Attivismo civico & Terzo settore

La Chiesa nel crocevia del mondo

Il Papa a Cipro dopo l'uccisione del vescovo Padovese in Turchia

di Franco Bomprezzi

L’assassinio di monsignor Padovese in Turchia alla vigilia del viaggio del Papa a Cipro aggiunge inquietudine allo scenario esplosivo del Medioriente, già incandescente per il blitz di Israele sulla nave degli aiuti per Gaza. I giornali dedicano ampio spazio a tutti questi argomenti.

“Turchia: vescovo italiano assassinato dall’autista”, titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina. A fianco l’editoriale di Angelo Panebianco su Israele (“La fragilità di Israele”) e quello di Andrea Riccardi sul viaggio del Pontefice (“I pensieri dolorosi del Papa a Cipro”). Partiamo dalla notizia dell’assassinio: «Monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia è stato assassinato a coltellate a Iskenderun. Il vescovo, 63 anni, è stato colpito a morte dall’autista. Choc in Vaticano: «Ma non ci sono motivazioni politiche». Il Papa: «Sconcerto e dolore». «…Che ci va a fare il capo della Chiesa cattolica in un’isola tutta ortodossa? – si domanda Riccardi – «C’è poi l’imbarazzo dell’occupazione turca di un terzo dell’isola. Il Papa non visiterà quella parte, ma l’ombra turca incombe. Dopo i viaggi fra le folle cattoliche a Malta e in Portogallo, questa visita rivela una strategia che egli persegue con continuità: quella verso l’Oriente ortodosso…Per il Papa che ha teorizzato il cristianesimo come minoranza creativa, lo scopo è evitare un destino di azzeramento e irrilevanza, per farne una presenza viva e pacificante». Dal Papa a Gerusalemme, restando sempre in prima pagina, ecco qualche stralcio dell’intervento di Panebianco che parla di errori di Israele, ma anche di troppa ostilità nei suoi confronti: «…Il governo israeliano ha fatto un regalo ai suoi nemici (e sarà bene se ne pagherà il conto sul piano elettorale). E ha dato altra linfa alla generale ostilità per Israele, l’unico paese al quale non si perdona niente». All’interno i servizi sul vescovo coprono le pagine 5 e 6. “Vescovo italiano ucciso: «Aveva paura»” è il titolo di apertura. Nel pezzo di Davide Frattini si dà conto delle accusa all’autista, che suor Elena, l’assistente del capo della Conferenza episcopale turca, aveva problemi psicologici e «da almeno 15 giorni soffriva di una crisi profonda». Luigi Accattoli invece tratteggia il ritratto del monsignore sotto il titolo “Il monsignore studioso e le battaglia per i cristiani”. “Gaza, il Vaticano vuole un’inchiesta: «È ora di porre fine all’embargo»”, è infine il titolo di pag 8 che apre i servizio sull’assalto in mare. 

LA REPUBBLICA dedica la fotonotizia all’assassinio di monsignor Luigi Padovese (“Turchia, vescovo italiano ucciso in casa a coltellate”) e accanto, sempre in prima, “Il Vaticano a Israele «Via il blocco di Gaza»”. Una morte misteriosa, come spiega Marco Ansaldo. Forse un litigio tra il prelato e il suo autista, un trentenne turco convertito che lavorava per lui da 4 anni. Non si conoscono però le ragioni. Emergono problemi di salute e di depressione per  Murat Altun (il presunto omicida, trovato in possesso del coltello con cui è stato ucciso monsignor Padovese). Si sa che il vescovo gli aveva chiesto di accompagnarlo a Cipro (dove avrebbe dovuto incontrare Benedetto XVI, in visita pastorale). Fra le reazioni quella del cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, che ieri lo ha pianto pubblicamente al Corpus Domini, definendolo «un figlio della nostra terra che ha servito con dedizione in Turchia» (si erano incontrati a Roma, appena la settimana scorsa). Nell’intervista a fianco, il cardinale Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, parla di «tragedia indescrivibile», di «perdita umana incalcolabile». «Lo conoscevo. Sono stato più volte in casa sua, in Turchia, dove stava facendo un grande lavoro pastorale». Quanto al movente, «ci vuole prudenza e cautela per esprimere giudizi in questi casi. Occorre necessariamente far lavorare gli inquirenti ed attendere l’esito delle indagini». «Anche il Santo Padre è rimasto molto colpito» dalla notizia.
Nel frattempo il Vaticano preme diplomaticamente su un altro fronte, Gaza. Dall’Onu alla Santa Sede crescono le pressioni perché Israele ponga fine all’embargo a Gaza. «Bisogna condannare la violenza di questo attacco soprattutto perché è avvenuto in acque internazionali e dà l’impressione che le regole umanitarie e il diritto internazionale non contino»: è la posizione di monsignor Silvano Maria Tomasi, rappresentante della Chiesa presso il Consiglio dell’Onu per i Diritti umani. Sul quotidiano diretto da Ezio Mauro, c’è anche una interessante testimonianza di Angela Lano, la giornalista (dirige l’agenzia InfoPal) che era sulla nave: “«A notte fonda l’arrembaggio» Diario di un’odissea in mare”. Descrive l’attacco, la violenza notturna e poi l’arresto, gli interrogatori, il trasferimento al carcere di Beer Sheva, l’isolamento e poi i primi contatti con avvocati e diplomazie…. A pagina 35 un commento di Nicholas D. Kristof: “Salvare Israele da se stesso”.

