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Sostenibilità sociale e ambientale

Il percorso a ostacoli verso il ritorno dell’atomo all’italiana

Nucleare, ecco le tappe previste dalla "legge Sviluppo"

di Silvano Rubino

Entro sei mesi dovranno essere individuati i siti delle centrali,
ma anche quelli dello smaltimento delle scorie. Una prospettiva realistica? A detta degli ambientalisti, tutt’altro… Si fa presto a dire nucleare. La “legge Sviluppo” (99/2009) lo ha messo nero su bianco: l’Italia torna all’atomo. Ma la strada verso l’apertura dei primi reattori è ancora tutta da compiere. La legge traccia una road map, con tempi definiti. Entro sei mesi dall’approvazione della legge (quindi da luglio) il governo dovrà emanare una serie di decreti legislativi, «per consentire la localizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile nucleare e del materiale irraggiato, dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi, la definizione delle misure compensative per enti e popolazioni locali». Insomma, già a marzo, secondo il testo di legge, dovremmo sapere dove sorgeranno le nuove centrali e tutte le infrastrutture collegate, dalla produzione del combustibile sino al deposito delle scorie. Una tempistica a cui Stefano Lenzi, responsabile Settore legislativo WWF Italia, guarda con scetticismo: «Non è realistica. Si parla di passaggi come se fosse questione burocratica, ma non sarà esattamente così». Le Regioni vorranno dire la loro (e a marzo, tra l’altro, si vota in moltedi esse): «Con loro dovrebbe riprendere un tavolo di concertazione serio, il nucleare non si potrà fare a forza di liste proposte e imposte», sostiene Lenzi. Tanto più che il fronte del no sul territorio, dalle associazioni ambientaliste ai comitati già sorti in alcune zone (vedi box) è già pronto a dare battaglia, anche con ricorsi alla giustizia amminsitrativa. Sempre la “legge Sviluppo” demanda al Cipe il compito, ancora entro sei mesi, di definire «le tipologie degli impianti nucleari che possono essere realizzati in Italia». Un passaggio poco più che formale, visto che di fatto esiste già un accordo con i francesi di Edf per la costruzione di impianti di terza generazione.
Insomma, secondo Lenzi «il terreno è pronto, ma al solito difetta la pianificazione delle scelte e la programmazione economico-finanziaria degli interventi». Sui costi, secondo il WWF, il percorso stabilito dalla legge è tutt’altro che chiaro e bisogna affidarsi a stime: «Per costruire un parco di 10 centrali in Italia, per un totale di 10-15 mila MW di potenza installata, si possono stimare costi reali superiori ai 50 miliardi di investimenti, in gran parte pubblici», dice Lenzi.
Costi altissimi (a cui si dovrebbero aggiungere quelli del resto del ciclo, smaltimento delle scorie comprese) che «lascerebbero solo le briciole per investimenti in altre fonti». Basta citare un dato: dal 1992 al 2005 nei Paesi Ocse il nucleare da fissione ha usufruito del 46% degli investimenti in ricerca e sviluppo, quello da fusione del 12%, mentre alle rinnovabili è stato destinato appena l’11%. «Continuano a ripetere che i privati sono interessati al progetto: ma non c’è Paese al mondo dove il nucleare non sia ampiamente sovvenzionato. Quindi lo pagheremo in bolletta», attacca Lenzi.
Meno ricerca per le rinnovabili, quindi. Un fatto in qualche modo sancito da un altro passaggio della legge sviluppo: quella che stabilisce la trasformazione dell’Enea, oggi Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, in Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico, ente di diritto pubblico sotto la vigilanza del ministro dello Sviluppo economico, che si occuperà di ricerca e innovazione tecnologica nei settori dell’energia «con particolare riguardo al settore nucleare» (art. 37).
Il tutto in assenza della tanto attesa «Strategia energetica nazionale» che in teoria avrebbe dovuto essere definita entro il dicembre 2008, ma di cui ancora non c’è traccia: «Un governo virtuoso», sostiene Lenzi, «avrebbe prima varato la Strategia, definendo i reali bisogni energetici del Paese. E poi caso mai fatto la scelta nucleare». Sulla cui utilità nella lotta al riscaldamento climatico, peraltro, il WWF ha più di una perplessità, principalmente legata ai tempi di realizzazione. Se tutto dovesse andare come previsto dal governo (e come abbiamo visto è assai difficile che accada) il primo reattore entrerà in funzione tra dieci anni. E nessuno darà all’Italia così tanto tempo per rimettersi in linea sul fronte degli obblighi di riduzione del gas serra.


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