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Tendopoli addio

Tutti i campi sono stati sgomberati: i volontari tornano a casa. Ancora in 18 mila negli alberghi

di Lorenzo Alvaro

Il volontariato della Protezione Civile ha terminato la propria missione e torna a casa. Dopo sette mesi dal sisma che il 6 aprile ha colpito la conca aquilana non c’è più nessuno in tenda. Con la chiusura dei Com i cittadini sono stati dirottati nelle C.A.S.E. o nei Map. I tempi di sgombero, che avevano visto slittare la data in avanti fino al 31 dicembre prossimo, arrivano in anticipo di quasi un mese. Risultano però alloggiati in albergo ancora circa 18 mila persone. Solo 10 mila di queste riusciranno ad entrare nel proprio alloggio nei tempi stabiliti. In circa 8 mila dovranno aspettare dopo Natale.

I numeri
Per quanto riguarda il progetto C.A.S.E. Gli edifici sono in totale 183 suddivisi in 30 lotti da 5 stabili ciascuno. Ogni palazzina da vita a 25-30 appartamenti. Rispetto al progetto originario sono 33 gli edifici aggiunti. In totale saranno consegnati 4600 appartamenti che ospiteranno 17 mila persone (tutte con case certificate E, F o Zona Rossa). Il costo dell’operazione è stato complessivamente di 819.320.194 euro. 700 milioni sono stati stanziati dal decreto Abruzzo (400 per il 2009 e 300 per il 2010) mentre 40 milioni di euro provengono dalle donazioni. I Moduli abitativi provvisori (Map) invece sono 2300 che danno e daranno alloggio a 6000 cittadini. I Map sono di tre tipi: Map40 (circa 40mq, per una persona), Map50, (circa 50mq, per 2-3 persone), Map70, (circa 70mq, per 4-6 persone). Il costo del piano Map è stato di 85.096.000 euro. 

Il vero problema è la ricostruzione
«Lo sgombero è stato morbido», spiega Carmine Lizza, vice responsabile nazionale Protezione Civile Anpas, «si è svolto tutto in modo tranquillo e graduale. Appena la gente ha trovato sistemazioni accettabili è andata via. Non ci sono state forzature. Abbiamo fatto fatica  mantenere le postazione ma siamo riusciti lo stesso a garantire tutti i servizi fino alla fine». 
I tempi sull’emergenza sono stati ottimi e hanno, mese più mese meno, rispettato la tabella di marcia. In massimo otto mesi tutti avranno un tetto sulla testa, che, pensando al caso irpino, può considerarsi un successo.
«Il fatto è che è solo l’inizio», spiega Giustino Parisse, caporedattore de Il Centro, «l’alto numero di persone ancora negli alberghi sottolinea che non è ancora finita. In ogni caso anche quando l’ultimo aquilano avrà un tetto saremo solo alla conclusione dell’emergenza. Da lì incomincia la parte importante: la ricostruzione». Le C.A.S.E. infatti provvisorie. «Bisognerà cominciare tutte le operazioni necessarie per partire con l’opera restauratrice. Le stime, molto empiriche naturalmente parlano di 30 miliardi di weuro solo per ricostruire i centri storici. Se si vuole fare tutto in dieci anni vuol dire 4 miliardi l’anno per dieci anni. Ad oggi sono stati stanziati 4/5 miliardi.», spiega Parisse che aggiunge «Questa non è la soluzione. E non può durare troppo a lungo perchè, come ha detto qualcuno magari esagerando un po’, nel frattempo L’Aquila marcisce. La città storica è alla mercè delle intemperie. non si sa cosa ritroveremo a settembre». Dello stesso avviso anche Roberto Museo responsabile di Csv.net, «come dico sempre c’è stata una risposta forte. Risulta evidente quando si guarda alle famiglie che oggi hanno un tetto. Un’azione di Governo che ha rispettato i termini previsti. Le case sono dignitose. Questa è la percezione della gente. Detto questo credo che il vero problema, stia nel capire chi pagherà e con che soldi la ricostruzione del centro storico. Questo forse è il punto vero su cui avere chiarimenti e risposte concrete».
«Per fare un esempio», conclude Parisse, «esci e apri l’ombrello. Però non è che puoi stare sotto l’ombrello per sempre, prima o poi devi tornare a casa».

Università
All’Università L’Aquila guarda con apprensione. L’ateneo è il fulcro di tutto per la città e i 16 mila iscritti per l’anno accademico 2010-2011 (l’anno prima erano 30 mila) sono da considerare come un bicchiere mezzo pieno.
«Uno dei filoni d’intervento dell’Acri è proprio l’università», spiega Roberto Marotta, presidente Cassa di Risparmio provincia dell’Aquila, «in particolare vogliamo creare un Istituto multi disciplinare per lo studio dei terremoti. Vorremmo costruire una scuola di valenza internazionale per realizzare un attrattore di cervelli e di studenti». Insomma puntare sull’università aquilana con progetti a lungo termine «all’inizio volevamo proporre bandi per finanziare borse di studio. Con l’ordinanza del ministero che prevedeva la sospensione del pagamento delle rette abbiamo deciso di non puntare invece sugli incentivi ma sul fattore didattico e scientifico». La creazione di questo volano, con la speranza che cresca e diventi una realtà importante a livello nazionale però subisce ancora il gap dovuto al terremoto. Servirebbero infatti ancora 8 mila posti letto in più per garantirsi un futuro scongiurando il pendolarismo quotidiano degli studenti. Attualmente, i posti letto disponibili sono 212, tutti all’interno della Reiss Romoli. Per i restanti il Comune dell’Aquila è pronto a presentare la richiesta alla Protezione civile di 300 moduli abitativi (Map), 1000 moduli removibili oltre all’apertura di Casale Marinangeli. Famosa per essere la casa dello studente antisismica mai aperta, in grado a pieno regime di garantire 70 posti, insieme ad ulteriori 60 in una residenza di Roio. Insomma una situazione in divenire ma che può risolversi per il meglio.

Protezione Civile
«Il nostro bilancio ci pare positivo. Non sta a noi giudicare ma la gestione dell’emergenza è stata tempestiva». Ha sottolinearlo è Luca Spoletini portavoce della Protezione Civile. «Rimarremo a ranghi ridotti in Abruzzo solo per gestire l’ingresso nelle C.A.S.E. e nei Map». È infatti furoi dalla giurisdizione di Guido Bertolaso la ricostruzione dei centri storici. «L’opera di recupero dell’Aquila e dei paesi limitrofi spetta agli enti locali con i fondi del Governo. È un argomento che non ci compete», aggiunge Spoletini, «per quanto riguarda l’emergenza riteniamo di chiudere il nostro impegno entro il 31 gennaio. I tempi sono slittati di circa un mese per l’aggiunta in un secondo momento di 33 piastre nel progetto C.A.S.E. Per i Map i tempi sono dettati dal rapporto con le amministrazioni comunali. Alcune sono state molto tempestive altre hanno avuto difficoltà a reperire le aree adeguate. Ma anche per queste riteniamo che fine gennaio sia la data di termine dei lavori». 
 




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