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Cooperazione & Relazioni internazionali

Gaza, il silenzio delle armi

Sette giorni di tregua, l'incognita di Hamas e del ritiro di Israele

di Franco Bomprezzi

 

 

Finalmente tacciono le armi e non si sente il sibilo dei missili. Tregua nella Striscia di Gaza, e anche Hamas si ferma. Per ora. I giornali raccontano le novità politiche ma descrivono anche la realtà di Gaza dopo i giorni di guerra.

 La rassegna stampa di oggi si occupa anche di:

 

 

“Tregua di Hamas, inizia il ritiro”, titola il CORRIERE DELLA SERA di oggi. Il gruppo islamico ha infatti annunciato 7 giorni di tregua. Olmert ai leader europei riuniti al vertice di Sharm El Sheik: «Ci ritiriamo. Progressivamente, per gradi. Ma ci stiamo ritirando». Dalla prima partono anche i reportage da Gaza dell’inviato Lorenzo Cremonesi e di Bernard Henry Levy. In alcuni flash i due pezzi si contraddicono. Scrive Henry Levy, ospite embedded nell’unità di elite Golani dell’esercito di Israele: «Posso sbagliarmi, ma le poche, le pochissime cose che vedo (palazzoni immersi nell’oscurità, ma in piedi, frutteti all’abbandono, la via Khalil al-Wazeer con i negozi chiusi) indicano una città frastornata, che si trova in trappola, terrorizzata, ma certamente non una città rasa al suolo, come possono esserlo Grozny o certi quartieri di Sarajevo». Levy, qualche riga prima, parla anche del presunto blocco umanitario: «Il fatto è che più di 20mila tonnellate sono entrate, dall’inizio dell’operazione, sotto le insegne dell’Unicef o del World Food Program». Diversa la prospettiva di Cremonesi, che firma il suo articolo, due pagine dopo quello del pensatore francese, sotto l’eloquente titolo “Sulla strada della devastazione”: «Sulla strada costiera, appena prima di Gaza city, le distruzioni sono vaste, impressionanti…Ma anche queste devastazioni sono nulla rispetto a ciò che si incontra più a nord, sulle altura di Atatrah e tutto attorno nel villaggio di Bet Lahiya. Qui la furia delle bombe è stata massiccia, continua, martellante, mirata a radere al suolo. Punire, prevenire, spaventare».

Anche LA REPUBBLICA apre sul conflitto: “Israele inizia il ritiro da Gaza”. Staremo a vedere se si tratterà di “pace scritta sulla sabbia”, come recita il titolo del commento di Paolo Garimberti (il vertice strano di Sharm, in cui mancavano Israele, Hamas, Stati Uniti : «servito soprattutto a dare un riconoscimento solenne al ruolo dell’Egitto nel presente e nel futuro della regione… e a offrire uno spot a buon prezzo alle ambizioni europee»; «il cessate il fuoco dipenderà dalla buona volontà delle parti»). Per quanto riguarda la cronaca degli esiti del conflitto visti dal basso, inizia Guido Rampoldi con un titolo che non lascia dubbi: “Gaza tra rabbia e distruzione «Una catastrofe come Hiroshima»”. Visita tra le macerie, case distrutte e molta impotenza fra gli abitanti: «una possibilità è che nelle intenzioni israeliane quel tappeto di rovine debba diventare una sorta di fascia di sicurezza». Alberto Stabile si occupa delle decisioni per così dire dall’alto: “Hamas «Sette giorni di tregua» Israele «Cominciamo il ritiro»”. Il corrispondente sottolinea il ruolo dell’Egitto ma avverte: «bisognerà vedere cosa succederà una volta che sarà completato il ritiro dei soldati israeliani da Gaza, per capire se l’Egitto riuscirà a portare avanti il piano ideato non solo per mettere fine allo scontro militare… ma anche per pervenire a una soluzione accettabile del problema della Striscia». Segue una pagina sulla diplomazia: “Berlusconi: «Carabinieri e navi per la pace»: cronaca di un vertice un po’ surreale (finisce una guerra e 6 capi di stato si precipitano a dare solidarietà a Israele), di facciata, con molte promesse chissà quanto meditate («Quando sarà possibile creare un meccanismo per controllare i valichi di Gaza noi potremo offrire i nostri carabinieri e saremo pronti  anche a partecipare al pattugliamento marittimo», ha annunciato il premier italiano). Infine Marco Politi, e siamo a pagina 5, riferisce il monito di Benedetto XVI: “Violenza inaudita contro i civili”. Durante l’Angelus di ieri, il Papa è tornato sulla guerra e sulle vittime civili (oltre 1200, numero di fronte al quale la reazione del rabbino Laras, ripresa in appoggio, fa pensare: «parlare dei morti di una parte sola non aiuta un riavvicinamento»).

