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Il living will nel mondo

Come trattano la materia i principali paesi occidentali

di Lorenzo Alvaro

Il provvedimento sul delicato tema del fine vita, approvato dal Senato, ha subito una brusca accelerazione con l’epilogo del caso Englaro, che ha acceso i riflettori sulla lacuna legislativa esistente nel nostro Paese.

Ma come è regolata nel mondo la complessa materia del fine vita?
Ecco alcuni esempi di legislazione sul fine vita dei principali paesi occidentali:

STATI UNITI D’AMERICA: Sono gli States a regolamentare per primi, con il «Patient self determination Act», risalente al ’91, il Testamento biologico o Testamento di vita (Living will) a conclusione di un lungo confronto iniziato negli anni ’70 nelle Corti supreme di vari Stati, nella Corte federale, e nella società civile. Oggi è delineabile la seguente situazione: nutrizione e idratazione sono considerati trattamenti sanitari, non mezzi per il mantenimento della vita; il paziente cosciente e capace può rifiutare i trattamenti anche se di sostegno vitale; per quanto riguarda il paziente non più cosciente, va rispettato il suo rifiuto di terapie se espresso e documentato in condizioni di capacità; se il paziente non più cosciente non ha espresso, in condizioni di capacità, una propria volontà sulle cure, la decisione sulle scelte terapeutiche sarà presa da un fiduciario (substituted judgement), solitamente un familiare.

CANADA: A differenza che negli States, non esiste una politica uniformatrice in materia di «living will». Solo in alcuni Stati, come ad esempio Manitoba e Ontario, le direttive anticipate di trattamento hanno valore legale. Negli altri, invece, ogni Provincia assume decisioni autonomamente e in maniera diversa.

AUSTRALIA: Anche qui, come in Canada, manca una legge uniformatrice, tanto che è in corso un acceso dibattito che vede tuttavia contrapposti coloro che vogliono una normativa che regoli il testamento biologico e i fautori dell’eutanasia, soprattutto per i malati terminali. Vi sono poi, anche in Australia, alcuni Stati che si sono dotati di una legge sul «Living will», con provvedimenti che ricalcano la normativa statunitense.

In EUROPA non esiste ancora una disciplina sul Testamento biologico recepibile dagli Stati membri, alcuni dei quali, comunque, hanno adottato autonomamente normative in materia, andiamo a vedere quali:

BELGIO: È dal 2002 che nel piccolo Stato europeo è prevista l’eutanasia, su richiesta esplicita del paziente. Ai cittadini viene riconosciuta anche la possibilità di predisporre un testamento biologico con dichiarazioni anticipate di trattamento, scegliendo a quali cure sottoporsi e quali rifiutare.

DANIMARCA: Con una legge sul «living will» è stata istituita un’apposita «Banca dati elettronica», che custodisce le direttive anticipate presentate dai cittadini. In caso di malattia incurabile o di grave incidente, i danesi che hanno depositato il testamento medico, documento che ogni camice bianco è tenuto a rispettare, possono chiedere l’interruzione delle cure e dei trattamenti, e di non essere tenuti in vita artificialmente. Nel caso di sopravvenuta incapacità, il diritto del malato può essere esercitato dai familiari.

FRANCIA: La materia del fine vita è regolamentata con una legge del 2005, che riconosce il principio di rifiuto dell’accanimento terapeutico, e prevede che possano essere sospesi o non iniziati gli atti di prevenzione, indagine o cura che appaiano inutili, sproporzionati o non aventi altro effetto che il mantenimento in vita artificiale del paziente. È riconosciuta la figura del fiduciario, da consultare nel caso il paziente sia incapace di esprimere le proprie volontà. Se non c’è direttiva, comunque, la scelta spetta ai medici.

GERMANIA: Manca una norma ad hoc, ma il testamento biologico trova attuazione nella pratica e conferma nella giurisprudenza. La Corte Suprema federale, infatti, emise nel marzo 2003 una sentenza con la quale dichiarava la legittimità e il carattere vincolante della «Patientenverfuegung», termine tedesco che sta per volontà del paziente, riconducendola «al diritto di autodeterminazione dell’individuo». Se non c’è volontà scritta, decide il giudice tutelare.

INGHILTERRA: Realtà analoga a quella tedesca nel Regno Unito, dove il «living will» è riconosciuto fin dal 1993, da una consolidata giurisprudenza che ha anche fissato alcune condizioni per la validità del testamento biologico. L’orientamento britannico su questo delicato tema si è delineato soprattutto attorno al caso Blond, relativo a un paziente in stato vegetativo che veniva alimentato e idratato artificialmente, proprio come Eluana Englaro. I giudici decisero che i medici non avevano l’obbligo di somministrare trattamenti divenuti inutili a seguito della valutazione scientifica della condizione di vita del paziente e che, quindi, non erano rispondenti al suo «migliore interesse». Per cui se il paziente non era in grado di accettare o rifiutare i trattamenti e non aveva rilasciato in precedenza una dichiarazione di volontà in materia, una volta informati i familiari, si poteva legittimamente procedere all’interruzione dei trattamenti. Vi è ora allo studio una norma, presso l’ordine dei medici Gb, che prevede la radiazione dall’albo per quei medici che disattendono il testamento biologico.

