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Famiglia & Minori

Comunità inquiete. In crisi è il modello ad imbuto

Intervento di Massimo Barra

di Redazione

La parola d?ordine è «flessibilità». È questo l?appiglio a cui Massimo Barra, numero uno della Croce Rossa italiana e della fondazione Villa Maraini (700 persone assistite ogni giorno e 4.500 prese in carico ogni anno, «ormai lo posso dire: a Roma i tossici li conosciamo uno per uno») si è aggrappato per schivare il declino delle comunità. «Malgrado le difficoltà economiche, proprio in questo periodo siamo arrivati a lavorare a pieno regime».

Vita: Come ci siente riusciti?
Massimo Barra: Attraverso la rimodulazione dei livelli di intervento. Alla bassa soglia abbiamo aggiunto programmi di bassissima soglia che prevedono nostri operatori nelle strade e nelle piazze. Siamo presenti nei tribunali, nelle questure e nelle caserme, in modo da intervenire prima che dopo condanne per direttissima il tossico entri in cella. Abbiamo infine aperto l?alta soglia anche a chi fa uso di metadone. Per rimanere sul ?mercato? occorre adeguarsi alla realtà e non viceversa.

Vita: Una critica neanche troppo velata al modello tradizionale di comunità?
Barra: La crisi di cui di cui stiamo parlando altro non è che la crisi del modello classico di intervento. Io lo definisco modello ad imbuto. Dove l?utente o si adegua a determinate norme, oppure non viene preso in considerazione. In queste realtà il ritornello è sempre lo stesso: «Se io fossi un treno, tu lo avresti perso. Arrivederci e grazie». Le comunità selettive e stigmatizzanti però stanno perdendo la partita. Anche perchè su dieci che riescono ad entrare solo cinque arrivano a fine percorso. La gente incomincia a trovare alternative e di conseguenza i posti rimangono vuoti. Senza considerare un altro aspetto.

Vita: Quale?
Barra: Il tossico che entra in comunità sta male. Ma chi non ha nemmeno questa motivazione sta male due volte. Mettere queste persone alla porta significa contravvenire agli interessi nazionali: l?assistenza va fornita a tutti e in particolar modo ai più bisognosi. L?approccio repressivo però ha il vantaggio di soddisfare la fame di punizione che l?opinione pubblica generalmente esprime nei confronti dei tossicodipendenti. Ma non credo proprio che questo sia il livello a cui si debbano abbassare la comunità.


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