Su Gaza titolo in copertina per IL GIORNALE: «i carabinieri pronti ad andare a Gaza». L’analisi della situazione: dopo il vertice di Sharm el Sheikh è affidata a Segre secondo cui «Adesso Gerusalemme è più forte». Segre  commenta il documento  che 300 accademici di Londra hanno firmato in cui si chiede «di non permettere a Israele di vincere». Segre sottolinea che lo scritto mette in evidenza il timore che Israele possa aver riportato sul piano strettamente militare  un doppio successo: quello di dimostrare la ritrovata combattività deterrente  del suo esercito e quello di evidenziare l’inesistente invincibilità  dell’Islam, sostenuto dalla volontà divina e dalla capacità di fare della morte lo scopo supremo della vita. Ma successo anche sul campo politico per Israele. Non uno degli alleati di Hamas si è messo se non a parole a sua difesa. Israele ha sfatato l’impressione che molti osservatori internazionali e molti degli israeliani  avevano circa una crisi di identità e consapevolezza nazionale. La guerra di Gaza ha dimostrato che questa democrazia, con tutti i suoi difetti e debolezze, sia ancora capace di combattere con un esercito di popolo, invece che con gli eserciti di moderni mercenari». Il Giornale poi, con richiamo in prima pagina e poi a pag. 46  ospita la penna di Peppino Caldarola che svela le ricadute sulla politica italiana della guerra di Gaza. Il titolo sintetizza il pensiero di Caldarola: “Sul Medio Oriente D’Alema tenta la scissione del Pd”.

“Vertice a Sharm-el-Sheik. L’Ue preme per l’accordo” era l’apertura domenicale di AVVENIRE, che il lunedì non è in edicola. Un vertice a Sharm el Sheik senza Olmert e senza Abu Mazen dove i paesi europei e la Turchia tramite un iniziativa congiunta hanno consegnato al presidente egiziano Mubarak una lettera firmata dai rispettivi capi di governi in cui viene ribadito il sostegno agli sforzi di Egitto e Israele per un cessate il fuoco durevole. Espressa anche la disponibilità ad adottare misure appropriate anche per quanto riguarda l’esigenza di arrestare il  traffico di armi verso la striscia di Gaza. Mubarak, in un discorso alla Tv, ha detto che l’Egitto lavora per rendere sicura la sua frontiera con la striscia di Gaza ma non accetterà mai la presenza di osservatori stranieri sul proprio territorio. Berlusconi, interrogato sul silenzio del nostro Governo durante questi di giorni di guerra, ha risposto così: «Sapevamo che Israele non si sarebbe fermato e quindi non ci siamo messi dietro iniziative inutili destinate a non avere fondamento».

“Gaza, sette giorni per la pace” è lo strillo in prima pagina su LA STAMPA (in tandem con la tragedia del Monte Bianco). Al tema vengono dedicate le pagine 4 e 5. Gli effetti del cessate il fuoco cominciano subito a farsi sentire: 14 bambini di Gaza, infatti, arriveranno domani in Italia per essere curati in ospedali toscani. L’operazione vede la partnership della regione con la Croce Rossa Italiana e il ministero degli Esteri. Contrari alla tregua, i Fratelli musulmani esprimono il loro dissenso alla presa di posizione tardiva e sospetta di Mubarak nei confronti dello Stato israeliano: «viene ormai accusato di complicità da tutti», dice il loro leader egiziano Mahdi Akef. E non fa che moltiplicare le evidenti divisioni nel mondo arabo. Gli eventi di Gaza, sostiene, cambieranno lo scenario politico in Medio Oriente, ma rassicura: non c’è da parte dei Fratelli musulmani la volontà di trasformare la crisi in un conflitto religioso: «Rispettiamo gli ebrei così come rispettiamo i cristiani, ma non i sionisti che sono bande strumentalizzate dagli Stati Uniti e dall’Unione europea per sterminare gli islamici in Medio Oriente».

E inoltre sui giornali di oggi:

SOCIAL CARD

LA REPUBBLICA – “Social card al Sud il Nord resta a secco”. La distribuzione della carta acquisti avrebbe favorito gli abitanti del Meridione. Numeri e statistiche alla mano. «La Padania ospita il 45,5% della popolazione ma riceve solo il 16,8% delle carte ricaricate», scrive Paolo Berizzi che aggiunge: «i calcoli fatti da Tremonti sembrano non tener conto di un elemento non secondario: la differenza, fra una regione e l’altra, del potere d’acquisto. Che al Nord è molto inferiore rispetto al Sud». Ovvia la protesta del Pd: «gli strumenti centralizzati di lotta alla povertà non hanno alcun senso. Sono solo uno spot pubblicitario» dice l’onorevole Antonio Misiani. Malumore anche del Carroccio («qualcuno ha fatto dei pasticci» dice un anonimo esponente leghista). In appoggio editoriale di Tito Boeri: “L’arbitrio al potere”.

