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5 x mille: la rivolta degli esclusi

Parte dai Csv emiliani un'iniziativa che potrebbe avere esiti clamorosi. Le esclusioni formali «devono essere sanate. Ecco come». Tutti i dettagli in edicola su VITA Magazine

di Gabriella Meroni

Attenti alla via Emilia. Le truppe degli esclusi dal 5 per mille 2006 – un plotone di oltre seimila onlus, la maggior parte delle quali «non validata» per motivi puramente formali – hanno trovato i loro vendicatori, e abitano tutti tra il Po e gli Appennini. Dai Centri di servizio al volontariato dell’Emilia Romagna è infatti partita nei giorni scorsi una lettera, garbata ma agguerrita, che mette l’Agenzia delle Entrate di Roma davanti a un fatto che ritengono incontestabile: le esclusioni ?formali? di organizzazioni che possiedono i requisiti di legge per accedere al 5 per mille sono illegittime, e dunque devono poter essere sanate per via amministrativa, senza ricorrere a ricorsi giudiziari che potrebbero di fatto bloccare la già ingolfatissima macchina dell’amministrazione finanziaria.
La novità più importante di questa lettera – che Vita ha letto in anteprima e di cui pubblichiamo qui alcuni stralci – è che non è uscita dal covo dei ribelli asserragliati in qualche cascina della Bassa, ma è il frutto di un incontro avvenuto lo scorso 21 dicembre tra i vertici dei nove Csv provinciali e dal loro coordinamento regionale con due dirigenti della direzione dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna, il dottor Stefano Mantovani e la dottoressa Alba Querini. Quindi con due consoli del ?nemico?, si potrebbe dire, di cui è sempre meglio assicurarsi l’appoggio prima di uscire dalle retrovie.


Pronti 200 ricorsi
Ma cosa dice in sostanza la lettera? Sottolinea, come detto, «l’importanza di una soluzione amministrativa rispetto a quelle realtà che si siano trovate ad essere escluse dal beneficio del 5 per mille per motivi di tipo squisitamente formale», e osserva che «una soluzione concordata (…) appare di grande importanza per l’intero sistema», non essendo infatti difficile «prevedere una elevata mole di ricorsi da parte delle associazioni escluse». Solo dall’Emilia Romagna, dicono i bene informati, sarebbero più di 200 le onlus pronte a rivolgersi ai giudici. Con prevedibili effetti paralizzanti. Poi, l’affondo: «I provvedimenti di diniego di iscrizione motivati da mancata allegazione di documento di identità all’autocertificazione attestante la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione devono ritenersi illegittimi».

Maledetta fotocopia
Eh sì, perché la maggior parte degli esclusi è incorsa proprio in questo errore: ha mancato di allegare la fotocopia della carta di identità, anche a causa dei tempi strettissimi in cui la documentazione doveva essere inviata e di indicazioni contraddittorie contenute in diverse circolari delle Entrate, che qui non è possibile approfondire per motivi di spazio, ma che sono indirettamente confermate dal numero ingente di organizzazioni ?cadute? su questa buccia di banana (saranno mica tutte sceme?). In questi casi – dice la lettera – la richiesta di autocertificazione «contrasta con il disposto dell’art.18 legge n. 241/1990», il quale prevede che «i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni». Lo Stato cioè non deve chiedere al cittadino informazioni che lo stesso Stato deve conoscere perfettamente, perché già in suo possesso. E come negare che quanto dichiarato dall’autocertificazione richiesta (cioè di essere onlus, o associazione di promozione sociale o di volontariato iscritta agli elenchi) non fosse già a conoscenza delle Entrate (nel caso delle onlus) o di un’altra ammistrazione dello Stato?

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