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E Yunus spiazzò tutti: Grameen anche in Italia

Come funzionerà la filiale del banchiere dei poveri

di Carmen Morrone

Nel corso della sua tre giorni italiana Muhammad Yunus ha lasciato il segno: lunedì 2 marzo, durante la conferenza stampa ha infatti annunciato la nascita di Grameen Italia. Una notizia che era nell’aria (un giornale l’aveva anticipata settimane fa senza ricevere smentite dai diretti interessati), ma che è pur sempre clamorosa. Infatti l’Italia è il secondo Paese occidentale in cui Grameen ha deciso di aprire una “filiale”, dopo gli Usa. I partner italiani sono tre: Unicredit Banca, la Fondazione Unidea e l’università di Bologna con il suo Osservatorio internazionale del microcredito. È stato concluso lo studio di fattibilità e la richiesta di autorizzazione a Bankitalia potrebbe partire prima dell’estate.
All’origine del feeling tra Yunus e l’Italia c’è l’università di Bologna. Era stato infatti Stefano Zamagni, allora preside della facoltà di Economia, a chiamare il banchiere dei poveri, prima ancora che fosse insignito del Nobel, per conferirgli la laurea honoris causa. «I contatti con Yunus risalgono al 2000», spiega Luisa Brunori, che a Bologna dirige il corso di alta formazione Imprenditore sociale esperto in microcredito. «Infatti Yunus lavora con i gruppi di persone, creando così capitale sociale. La sua esperienza ci aveva portato a riflettere sull’economicità dei gruppi e Zamagni è stato l’ispiratore iniziale di questo interesse intrecciando psicologia ed economia». In seguito il banchiere dei poveri ha accettato di essere docente in un master su «Psicologia, devianza e marginalità». «Come psicologa», continua la Brunori, «non avevo mai pensato di aggiungere alle dinamiche dei gruppi l’aspetto del denaro, l’incontro fra relazioni e denaro ha fatto nascere un mix virtuoso perché le une rafforzano le altre».
Nelle giornate italiane Yunus ha studiato i prossimi passi dell’operazione Grameen Italia (questo è il nome della futura società di “intermediazione finanziaria”: non una banca, dunque) con Alessandro Profumo, ad di Unicredit, e con Paola Pierri, presidente di Fondazione Unidea. In realtà il cammino è ancora lungo. Dopo lo studio di fattibilità realizzato su indicazione dello stesso Yunus con l’Osservatorio dell’università bolognese, bisogna creare la vera e propria struttura. Che non sarà quindi una banca ma un istituto di intermediazione finanziaria (non può prevedere depositi ma solo erogare crediti). Quanto ai tempi, dal momento della richiesta di autorizzazione a Bankitalia passano circa quattro mesi per avere il semaforo verde. «Quindi prevediamo di fare l’annuncio ufficiale della nascita di Grameen Italia in autunno», si sbilancia Paola Pierri. Lo staff di Grameen è molto rigido riguardo ai criteri. Loro non prevedono nessuna segmentazione del mercato, cioè nessun interlocutore può essere escluso in partenza. Quello che viene definito “microcredito produttivo” si basa sulla capacità di cogliere le caratteristiche delle persone e di capirne sia le potenzialità che l’affidabilità. «Del resto», dice Luisa Brunori, «quello della Grameen Bank si è dimostrato il modello più efficace, più comprensivo dal punto di vista delle diverse variabili in gioco».
Ma un modello che funziona in Bangladesh può funzionare anche in un Paese così diverso come l’Italia? L’esperienza di Grameen Usa sembra dissolvere i dubbi. Oltreoceano Yunus ha iniziato le attività da un anno, concedendo 500 microcrediti, con una media di 2mila dollari. Le percentuali di rimborso sono per ora al 99,7%.
Intanto a Bologna ci si attrezza a preparare persone che potrebbe entrare a far parte dello staff di Grameen Italia. «È allo studio un progetto per creare una summer school la prossima estate e speriamo di coinvolgere esperti della Grameen Bank».


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