Cooperazione & Relazioni internazionali

È un medico il rapito italiano. Gino Strada fa discutere

Il fondatore di Emergency aveva definito grottesco il mandato d'arresto al presidente sudanese. E intanto le ong sono finite nel mirino.

di Emanuela Citterio

Nell’immagine la vignetta di Glez per Vita non profit magazine

Sempre più intricata la situazione in Darfur. Ieri la notizia del rapimento di cinque operatori umanitari della sezione belga di Msf. Tra loro c’è anche un italiano. Si chiama Mauro D’Ascanio, ed è un medico. Vicentino di 34 anni, specializzato in medicina d’urgenza e medicina tropicale, è stato sequestrato insieme a cinque colleghi della sezione belga di Medici senza frontiere nella regione del Sudan occidentale in guerra civile e crisi umanitaria dal 2003. I due operatori locali del gruppo sono stati rilasciati, i tre stranieri rimangono invece ancora in mano ai rapitori: oltre a D’Ascanio, un’infermiera canadese, Laura Archer, e il coordinatore medico francese Raphael Meonier. Sarebbe stato chiesto un riscatto. Nel frattempo il governo sudanese ha fatto sapere che i tre sono vivi e stanno bene. Secondo Mohammed Abdel Rahman, responsabile della commissione sudanese sulle associazioni diritti umani, ai tre è stato concesso di telefonare e di rassicurare i colleghi sulle loro condizioni «Stiamo lavorando per rilasciarli il più in fretta possibile», ha spiegato. Oggi un funzionario del ministero degli Esteri di Khartoum, Ali Youssef, ha dichiarato che il sequestro è stato commesso da “banditi”, che ora chiedono un riscatto.

Oggi il giornale arabo ‘al-Hayat’, che cita fonti locali, scrive che i rapitori avrebbero chiesto, oltre al riscatto, il ritiro del mandato d’arresto emesso contro il presidente sudanese Omar al-Bashir in cambio del rilascio degli ostaggi. Secondo il quotidiano i rapitori fanno parte di un gruppo armato delle tribù arabe del Sudan. Le richieste sarebbero state avanzate nel corso di una telefonata tra i sequestratori e i mediatori sudanesi, tra i quali vi sarebbero diversi capi tribù del Darfur, che stanno gestendo le trattative per il rilascio degli ostaggi stranieri.

Medici senza Frontiere ha annunciato che ritirerà tutto il suo personale dal Darfur. A Bruxelles, il direttore generale della sezione belga di Msf, Christopher Stokes ha detto che l’organizzazione «sta ritirando le sue ultime squadre dal Darfur». A partire saranno «tutte le squadre di tutte le sezioni di Msf». Unica eccezione, ha spiegato Stokes, sarà il personale che ha il compito di tentare di ottenere la liberazione dei tre rapiti. Già nei giorni scorsi si erano ritirate le sezioni di Francia e Olanda, rimaste erano solo quielle di Svizzera, Spagna e Belgio. Stokes ha comunque confermato di aver avuto contatti con i tre rapiti (un italiano, un canadese e un francese), sottolineando che «stanno bene e vengono trattati bene». Secondo una prima ricostruzione dei fatti, i rapitori avrebbero fatto irruzione ieri sera nella sede di Msf a Saraf Umara, circa 200 chilometri a ovest di el Fasher, capitale del Nord Darfur. Assieme ai tre operatori rapiti, hanno confermato fonti di Msf, c’erano altri due operatori locali, rilasciati quasi subito.
Nei giorni scorsi, in seguito alla condanna del presidente sudanese Omar al Bashir, le autorità di Khartoum avevano espulso dal Darfur 13 organizzazioni non governative, tra cui Msf Francia e Olanda.

 

Il caso Strada.

Intanto fa discutere l’uscita del fondatore di Emergency. «Il mandato di cattura emesso dal tribunale penale internazionale contro il presidente Omar al Bashir è grottesco», ha detto qualche giorno fa Strada. «Come fa un istituto come la Corte che non è riconosciuto dal Sudan ad emettere un provvedimento contro un cittadino sudanese e per di più presidente?». Secondo Gino Strada, che a Khartoum ha realizzato un ospedale cardiologico d’eccellenza e sta per aprire un centro pediatrico a Nyala in Darfur, il mandato d’arresto spiccato dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente sudanese Al Bashir per i crimini commessi in Darfur si trasformerà in un boomerang, innanzitutto per la stessa Corte («La credibilità del Tribunale de l’Aja è così minata per sempre» ha detto a Il Corriere). Una posizione che fa discutere soprattutto in queste ore, dopo la notizia del rapimento del medico italiano insieme a due colleghi di Medici senza frontiere.

Secondo alcuni analisti il mandato d’arresto mette in pericolo persino il processo di pace già in stadio avanzato con il Sud Sudan. Secondo altri, le reazioni di Al Bashir sono il colpo di coda di un regime che sta cadendo e la Corte ha fatto bene a dare un segnale politico per accellerare la risoluzione della crisi in Darfur. Vita.it lancia un sondaggio tra i lettori (vota nella colonna di destra).

 

La presa di posizione di Mario Mauro

Sull’umanitario in Darfur è intervenuto il Vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro (leggi qui) insieme ad altri 9 deputati del Partito popolare europeo, riferisce l’Ap: «il Parlamento europeo condanna l’espulsione delle agenzie umanitarie da Kartoum in risposta al mandato di arresto per il presidente Al Bashir» ha annunciato lo stesso Mauro a commento della Risoluzione sull’espulsione delle Ong dal Darfur approvata oggi a Strasburgo. «Siamo di fronte al rischio concreto di una catastrofe umanitaria, per questo le istituzioni europee chiedano con forza il ritorno delle Organizzazioni umanitarie espulse dal Sudan e l’immediata riapertura del centro Amel per la riabilitazione delle vittime di violenza» prosegue Mauro. «La comunità internazionale prosegua senza sosta a sollecitare azioni di pace e giustizia in Sudan».

Sullla situazione dell’umanitario leggi l’inchiesta sulle ong in Darfur di Vita.it


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