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Education & Scuola

ripetizioni? per qualcuno non sono più un business

Un gruppo di docenti offre lezioni private a prezzi calmierati

di Sara De Carli

A Milano una piccola associazione sta tentando
di cambiare le regole del mercato milionario dei recuperi in nero. Hanno risposto più di cinquecento studenti: rispetto ai prezzi “normali”, si risparmia almeno la metà. Ma l’idea piace anche agli insegnanti: cinquanta sono già soci
Niente sito sul web, per evitare troppa visibilità. Se la pubblicità è l’anima del commercio, Micol Saletti viaggia in consapevole controtendenza. I grandi numeri le mettono «terrore», anche se è una prof di matematica: quello di «non poter più a conoscere uno per uno i miei ragazzi, che il mio cervello dia forfait e io non riesca più ad aver presente la situazione di ciascuno».
Micol Saletti insegna da quando aveva 19 anni. Ha cominciato con le ripetizioni, undici anni fa, per guadagnare qualche lira durante l’università. L’anno scorso, nei suoi cinque locali al centro di Milano, sono passati 550 studenti. Tutti arrivati con il passaparola. Un parco-clienti ragguardevole, ma lei preferisce dire soci. La definizione tecnicamente è quella giusta. Micol infatti nel 2007 ha mollato scuole e classi, dove nel frattempo insegnava, per dedicarsi solo alle lezioni private. Ha fondato un’associazione, Culturalmente-in memoria del dottor L. Saletti, che oggi conta 14 docenti assunti a tempo indeterminato e una quarantina tra prof pagati a collaborazione occasionale e professionisti a partita Iva. La prima regola fondamentale è che a tutti i ragazzi devono poter dare del tu: «Perché qui dentro è ovvio che ci sono ruoli diversi, ma gli adulti sono qui per aiutare i ragazzi a crescere, come in famiglia, e in famiglia non ci si dà del lei», spiega Micol. La veste giuridica non la cambierebbe, nonostante come associazione alcuni servizi importanti, come gli esami in sede, non li possa offrire: «Cambierebbe la natura della proposta, voglio tenere il ragazzo al centro».

Ripetizioni H24
Culturalmente è aperto 7 giorni su 7, dalle 8,30 alle 21, perché gli studenti soci, in cerca anche solo di un luogo per studiare, vanno dai 7 ai 72 anni, con un zoccolo duro concentrato nella fascia tra i 14 e i 26. Ripetizioni, quindi, ma anche lezioni private per universitari, qualche anziano che vuol togliersi lo sfizio di risolvere equazioni di terzo grado, un crescendo di piccolissimi figli di stranieri, con genitori che non si raccapezzano né con la lingua né coi programmi e tanti, tantissimi recuperi di anni scolastici. Ogni giorno varcano la porta un’ottantina di ragazzi. Fra drop out, fragilità psicologiche, difficoltà relazionali, povertà economica, il 40% di essi vive una forma di disagio. Se è vero che la scuola è la realtà che in Italia produce più integrazione, è anche vero che a volte fallisce. E qualcuno i cocci deve provare a raccoglierli.
La differenza con un Cepu qualsiasi è quell’ostinazione anti spot di Micol e il rapporto costante con i genitori: per esempio, dopo un quarto d’ora di tolleranza sull’orario concordato, parte un sms sul cellulare di mamma e papà. Ma soprattutto i prezzi. Un’ora di lezione privata costa 20 euro, fattura inclusa; fuori di qui, la stessa ora costa tra i 40 e i 60 euro. Le famiglie risparmiano come minimo la metà. I percorsi per prepararsi a un esame da privatista o per fare due anni in uno, poi, hanno un costo forfettario di 500 euro al mese, con un plateaux minimo di 100 ore: 5 euro all’ora. E in più ci sono tutte le eccezioni. Nonostante i numeri, per l’associazione significa stare perennemente con il bilancio sul filo del rasoio. «Qualcuno se ne è andato per replicare il modello per conto suo», spiega Micol. «Ma se lo concepisci solo come business, il gioco non vale la candela. Questo spazio funziona perché tutto il guadagno viene reinvestito nell’associazione, in servizi per i ragazzi».

Prof in libera concorrenza
Dei 20 euro all’ora, 12,50 vanno all’insegnante, il resto rimane all’associazione. Se il vantaggio per le famiglie è chiaro, meno evidente è quello per i docenti. Anche perché c’è pure una sorta di “concorrenza” interna: proprio come sul libero mercato, infatti, qui dentro i ragazzi possono cambiare prof in qualsiasi momento e migrare verso un altro docente. Così, da un giorno all’altro, il prof può arrivare e trovare un alunno in meno segnato sul tabellone affisso all’ingresso. Micol è sicura che questa frustazione fa solo migliorare la qualità: tanto dell’offerta complessiva quanto della propria personale didattica. D’altronde «senza feeling non si apprende nulla. E il primo compito, per noi, è riattizzare una scintilla di passione». In più l’associazione garantisce al docente una continuità di lavoro e lo sgrava dal rapporto diretto con i genitori, sempre più spesso conflittuale.
Ma il fascino vero è quel tempo passato a tu per tu con un ragazzo. Altro che “arrotondare”. «Quando qualcuno dei prof se ne va perché gli è stata assegnata una cattedra nelle scuole, lo saluto sempre dicendogli: “Ti do tempo un mese”», scherza Micol. Spesso ci ha visto giusto: i “suoi” prof sono tornati.


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