OLANDA: È notoriamente il primo Paese al mondo che, nel 2001, ha modificato il Codice penale per rendere legali, in alcune circostanze rigorosamente disciplinate, sia l’eutanasia sia il suicidio assistito dal medico. Questa normativa contiene anche la disciplina relativa al testamento biologico. Le dichiarazioni di volontà possono essere sottoscritte anche da minori, purchè i genitori siano d’accordo se il minore ha fra i 12 e i 16 anni, mentre se ha fra i 16 e i 18 anni è sufficiente che ne siano stati informati.

SPAGNA: Le norme sulle dichiarazioni anticipate di volontà in Spagna sono contenute all’interno di una più ampia legge sui diritti dei pazienti entrata in vigore nel 2003. È dunque riconosciuta al cittadino maggiorenne la facoltà di manifestare anticipatamente e per iscritto la propria volontà in merito a cure e terapie cui essere sottoposto, nel caso dovesse perdere la capacità di esprimerle personalmente. Egli può inoltre nominare un suo rappresentante, dunque anche qui entra in gioco la figura del fiduciario, che può fungere da interlocutore con i medici per realizzare le sue volontà ed evitare che ci sia accanimento terapeutico.

 

Ecco cosa prevede invece il testo approvato dal Senato italiano

Nell’ articolo 1 del testo vengono delineate le finalità del Ddl che vuole garantire l’inviolabilità e l’indisponibilità della vita umana, nonchè la tutela della salute come fondamentale diritto del cittadino e della collettività. Si precisa il divieto di ogni forma di eutanasia attiva e al suicidio assistito, e si sancisce il divieto di forme di accanimento terapeutico, anche se, nel testo emandato che ha avuto il via libera dell’Aula, non si fa mai esplicito riferimento letterale all’accanimento terapeutico, depennato dal testo con una serie di emendamenti.
Sempre il primo articolo accoglie anche il passaggio sul consenso informato.

All’articolo 2 si disciplina il consenso informato.

All’articolo 3 si entra nel vivo della delicata questione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali. L’articolo, infatti, disciplina i contenuti e i limiti delle «Dichiarazioni anticipate di trattamento» (Dat), attraverso le quali il dichiarante esprime il proprio orientamento sui trattamenti medico-sanitari e di fine vita in previsione di una futura perdita delle capacità di intendere e di volere. Non possono essere inserite indicazioni finalizzate a eutanasia attiva od omissiva. E si specifica, inoltre, che alimentazione e idratazione artificiale, in quanto forma di sostegno vitale, non possono costituire oggetto di dichiarazioni anticipate. Ciò significa, in altre parole, che non verrà data la possibilità di scegliere anticipatamente, e in piena coscienza, di non sottoporsi ad alimentazione e idratazione artificiali qualora ne avessimo bisogno trovandoci in condizione di disabilità. Nel testo si determina, inoltre, che le Dat acquistano efficacia dal momento in cui il paziente in stato neurovegetativo sia incapace di intendere e di volere. La valutazione dello stato clinico spetta a un collegio formato da 3 medici, composto da un neurologo, un anestesista-rianimatore e un medico legale, sentiti il medico curante e il medico specialista della patologia.

Nell’ articolo 4 si afferma che le Dat non sono obbligatorie e devono essere redatte in forma scritta da persona maggiorenne in piena capacità di intendere e di volere, raccolte dal medico curante e non più dal notaio come previsto nel testo originario. Sono sempre revocabili e modificabili e hanno validità di 5 anni, termine oltre il quale perdono efficacia.

L’articolo 5 prevede l’assistenza ai pazienti in stato vegetativo.

L’articolo 6 invece disciplina la figura del fiduciario, che, in collaborazione con il medico curante, si impegna a far sì che si tenga conto delle indicazioni sottoscritte dal paziente.

L’articolo 7 garantisce al medico la possibilità di disattendere le Dat, sentito il fiduciario, qualora non siano più corrispondenti agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche. In caso di controversia tra medico e fiduciario la questione va sottoposta alla valutazione di un collegio di medici composto da un medico legale, un anestesista-rianimatore e un neurologo, sentiti il medico curante e il camice bianco specialista della patologia. Tale parere non è vincolante per il medico curante, il quale non è tenuto ad applicare prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico.

All’articolo 8 si disciplina l’ipotesi di contrasto tra soggetti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario in assenza del fiduciario. La decisione viene autorizzata dal giudice tutelare su parere del collegio medico, o in caso di urgenza sentito il medico curante.

All’articolo 9, contenente disposizioni finali, è prevista infine l’istituzione di un registro nazionale, una sorta di archivio delle Dat, al ministero del Welfare, in cui confluiranno i testamenti biologici raccolti. Le Dat non sono soggette all’obbligo di registrazione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qualunque altro tributo.

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