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Cooperazione & Relazioni internazionali

GAZA. Sono veri aiuti?

Se lo chiede il mensile della Custodia di Terrasanta

di Redazione

Ma gli aiuti per Gaza sono veri aiuti? A chiederselo è il portale di notizie della Custodia di Terrasanta. «La Conferenza internazionale dei donatori svoltasi a Sharm el-Sheikh, Egitto, il 2 marzo scorso, ha riversato sulla Palestina e sulla martoriata Striscia di Gaza un fiume di denaro» scrive il direttore Giuseppe Caffulli. «Rispetto ai previsti 2,7 miliardi di dollari, ne sarebbero stati sottoscritti 5,2 di cui una parte destinata alla ricostruzione di Gaza e una consistente fetta finalizzata a rimpinguare le asfittiche casse dell’Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania e a rafforzare il governo del presidente uscente Abu Mazen. A questo enorme flusso di denaro, vanno aggiunti anche i 7,7 miliardi in tre anni già precedentemente stanziati alla Conferenza di Parigi».

«Qualcuno si è divertito a calcolare che la donazione pro-capite per ogni cittadino di Gaza e della Cisgiordania è di 3.500 dollari, una cifra esorbitante se si calcola che nella Striscia la maggior parte della gente campa con meno di 3 dollari al giorno» prosegue il portale.

«L’esito del vertice egiziano e l’esposizione economica della comunità internazionale (che ha assistito quasi impotente alla crisi di Gaza) dimostra una verità inconfutabile: non sono certo i soldi che mancano in Terra Santa. Manca (sia sul versante israeliano che palestinese) una vera volontà politica di risolvere il conflitto e di pagare il prezzo (anche doloroso) che la pace comporta».

«Aiuti così ingenti (necessari, ma che spesso finiscono per alimentare corruzione e clientele, senza arrivare a produrre un vero beneficio per la popolazione) sono solo un pannicello caldo, un espediente buono a lavarsi la coscienza di fronte a una tragica situazione di stallo».

«Senza la seria ripresa di un percorso verso la pace e la riconciliazione tra Israele e Palestina» conclude l’editoriale di “Terrasanta” «gli aiuti a Gaza e alla Cisgiordania denunciano solo il limite di una politica internazionale che preferisce prendere tempo, invece di impegnarsi e agire. Fino alla prossima, tragica crisi».

 


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