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FINE VITA. Turco: «Non possono esserci valori non negoziabili»

Discussione sui principi, ieri, in Commissione Affari sociali della Camera

di Sara De Carli

Dichiarazioni di principio nella terza seduta sulle dichirazioni anticipate di trattamento, ieri in Commissione Affari Sociali della Camera.

Livia Turco ha ribadito che la condizione per avere un testo condiviso è che «non possano esservi valori non negoziabili». A suo parere «su questi temi l’atteggiamento del legislatore non deve essere simile a quello di un guerriero che propugna valori, bensì a quello di un tessitore, nel senso che deve essere orientato alla costruzione della più ampia condivisione possibile. Serve una norma chiara e mite, rispettosa della pietas e della diversità irripetibile di ogni persona. Per queste ragioni il concetto della relazione di cura possa costituire il bandolo utile a dipanare molte delle matasse in cui rischia di aggrovigliarsi la discussione e, in particolare, il cosiddetto problema dell’ora per allora.

 

Sul nodo fondamentale di idratazione e alimentazione, quello attorno al quale verosimilmente tornerà ad infiammarsi il dibattito, la Turco ha ricordato che il documento del consiglio nazionale della Federazione degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri «definisce tali pratiche come trattamento assicurato da competenze mediche e sanitarie. Naturalmente, il fine di dette pratiche non è prettamente terapeutico, consistendo nel sostegno alle funzioni vitali, e proprio tale caratteristica è alla base della loro problematicità sul piano etico. Tuttavia, non vi è dubbio che il carattere invasivo accomuni tali pratiche ai trattamenti sanitari. Si pone pertanto con particolare forza, in relazione alla nutrizione e all’idratazione artificiali, l’esigenza di evitare l’accanimento terapeutico e al tempo stesso, di rispettare il principio di precauzione».

La conclusione della Turco è che «la Commissione non voglia limitarsi a ratificare le conclusioni cui è giunto il Senato, ma accetti di confrontarsi sul problema della legittimità e dell’opportunità di un intervento legislativo in un ambito materiale caratterizzato da rilevanti incertezze e divisioni della scienza medica, laddove sarebbe forse preferibile rinviare la soluzione dei casi concreti all’alleanza terapeutica tra medico e paziente». Una posizione nuova, che sembra insinuare un dubbio sulla stessa opportunità della legge.

 

Posizione opposta quella di Paola Binetti, che auspica che il problema dell’alimentazione e dell’idratazione artificiali «non sia ridotto alla questione della sua natura sanitaria o non sanitaria, dal momento che l’epilogo della vicenda di Eluana Englaro ha mostrato, al di là di ogni distinzione teorica, che l’interruzione di tali trattamenti provoca, in tempi rapidi, il decesso del paziente. Invita, pertanto, tutti i colleghi ad evitare l’ipocrisia di una unanime dichiarazione di contrarietà all’eutanasia».

Sull’opportunità della legge, pensa che serva «una legge chiara, concreta, concisa e completa, oltre che attenta alle esigenze della persona. Sottolinea, altresì, la necessità di definire in modo chiaro i destinatari della norma, distinguendo meglio di quanto non faccia il testo trasmesso dal Senato tra soggetti in stato vegetativo e malati terminali, dal momento che solo per questi ultimi, a suo avviso, l’alimentazione e l’idratazione artificiali potrebbero, in taluni casi, configurare una forma di accanimento terapeutico».


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