamo da alcuni spunti di realtà. Il fatturato relativo alla vendita di farmaci psicotropi è ogni anno in ascesa. È facile pensare che dietro a questo fenomeno si celino anche situazioni di abuso e dipendenza, che le nostre statistiche semplicemente non registrano. Perché? Il motivo è semplice: poiché siamo convinti che il problema delle dipendenze riguardi i giovani, nessuno si assume l?onere di indagare le abitudini di altri gruppi sociali. Un meccanismo che si riproduce anche nell?utilizzo di alcolici e di sostanze dopanti e, più in generale, di farmaci impropriamente usati. Altre considerazioni. Problemi connessi all?abuso di droghe, in primis anfetamine e cocaina, si stanno moltiplicando sui posti di lavoro nel disinteresse dei media. Si badi bene: non sto parlando di ambienti ristretti come possono essere quelli dell?alta finanza, della moda, dello spettacolo o della comunicazione. Mi riferisco, invece, al moderno cottimista, il cui guadagno dipende dal numero di prestazioni che offre nel minor tempo possibile. In queste circostanze le droghe continuano a mantenere i loro effetti piacevoli ma la loro assunzione non ha alcuna valenza ricreativa. Un altro caso significativo riguarda il mercato della cannabis. Al di là della retorica sul fatto se sia giusto o meno proibire questa sostanza, occorre domandarsi perché ci sia tanta gente che la richiede. La risposta risiede nella promozione che si sviluppa intorno a quel prodotto. Pensiamo a tutte le notizie che i media trasmettono e, forse, amplificano sulle proprietà terapeutiche dei cannabinoidi che, almeno in parte, esistono. Esistono anche per gli oppiacei, di cui, però, non si parla molto. Questa disparità riflette una strategia di mercato, attuata dagli adulti. Non certo dai giovani. Il mercato di hashish e marijuana è a un passo dalla saturazione ma come tutti i business per sopravvivere ha bisogno di crescere. Per farlo deve allargare il bacino dei consumatori. Due le direzioni possibili: i bambini o gli adulti. I primi hanno una capacità di spesa limitata. Meglio quindi puntare alle classi di età più avanzate. Da qui la necessità di spingere l?acceleratore su un determinato target di notizie. I ragazzini non si preoccupano delle capacità terapeutiche delle droghe che usano: sono gli adulti ad avere bisogno di rassicurazioni. La classe dominante, vittima delle sue stesse rappresentazioni, ha passato sotto silenzio una trasformazione nei fatti già compiuta per tutte le fasce di età: l?uso giovanile e trasgressivo ha lasciato il campo ad un consumo che definisco «doping della vita quotidiana». Gli adulti ritengono che la prevenzione sia una sorta di pillola da somministrare ai giovani. Il compito educativo si esaurisce lì. Poiché, però, il mercato reale e la rappresentazione dei consumi sono creazioni degli adulti, dovrebbero essere proprio loro i destinatari primi di un processo educativo. Così la storia continua, i mercati delle droghe prosperano ma non tutti vivono felici e contenti: vittime dei propri miti.


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