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Cooperazione & Relazioni internazionali

Gaza, Israele e il muro fantasma

Rumors da Israele. Una redattrice palestinese di Yalla prova a indagare

di Redazione

Una parete “indistruttibile” sarebbe in costruzione tra la Striscia e l’Egitto. Scopo: fermare i traffici d’armi. Ma anche di viveri e medicineÈ il quotidiano israeliano Haaretz ad annunciare l’inizio della costruzione di una diga sotterranea tra l’Egitto e Gaza, progetto frutto di una collaborazione tra Stati Uniti, Israele ed Egitto. Haaretz parla di 23 milioni di dollari finanziati dagli Stati Uniti e del coinvolgimento di un team di ingegneri israeliani e americani per la realizzazione di un muro “indistruttibile” a prova di bombardamenti, lungo 10 chilometri e che raggiungerà 30 metri di profondità.
L’obiettivo? Arginare il flusso di traffici per e dalla Striscia di Gaza e proteggere Israele dai continui attacchi terroristici, dicono alcuni. Placare le pressioni di Israele e Stati Uniti nei confronti dell’Egitto, sostengono altri.
Il governo egiziano di Mubarak risponde negando l’intenzione di costruire un muro sul suolo egiziano e sostiene che i “movimenti sospetti” individuati dai corrispondenti di Haaretz sono in realtà semplici lavori di routine nella zona. Seguono dichiarazioni del governo americano. Nessun finanziamento né progettazione concordata. Silenzio da parte di Israele.
Ma cosa sta succedendo sul confine tra l’Egitto e Gaza? Ciò che si sa per certo è che nelle scorse settimane squadre operative egiziane hanno sradicato nella zona di confine numerosi alberi ed hanno cominciato «i lavori». I giornalisti chiedono di raggiungere il nuovo cantiere, ma sono respinti dalle forze dell’ordine egiziane. Vige il silenzio attorno alle gru, mentre c’è chi vocifera che 4 chilometri di muro siano già stati innalzati nel sottosuolo.
Se questa notizia corrispondesse alla verità, Gaza diventerebbe de facto una prigione a cielo aperto. Da gennaio 2009, la popolazione gazawi è vittima dell’embargo imposto da Israele. I palazzi, che sono stati demoliti durante l’operazione Piombo Fuso, sono ancora oggi cumuli di cenere. Numerosi gli edifici che affrontano l’inverno senza finestre. Scarseggiano i medicinali e gli ospedali curano quasi esclusivamente con antidolorifici di base. La pesca nel mare “israeliano” è limitata ad una distanza di 5 chilometri dalla terraferma. L’agricoltura è severamente danneggiata dalle polveri della guerra.
Per i gazawi esistono dunque solo due soluzioni per sopravvivere: l’apertura dei valichi e i tunnel. Nessuno nega che dai tunnel passino armi. Nessuno nega che ci sia un losco mercato dietro queste transizioni. Ma come poter negare che dalla ragnatela di tunnel – circa un migliaio sparsi per il confine – passino anche viveri, animali, vestiti, benzina e medicinali necessari per la sopravvivenza? La verità è che nessun muro potrà essere eretto senza prima aver trovato altre soluzioni. Resistere alla morte è un istinto naturale.


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