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Sanità & Ricerca

Lvia: la nostra lotta al contagio in Burundi

Il programma di una ong italiana in una provincia dove non esite nessun servizio di assistenza e prevenzione

di Redazione

La provincia di Ruyigi è tra le più povere del Burundi. Al di fuori dei pochi centri urbani, non vi è alcun servizio di assistenza e prevenzione. Le uniche strutture presenti sono i Centri di Salute, semplici dispensari che fungono da punto di riferimento per qualunque tipo di necessità e che non sono in grado di fornire nessun servizio legato all’aids.

L’associazione di solidarietà e cooperazione internazionale LVIA, che lavora in 11 paesi dell’Africa sub-sahariana, ha avviato nel 2007 un progetto di lotta all’aids che ha avuto successo, tanto che la Direzione Sanitaria ha chiesto di poter estendere il programma a tutta la Provincia di Ruyigi.


Grazie al programma avviato dalla LVIA, i dieci centri sanitari della provincia sono stati dotati di attrezzatura medica, medicinali e test per l’individuazione dell’hiv. Il personale medico dei Centri di Salute ha ricevuto una formazione tecnica sulle pratiche di prevenzione e cura della malattia, e viene continuamente supportato con sessioni semestrali di formazione e assistenza. Queste strutture oggi rappresentano il primo fondamentale gradino nell’individuazione e trattamento dei casi di aids.


Il programma promosso dalla LVIA sta limitando la trasmissione dell’hiv, concentrando gli sforzi sulla prevenzione della trasmissione del virus da madre a bambino. Le donne incinte sieropositive che aderiscono a questo protocollo, sono sottoposte a trattamento con antiretrovirale dalla 28° settimana di gestazione, e 5 giorni prima del parto un servizio di navetta gratuito garantisce il trasferimento in ambulanza all’ospedale di Ruyigi, affinché possano partorire in buone condizioni e limitare il rischio di trasmissione del virus al proprio bambino. Il programma continua a supportare le mamme anche dopo il parto. I centri, ad esempio, distribuiscono del latte e dei kit nutrizionali multi-vitaminici per permettere alle mamme sieropositive di evitare l’allattamento, che provocherebbe il contagio del neonato. Inoltre, alle donne e ai bambini sieropositivi viene garantito un supporto medico e psicologico, accompagnato dalla sensibilizzazione della comunità che, attraverso una corretta informazione, viene educata ad evitare l’isolamento dei malati.


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