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Sanità & Ricerca

vaccino anti aids:bchimera o realtà?

ricerca Il punto sulle sperimentazioni in Africa e nel mondo

di Redazione

Montaigner sta mettendo a punto un siero che scongiuri la trasmissione dell’Hiv da mamma a bambino. Come lui, altri studiosi stanno lavorando. Ma senza fondi « S tiamo lavorando in Africa a un vaccino pediatrico». A dare l’annuncio è stato il Nobel per la medicina Luc Montaigner, co-scopritore insieme a Robert Gallo, 25 anni fa, del virus che causa l’Aids. A condurre la ricerca sul campo è un gruppo di ricercatori italiani e americani, diretti dal professor Vittorio Colizzi dell’università Tor Vergata di Roma, uno dei massimi esperti di Aids in Europa. «È un vaccino che stiamo studiando in tre Paesi: il Burkina Faso, la Costa D’Avorio e il Camerun», anticipa a Vita il professor Colizzi da Yaoundé, la capitale del Camerun. «Sarà un vaccino “coformulato”, cioè inserito con il vaccino anti tubercolare che viene già somministrato ai neonati africani, che si chiama Bcg. Sarà dato il primo giorno della nascita per impedire la trasmissione del virus Hiv dalla mamma al bambino».

Una frontiera aperta
La ricerca di un vaccino pediatrico è una delle frontiere aperte della lotta all’Aids, «anche se purtroppo non è una via molto esplorata», sottolinea il virologo italiano. «Le sperimentazioni in corso si contano sulle dita di una mano, i finanziamenti sono pochi e solo pubblici». Anche sui risultati il professore è cauto: «Aspettative e docce fredde hanno costellato la ricerca di vaccini anti Aids. L’importante adesso è lavorare».
I tempi di produzione di un vaccino sono sempre lunghi, nel caso dell’Hiv ancora di più. Il programma diretto da Colizzi – che prevede anche la formazione di medici africani, il trasferimento di tecnologie e la dotazione di tre centri in Africa dove sarà sperimentato il vaccino – è partito nel 2003, sotto l’egida dell’Unesco e con un contributo del governo italiano di due milioni di euro. Tre anni fa ha ricevuto il supporto dei due scopritori dell’Aids, Gallo e Montaigner. A cinque anni dall’avvio del progetto, il vaccino è nella fase della produzione industriale. «Quando il composto sarà pronto inizierà la sperimentazione clinica, prevista per la fine del 2009» afferma Colizzi. Anche in caso di successo, quindi, ci vorranno ancora diversi anni prima che il vaccino pediatrico sia disponibile.
Il primo dicembre è la Giornata mondiale della lotta all’Aids e il panorama è quello di una comunità scientifica frustrata. La ricerca di vaccini per prevenire il virus Hiv è paragonata a una fatica di Sisifo. «Ogni volta che ci sembra di aver trasportato il masso in cima alla montagna, ci accorgiamo che è rotolato a valle», scrive Jens Lundgren , direttore del Programma di Copenhagen per le ricerche sull’Hiv. I vaccini anti Aids in corso di sperimentazione nel mondo sono una trentina. «Quello più avanti, il vaccino Merck, si è rivelato inefficace», spiega Giuliano Rizzardini , direttore della divisione Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Rizzardini negli anni 80 ebbe in cura uno dei primi casi di infezione, quello del chirurgo Lucille Corti, che aveva contratto l’Hiv operando un paziente in Uganda. «Allora avevamo a disposizione solo il farmaco Azt. Dal 96 invece la terapia può contare su cocktail di farmaci efficaci». Sul fronte vaccini, lo scenario è meno incoraggiante: «Si sono rivelati inefficaci, non protettivi a causa delle caratteristiche del virus, che muta la sua forma in continuazione. L’idea adesso è di rivalutare tutta la ricerca, e ricominciare da capo a studiare i meccanismi di replicazione dell’Hiv per capire come intervenire».

Tempi troppo lunghi
«Nel caso dei vaccini anti Aids, i problemi sono soprattutto due: lunghezza dei tempi e difficoltà a dimostrarne l’efficacia», afferma Fabrizio Pregliasco , virologo del Dipartimento di sanità pubblica dell’università di Milano e vicepresidente Anpas – Associazione nazionale pubbliche assistenze. La tempistica per la produzione di un vaccino è di circa dieci anni. Dopo il periodo di studio in laboratorio e la sperimentazione su animali, parte la sperimentazione clinica sull’uomo che, nel caso dei vaccini anti Aids si sviluppa in tre fasi successive. «A livello internazionale non si sa a che punto siano effettivamente le diverse ricerche in corso, e manca un effettivo monitoraggio esterno», continua Pregliasco. L’Organizzazione mondiale della sanità sta provando a creare un network internazionale, con l’ Initiative for vaccine research , programma che si propone di coordinare, stimolare e sostenere la ricerca di vaccini anti Aids. L’iniziativa è nata di concerto con il programma delle Nazioni Unite sull’Hiv/Aids e al momento fornisce l’unico database condiviso delle sperimentazioni attive.

L’industria? Non ci crede
Un’altra nota dolente è quella dei finanziamenti: «Quelli pubblici sono appena sufficienti a portare avanti le ricerche in corso, e quelli privati arrivano solo da fondazioni non profit come quella di Bill e Melinda Gates», spiega Pregliasco. «L’industria farmaceutica ha scarso interesse: il rischio dell’investimento, che deve essere almeno decennale, è alto, a fronte di una bassa redditività in caso di successo».
Secondo ricercatori come Guido Silvestri della Pennsylvania School of Medicine di Philadelphia, ricercatore italiano fra i più stimati negli Stati Uniti, «siamo arrivati a un tetto nella lotta alla malattia, per questo è indispensabile percorrere nuove strade».
Secondo il professor Colizzi, la ricerca di un vaccino pediatrico è più facile e potrebbe dare informazioni utili anche per gli altri vaccini anti Aids. Negli ultimi anni per bloccare la trasmissione del virus da mamma a bambino si è utilizzo un farmaco, la nevirapina. «Il vaccino pediatrico è la soluzione che tutti aspettiamo», afferma Roberto Moretti , consulente medico-sanitario del Cesvi di Bergamo, che nel 2001 è stata fra le prime organizzazioni a introdurre e distribuire la nevirapina in Zimbabwe. «Con il vaccino si potrebbero raggiungere in modo semplice ed efficace più mamme. Ma per ora resta solo un’ipotesi».


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