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Attivismo civico & Terzo settore

Che cosa insegnano quegli uomini di Molfetta

Morti per tentare di salvare i compagni caduti nella cisterna. Come non domandarsi se questo istinto buono appartenga ancora al nostro tempo.

di Giuseppe Frangi

Arriva molto presto la Pasqua quest?anno, con cieli ancora piovosi, temperature basse e pochi sorrisi tra la gente. Arriva con Napoli ancora sotto l?assedio di tonnellate di spazzatura, e sotto l?assedio ancora più angoscioso dell?impotenza dei suoi governanti. Arriva trovandoci alle prese con una politica sempre più blindata nei suoi riti così impunemente indifferenti alla vere questioni che toccano la vita di tutti. Sembra una Pasqua poco Pasqua, senza segni di novità e senza quel senso di primavera nell?aria. Il petrolio sale, le bollette energetiche lo seguono, il carovita mette addosso tanta paura per il futuro. Continuiamo a convivere con le solite situazioni incancrenite che se è difficile risolvere in stagioni di buona congiuntura, diventa veramente proibitivo affrontare in congiunture avverse. Di tanto in tanto si ha persino la sensazione che in questo clima anche i rapporti quotidiani ne escano avvelenati, inquinati da un cinismo che non ci appartiene, che non è nella nostra natura ma che è la scoria di una vita abbandonata a se stessa, non curata con la dedizione e l?amore che la vita stessa, per la bellezza e il mistero che si porta dentro, merita. Quante volte accettiamo supinamente i pasticci che tanti stregoni combinano sulla vita stessa? Ci sono state stagioni in cui l?uomo, la società, davanti al rischio di una deriva della propria condizione hanno saputo accendere parole di rivolta, e quindi provare strade di riscatto. Vista da vicina non sembra questa una di quelle stagioni. Non se ne vedono i segni, perché là dove spuntano sintomi di insofferenza, o muoiono inascoltati o vengono neutralizzati e trasformati in mode e in trend. Tanto meno è stagione da cui attendersi grandi disegni: anche se qualcuno avesse la forza di pensarli e di proporli, troverebbe davanti a sé interlocutori per lo più distratti, confusi e litigiosi. Interlocutori probabilmente senza particolari attese nel cuore. Riluttanti a sperare in qualcosa, a mettere testa e piedi fuori dal proprio guscio. Eppure, anche se lo sguardo e il giudizio sembrano così in difficoltà, a volte si resta sorpresi da situazioni semplici in cui la vita con le sue logiche prende di sprovvista. A Molfetta, per esempio, quel martedì di inizio marzo è accaduta una tremenda tragedia sul lavoro, ma è accaduto anche altro: quattro persone sono morte ciascuna per tentare di salvare gli altri che erano caduti in quella maledetta cisterna. Nessuno aveva la vocazione a diventare un eroe, né è realisticamente pensabile che tanti eroi si fossero concentrati proprio in quell?autolavaggio di Molfetta. Erano soltanto persone semplici, che in quel momento hanno dato ascolto al loro istinto. A un istinto evidentemente buono, che avevano dentro senza esserne consapevoli. Difficile non restarne in qualche modo colpiti e non chiedersi se quell?istinto buono non appartenga anche a noi e a chi abbiamo davanti ogni giorno. E non domandarsi da dove venga e perché sia più forte delle intemperie culturali del tempo. E imparare a considerarlo un tesoro, su cui costruire, per esempio, una convivenza diversa. Con semplicità, ma soprattutto con gratitudine. Buona Pasqua.


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