Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Sanità & Ricerca

Disabili psichiatrici,la strada verso il lavorosi costruisce in rete

inserimento Il bilancio del progetto Equal Territori per la salute mentale

di Redazione

Con l’introduzione della legge 68/99, molti sono stati i cambiamenti relativi al collocamento al lavoro delle persone disabili e si sono aperti nuovi scenari sia per le persone che per i servizi deputati all’inserimento. Essi si indirizzano sempre più verso la progettazione dei percorsi e la possibilità di collocare le persone in base alle loro competenze e abilità. Molte ancora sono le difficoltà che permangono e resta molto da fare per ottenere risultati soddisfacenti. Il dato certamente più forte a livello sia nazionale che locale è l’aumento tra gli iscritti delle persone con disabilità legata al disturbo mentale e la loro bassa percentuale di collocazione lavorativa.
Il Consorzio Sol.Co. Varese ha sviluppato interventi specifici, come il progetto Equal Territori per la salute mentale. Un progetto ampio, promosso da una partnership che ha coinvolto, oltre che Varese, anche le province di Brescia e Milano con azioni progettate sull’asse dell’occupabilità e che ha avuto come ente capofila Koinon. Ne parliamo con Beatrice Masci, vicepresidente Consorzio Sol.Co Varese con delega all’Area sociale.
SocialJob: Quali a vostro avviso sono alcune delle cause che non consentono un ampio livello di occupazione tra gli utenti psichiatrici?
Beatrice Masci: La disabilità nell’area della salute mentale pone questioni molto delicate. Ci sono infatti alcuni disturbi psichici che hanno un effetto peggiorativo sulle capacità di lavoro. Si possono avere forti impatti sulla vita quotidiana, sulle relazioni e sul funzionamento sociale della persona, nonostante i grandi progressi fatti in campo farmacologico e riabilitativo. La persona può avere quindi difficoltà a mantenere l’attenzione e la continuità, oppure può avere problemi di relazione con i colleghi e con i “superiori”. Talvolta, inoltre, ci troviamo di fronte a persone che, avendo avuto un esordio precoce della malattia, non hanno potuto portare a termine la loro istruzione scolastica e magari neanche valide esperienze professionali.
SocialJob: Dalla vostra esperienza, come reagisce l’ambiente di lavoro all’inserimento di un utente con disagio psichico?
Masci: Esiste a volte ancora un pregiudizio all’interno di alcuni contesti lavorativi: talvolta, questi lavoratori sono a torto ritenuti inaffidabili, “pericolosi” o con scarsa capacità di iniziativa e motivazione. Sottolineo “a torto” perché molto spesso si tratta di un preconcetto, che comincia ancor prima di avere sottoposto la persona ad una prova.
SocialJob: Ogni ambiente lavorativo può accogliere un lavoratore con disabilità psichica?
Masci: Non necessariamente. Bisogna individuare le situazioni in cui essi possano essere sostenuti e dove possano ricoprire incarichi adeguati alle loro potenzialità. Inoltre, ci deve essere unità d’intenti sul progetto che, con i servizi e l’azienda, si costruisce per la persona: progetto necessariamente calibrato sull’individuo, il suo disturbo, l’ambiente da cui proviene, l’ambiente che lo accoglie.
SocialJob: L’inserimento sul lavoro dei disabili psichici è un percorso che può riservare ostacoli. Come è possibile cercare di rimuoverli?
Masci: Crediamo siano tre i capisaldi di un buon inserimento lavorativo.
Innanzitutto è necessario creare una cultura dell’inserimento lavorativo che, grazie allo strumento Equal, abbiamo cercato di attuare attraverso la formazione sull’argomento, in modo da creare un linguaggio di comune utilizzo ed un approccio condiviso: da qui è nata l’idea di una serie di cinque workshop, realizzati a Varese, che si sono chiusi con un momento di dibattito pubblico nel mese di novembre.
Inoltre assume grande importanza il ruolo del “tutor”, ovvero della figura di riferimento per tutto il periodo di inserimento, dall’affiancamento alla struttura al sostegno e alla mediazione. Questa figura professionale ha il compito di mediare tra la situazione dell’utente e le richieste dell’azienda. Per il “tutor” è di fondamentale importanza la buona conoscenza del territorio in cui si opera per avere chiaro dove indirizzare gli sforzi nella ricerca di occasioni di inserimento lavorativo. Infine, come da più parti si va sempre più affermando, è indispensabile la costruzione di una rete?
SocialJob: Cioè?
Masci: Un coinvolgimento di tutte le risorse che il territorio può offrire, sperimentando anche delle forme di integrazione tra pubblico e privato. È un modo per mantenere costanti le offerte e le occasioni di integrazione sociale e, magari, anche di inclusione sociale. Infatti, i programmi di inserimento lavorativo hanno effetto positivo sul piano clinico, sul piano della fiducia in se stessi e dell’autostima e anche sul piano sociale ed economico. Consentono all’individuo di porre un tassello fondamentale nella propria vita e sono il punto di partenza per un percorso più ampio di integrazione sociale che coinvolga successivamente anche l’autonomia abitativa e la gestione del tempo libero.
SocialJob: «Equal, territori per la salute mentale» terminerà a dicembre 2007, con una proroga delle azioni, in alcuni casi, fino a maggio 2008. E dopo?
Masci: Abbiamo una duplice finalità: innanzitutto, l’elaborazione di strumenti specifici come, per esempio, un manuale per l’accreditamento di un territorio socialmente responsabile verso i pazienti psichiatrici. In secondo luogo, quella di promuovere e rendere permanente la “rete” sul territorio oltre il progetto stesso, cercando via via finanziamenti a sostegno di future azioni di implementazione.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA