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Cooperazione & Relazioni internazionali

Hong kong, beati i ricchi e i comunisti

Sono loro che comandano in piena alleanza. La società civile spinge per chiedere il suffragio universale. E misure anti povertà...a cura di, Girolamo Fazzini

di Redazione

I festeggiamenti del 1° luglio, con i quali Hong Kong celebra i 10 anni del ritorno alla Cina, mostrano una volta di più le due anime, profondamente diverse, che convivono nell?ex colonia, e la spaccatura che separa la classe politica e una parte consistente dell?opinione pubblica. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun sintetizza così il quadro politico: «Hong Kong vive una contraddizione: la popolazione, molto istruita, in tema di diritti e democrazia condivide le idee della comunità internazionale. Sa bene che chi comanda, nei fatti, sono i potenti comunisti di Pechino e i ricchi di Hong Kong. E quando vuole opporsi, sa farlo: lo si è visto con la grande marcia del 1° luglio 2003. Ma la gente è pure pragmatica: se l?economia va bene, è tentata di rassegnarsi allo status quo».

Il vescovo di Hong Kong ha invitato i cittadini a scendere in piazza il 1° luglio per chiedere al governo di introdurre il suffragio universale. «Su questo punto», spiega padre Gianni Criveller, missionario del Pime a Hong Kong,«si combatte oggi la battaglia fra le due anime della città: quella filo Pechino (che trova espressione nel governo locale e che confonde volutamente il patriottismo con un?obbedienza acritica), e quella che fa capo ai movimenti democratici e si batte per i diritti umani e la democrazia compiuta».

I governanti di Hong Kong sono scelti sulla base di un complesso meccanismo elettorale che esprime le preferenze delle varie componenti sociali, ma di fatto assicura a Pechino il controllo pressoché totale. L?ultima consultazione per l?elezione del capo dell?esecutivo, nel marzo scorso, ha visto la vittoria schiacciante, ampiamente prevista, del candidato governativo Donald Tsang sullo sfidante, Alan Leong, membro del Partito civico.

Ciò che il fronte pro democrazia chiede con insistenza è l?introduzione del suffragio universale nelle elezioni per il Parlamento locale (le prossime nel 2008) e per la designazione del capo dell?esecutivo.

La Basic Law (Legge-base, ossia la mini Costituzione di Hong Kong), prevedeva per l?anno prossimo l?avvio della procedura, ma Pechino ha deciso arbitrariamente che la Legge-base andava «reinterpretata», di fatto rinviando sine die la decisione. Sondaggi recenti hanno decretato che la popolazione, se interpellata direttamente, si pronuncerebbe per il suffragio universale. Ma la sensazione è che il governo locale voglia prendere tempo e giocare sull?ambiguità. Nei prossimi giorni saranno sottoposte alla popolazione tre diverse modalità per giungere al suffragio universale e verrà data la possibilità di avanzare osservazioni nell?arco di 90 giorni. E dopo? Difficile dirlo.

Di certo c?è che la battaglia per una democrazia reale si salda con la lotta in difesa delle fasce meno abbienti della popolazione. Spiega Jackie Hung, 38 anni, ?motore? della Commissione giustizia e pace della diocesi, dinamica coordinatrice di varie iniziative di protesta e denuncia: «La situazione della povertà sociale sta peggiorando. Permangono ancora condizioni di lavoro terribili e salari indecenti. La categoria più colpita è quella dei lavoratori impiegati nelle mansioni più umili. Per esempio, nei fast food i dipendenti lavorano quasi 18 ore al giorno per 11 dollari di Hong Kong l?ora (1,10 euro), mentre il minimo dovrebbe essere di 30 dollari all?ora. Secondo i sindacati, i lavoratori sottopagati – ossia con un salario inferiore ai 500 euro – sono 520mila: una cifra enorme per una città con poco meno di 7 milioni di abitanti. Ulteriormente cresciuta negli ultimi dieci anni».

Girolamo Fazzini è condirettore di Mondo e missione


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