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Cooperazione & Relazioni internazionali

Afghanistan: allarme Nato

Il segreatrio generale dell'Alleanza Atlantica, Sheffer, chiede con urgenza 10% di soldati in più per l'Isaf

di Redazione

L’Afghanistan, i Balcani, la Response Force, gli interventi umanitari, la sicurezza degli approvvigionamenti di energia, le nuove alleanze e i nuovi nemici. Sono gli scenari di oggi e di domani dei quali Jaap de Hoop Scheffer, il segretario generale della Nato, ha parlato con ”L’Espresso” nel quartiere generale che ha sede a Bruxelles, in Belgio. Scheffer, al vertice dell’Alleanza atlantica dal 2004, olandese ed ex ministro degli Esteri del suo Paese, ha ammesso che le forze Nato dislocate in Afghanistan non sono ancora sufficienti, e di come sia ”assolutamente necessario” aumentarne il numero di un altro dieci per cento, e reso noto di aver parlato della proposta italiana per la convocazione di una conferenza internazionale sull’Afghanistan con il Presidente, Hamid Karzai. Nell’intervista, de Hoop Sceffer ricorda che la Nato sta offrendo un ”contributo per individuare e combattere le minacce globali alla sicurezza, a cominciare dal terrorismo che e’ un pericolo senza volto e senza confini”. ”La Nato non vuole essere il poliziotto del mondo, il gendarme globale che interviene dappertutto”, ha precisato, ricordando tuttavia che si sono 52mila uomini in missione in tre diversi continenti. L’olandese ha tuttavia ammesso che nel corso del recente vertice di Riga, la Nato non e’ riuscita ad assicurare il dislocamento in Afghanistan ”del 100 per cento delle forze necessarie per le operazioni. Siamo al 90 per cento, ma e’ assolutamente necessario arrivare al 100 per cento”. ”Non sono d’accordo sul giudizio negativo che viene dato sulla situazione in Afghanistan”, ha dichiarato de Hoop Scheffer, snocciolando ”alcuni numeri che mettono in luce la differenza tra il 2001, l’anno in cui ancora erano al potere i talebani, e oggi. Cinque milioni di rifugiati sono tornati in Afghanistan, una scelta che non avrebbero mai fatto se non avessero intravisto la possibilita’ di riprendere una vita non dico normale, ma possibile; sei milioni di giovani vanno a scuola e il 25 per cento sono bambine e ragazze; e’ triplicato il numero di iscritti alla scuole superiori; l’80 per cento della popolazione ha accesso diretto alle strutture sanitarie; il prodotto interno lordo cresce a ritmo sostenuto; sono stati costruiti 4 mila chilometri di nuove strade; infine, evito di elencarle i progetti di infrastrutture gia’ allo stato di cantiere. E ci sono un presidente e un parlamento eletti con votazioni democratiche. Questi dati dimostrano da soli gli enormi progressi degli ultimi cinque anni”. ”Ci sono persone e gruppi, soprattutto nel sud del Paese, che cercano di annullare questi progressi, che si oppongono alla ricostruzione e allo sviluppo, che vogliono riportare il paese al Medioevo. Costoro devono sapere che se continueranno su questa strada dovranno confrontarsi con i soldati dell’Isaf, come e’ avvenuto due mesi fa a ovest di Kandahar. Ma il nostro intervento in Afghanistan non e’ solo militare: lavoriamo per ripristinare la legge, per addestrare polizia ed esercito, per diminuire le coltivazioni di papavero da oppio. Sono interventi non militari, fatti anche con il fondamentale aiuto dei 2.071 soldati italiani presenti laggiu’, per rendere possibile la ricostruzione del Paese”.


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