CRISI

LA STAMPA – “Sorpresa Tremonti: «Sulla crisi ha ragione Prodi»”. È l’affermazione del ministro dell’Economia, ospite alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”. «Mi dispiace dirlo», premette, ma sulle ricette per uscire dalla crisi Prodi ha scritto sul Messaggero un articolo molto bello e dal titolo ancor più bello: «Per non passare da una crisi all’altra serve un leone e non una gallina». Le ricette in questione non sono nuove: primo,per una crisi globale servono risposte globali e non nazionali; secondo, non è tanto questione di stimolare i consumi quanto di avere delle regole. Ossia: «Bisogna mandare a casa o in galera che ha abusato e ricominciare da capo».

 

 

 

Il SOLE 24 ORE  – Un’intera pagina al “non profit in prima linea” ovvero alle iniziative che il privato sociale ha messo e mette in campo per fronteggiare l’emergenza economica. Le associazioni dicono che il numero di chi ha bisogno continua a salire, e per il 2009 «le previsioni non sono certo favorevoli». Tre dati su tutti: le persone assistite dal Banco alimentare sono cresciute del 6% dal 2007 al 2008; i finanziamenti erogati dalla Banca Popolare Etica del 30%; le prestazioni del Filo d’Argento dell’11%. Di spalla, due interviste, una a Stefano Zamagni, che è ottimista («l’economia civile uscirà rafforzata, perché la crisi le sta insegnando a produrre ricchezza e non solo a redistribuirla») e una a Fabio Salviato, di Banca Etica, che annuncia il progetto della Banca di intervenire a favore di chi rischia di perdere la casa perché non paga il mutuo: Banca Etica è pronta d acquistare l’immobile alle aste giudiziarie e poi rivenderlo a prezzo calmierato al mutuatario. Infine, un commento di Giorgio Fiorentini che parla di non profit come «nuovo ammortizzatore», e un pezzo sui nuovi strumenti di aiuto finanziario ai poveri messi in campo dalle Diocesi, Milano in primis, ma anche Bologna, Torino e NordEst.

SERVIZIO CIVILE
IL SOLE 24 ORE – “Servizio civile, tagli ridotti”: si dà conto dei fondi stanziati per il 2009 per il servizio civile, che sono pur sempre meno rispetto a quelli del 2008 (si passa da 300 a 211 milioni) ma “guadagnano” comunque 40 milioni rispetto alla sforbiciata attesa in virtù dell’eliminazione del contributi dovuto ai volontari da parte del fondo nazionale, eliminazione che è contenuta nel decreto anticrisi. Niente rischio “bando zero”, quindi, anche se la tendenza è indubbiamente al ribasso.

 

 

DELUSIONE OBAMA

CORRIERE DELLA SERA – “Addio al presidente interattivo – Tramonta il sogno web di Barack”. Scrive Massimo Gaggi: «Obama sarà sicuramente il primo “teachpresident” della storia americana, ma quella nella quale si insedierà domani non è certo la Casa Bianca interattiva che aveva promesso ai suoi supporter della Internet generation…Problemi tecnologici, ma soprattutto giuridici e politici che non erano stati ben considerati costringono ora Obama, se non a rinunciare, a ridimensionare il suo progetto di dar vita a una sorta di Casa Bianca digitale».

ISLAM IN ITALIA

IL GIORNALE – Riporta la proposta  che il presidente del senato Gianfranco Fini ha lanciato ieri  durante la visita negli Emirati arabi. «La lettura del Corano sia fatta in italiano». La sinistra è contraria, le comunità islamiche sono divise: l’Ucoi  storce il naso, mentre Coreis è d’accordo. La Lega rivendica la “proprietà” dell’idea già presente in una sua proposta di legge già depositata.

LA STAMPA – Per evitare il rischio di istigazione all’odio e alla violenza, Gianfranco Fini chiede che nelle moschee dello Stivale gli imam predichino in italiano. Lo fa in occasione della visita negli Emirati Arabi e la sua richiesta «spacca l’islam italiano tra i “falchi” dell’Ucoii e le “colombe” del Coreis». Contrari i primi, concordi le seconde. Un monito, quello di Fini, in linea con le preoccupazioni della Santa Sede, allarmata da una ricerca condotta dal gesuita Samir Khalil Samir, l’islamologo di fiducia della curia, sul «drammatico nesso» tra la formazione degli imam e l’istigazione alla violenza. Ma dal Vaticano arriva anche un segnale diverso, con la denuncia dell’arcivescovo Agostino Marchetto «per la rinascita un Europa di una xenofobia che è il contrario del Vangelo». Tra coloro che approvano la richiesta di Fini c’è anche Souad Sbai, esponente del movimento islamico moderato, che però ammonisce: contro gli estremisti questo governo sta facendo meno di quanto abbia fatto Amato.

BULLISMO

IL GIORNALE – Intervista al ministro Gelmini che per  combattere la piaga del bullismo annuncia l’utilizzo di telecamere nelle scuole e nelle aule. Anche più attività sportiva con l’accordo del Coni.

LA STAMPA – Alle pagine 10 e 11, un’inchiesta su “L’Italia delle baby gang”.  Al nord come skinheads, al Sud come mafiosi: cresce il potere criminale delle bande dei minori.

 

 

 

 


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