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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ma lo Stato risparmia se cura i clandestini

Parla una delle autrici dell'articolo abolito dalla Lega

di Redazione

«Farli accedere alle strutture sanitarie classiche costa meno che prestare servizi di pronto soccorso»Indietro tutta. L’emendamento del governo che dà la possibilità ai medici di denunciare i migranti irregolari? «Altro che contrastare l’immigrazione clandestina! Provocherà invece l’esplosione della clandestinità sanitaria. E arriva a cancellare almeno 18 anni di lavoro e buone prassi». A dirlo è Daniela Panizzut, 47 anni, che oltre a essere infermiera al Policlinico di Milano, è membro del consiglio direttivo sia del Naga, associazione socio-sanitaria per i diritti dei migranti, sia, dallo scorso 8 febbraio, della Simm – Società italiana di medicina delle migrazioni. Ma, soprattutto, ha fatto parte del comitato che ha scritto l’articolo 35 del decreto legge 286 del 27 luglio 1998. Che riportava: «L’accesso alle strutture sanitarie di stranieri non in regola non può comportare alcuna segnalazione alle autorità, salvo casi di referto obbligatorio», e che l’attuale esecutivo ha emendato nel “Pacchetto sicurezza” approvato dal Senato il 3 febbraio 2009.
«È un grave ritorno al passato perché già nel 1991 si era avvertita la necessità di arrivare a un decreto che garantisse i servizi medici a tutti», ribadisce Panizzut, «sia per motivi umanitari, sia economici: far accedere i migranti alle strutture sanitarie classiche allo Stato costava meno che prestare loro servizi di pronto soccorso». Un percorso, finalizzato con il dl 286, condiviso tra istituzioni e privato sociale, che poi ha portato, nel decennio successivo, alla nascita di diverse forme di assistenza per i migranti: «Ogni Regione ha fatto a modo suo, chi attraverso le Asl, come Veneto e Sicilia, chi con Asl e ambulatori del privato sociale, ad esempio il Lazio. L’unica a non aver attivato nulla è stata la Lombardia», luogo in cui opera il Naga, con 20mila richiesta annue di assistenza, il 56% uomini, di età compresa tra i 25 e i 50 anni.
«Nemmeno la Bossi-Fini aveva toccato l’articolo 35», continua l’infermiera, «e con questo emendamento molti andranno a farsi curare nel pubblico solo per casi gravi, con il rischio della nascita di forme di sanità parallela, clandestina, in particolare per gravidanze o aborti». Ancora: «Le condizioni di disagio abitativo di molti stranieri provocano più facilmente malanni che, senza cure, possono incidere sulla salute collettiva». Quali rimedi? «Uno: lo stralcio dell’emendamento. La gran parte delle associazioni mediche si è già espressa in tal senso», conclude Panizzut. «La campagna è già iniziata, con incontri e mobilitazioni in tutta Italia».


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