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Sono detassate anche le convenzioni estere

Finanziamenti. Non profit e accreditamenti con enti pubblici.

di Antonio Cuonzo

Siamo un?associazione non riconosciuta di Milano attiva nei settori della cooperazione internazionale e degli aiuti umanitari. Vorremmo avere alcuni chiarimenti sulla particolare disciplina prevista dall?art.143 comma 3 lettera b) del Tuir per le attività in convenzione svolte dagli enti non commerciali. Qualora siano soddisfatte le tre condizioni necessarie (la convenzione deve essere stipulata con enti pubblici; l?attività prevista dalla convenzione deve avere finalità sociale; l?attività deve essere conforme alle finalità istituzionali), è possibile ritenere esclusi da imposizione diretta (Ires) anche i proventi derivanti da convenzioni con enti pubblici esteri (es. Unione Europea)? Quale significato deve essere attribuito al termine ?convenzione? in caso di collaborazione con enti pubblici esteri? Ai fini del calcolo sulla prevalenza quantitativa di attività istituzionale o di attività commerciale, tali proventi devono considerarsi istituzionali o commerciali? E dove devono essere iscritti nel bilancio?

Serena Lunghi, Puntosud

La disposizione cui fate riferimento (art. 143, comma 3, lett. b) non brilla certo per chiarezza in fatto di presupposti oggettivi, e più in particolare con riferimento alla natura e qualifica dei soggetti che, sovvenzionando le attività dell?ente non commerciale, attribuiscono la possibilità di detassare i proventi.Infatti, la citata disposizione sancisce la non concorrenza alla formazione del reddito dell?ente non commerciale percipiente dei «contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche».Sul tema, l?amministrazione finanziaria non ha mai fornito espliciti chiarimenti e, nel vuoto interpretativo, la prevalente dottrina ritiene che enti soprannazionali, come per esempio l?Unione Europea, possano ritenersi compresi nella disposizione. Quanto al significato da attribuire al termine convenzione, riterrei che possa essere assunto a riferimento quanto scritto dall?Agenzia delle Entrate nella circolare 124/E del 1998 ovvero che «la norma, facendo riferimento in generale ai contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali dell?ente, non opera alcuna distinzione tra contributi a fondo perduto e contributi che hanno natura di corrispettivi. Si deve ritenere, pertanto, che rientrano nella sfera applicativa dell?agevolazione anche i contributi che assumono natura di corrispettivi». Sempre la stessa circolare, poi, ha chiaramente interpretato il dettato normativo, nella parte che richiede il raffronto tra le attività istituzionali e quelle commerciali, asserendo che «il raffronto va effettuato fra i componenti positivi del reddito d?impresa e le entrate derivanti dall?attività istituzionale». Al riguardo si precisa che, per ragioni di ordine logico e sistematico, in coerenza con quanto stabilito nella successiva lettera d), la locuzione «redditi derivanti da attività commerciali», contenuta nella disposizione in esame, deve essere correttamente intesa come riferita ai componenti positivi del reddito d?impresa. Si precisa, inoltre, che da entrambi i termini del raffronto vanno esclusi i contributi percepiti per lo svolgimento di attività aventi finalità sociale in regime di convenzione o accreditamento; detti contributi, infatti, non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali ai sensi dell?art. 108, comma 2 bis, del Tuir).Quanto all?iscrizione in bilancio, a mio modesto avviso la natura del contributo (corrispettivo o sovventorio) non cambia i termini del problema: se fossero ?contributi/corrispettivo? tenderei a trattarli come proventi tipici dell?ente, cosa che avverrebbe anche qualora dovessi considerarli delle vere e proprie liberalità che, in questo caso, sarebbero forzatamente vincolate nello scopo.


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