IL GIORNALE dedica la prima pagina esteri alla notizia del vescovo cattolico massacrato in Turchia. Il taglio è allarmistico: «Luigi Padovese è stato ucciso dal suo autista. All’origine ci sarebbe  una questione personale. Ma questo nuovo assassinio dimostra quanto sia a rischio la presenza dei cristiani nel Paese». L’analisi del vaticanista Andrea Tornielli «Con l’uccisione di monsignor Padovese  la Chiesa cattolica perde uno i suoi uomini migliori in quell’area. Nato a Milano nel 1947 era stato nominato sei anni da Giovanni Paolo II vicario apostolico per l’Anatolia e Padovese aveva  scelto di farsi  consacrare in Turchia per  esprimere meglio  la sua nuova appartenenza». E continua: « Più volte Padovese aveva  protestato con il governo di Ankara per le discriminazioni a cui sono sottoposti i cristiani e si stava adoperando per la restituzione delle chiese confiscate». Nella pagine milanesi spazio alla vicenda per riportare il ricordo fatto dal cardinale Tettamanzi che ha detto : «La vita di don Luigi una porta, mai un muro». Monsignor Padovese  era legato a Milano, e il 23 maggio aveva celebrato la messa cresimale in una parrocchia di Lecco. E qualche giorno dopo a Roma aveva incontrato cardinal Dionigi Tettamanzi de quale era amico».  Il quotidiano di Vittorio Feltri pubblica anche un intervento di Sergio Di Cori Modigliani, presidente dell’unione degli scrittori italiani ebrei. Sotto al titolo “I pasdaran di casa nostra perderanno anche questa volta”, scrive «che non è più tempo di crociate a senso unico. Che il governo decida di assumere una vigorosa posizione di autonomia  e indipendenza in politica estera. Questa posizione favorisce la liberta intellettuale di pensiero. Perché di questo si tratta. Il minimo che ogni ebreo italiano che svolge un’attività intellettuale possa fare oggi, se si è decenti, consiste nel ringraziare il governo incarica per il coraggio dimostrato in questi giorni».

IL MANIFESTO: «Testimoni di Gaza» è questo il titolo di apertura che sovrasta la grande foto che racconta l’arrivo a Malpensa degli attivisti italiani mentre il commento è affidato a Tommaso Di Francesco che scrive, nell’articolo intitolato «Interporre la pace»: «(…) Li hanno uccisi, sequestrati, minacciati, picchiati, intimiditi – raccontano i testimoni diretti – con una violenza sfacciata della quale, buon ultimo, si è accorto l’inutilmente furbo ministro Frattini, scavalcato ieri nella richiesta di una indagine internazionale perfino il Vaticano (…)» e continua «Israele è isolata, e per questo più pericolosa (…)». Tre le pagine dedicate al racconto dei fatti dalle voci dei testimoni. Mentre l’uccisione del vescovo Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia, è relegata a pagina 5 e gli viene dedicato un breve articolo in falsa apertura dove si danno in sintesi i fatti e gli antecedenti a partire dall’uccisione di padre Santoro i funerali del quale, viene ricordato furono celebrati dallo stesso Padovese. 
 
Fotonotizia in prima e servizi a pagina 15 de IL SOLE 24 ORE sull’uccisione del vescovo Monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. Oltre alla cronaca degli eventi, che però non aggiunge nulla a quanto già si sa da ieri, Carlo Marroni intervista Alberto Melloni, professore di storia del cristianesimo a Bologna: «la Chiesa cattolica deve custodire ed esaltare il valore del martirio… il martirio deve essere l’occasione per riconoscere la mitezza della testimonianza e non l’esaltazione del conflitto».
Oltre alla cronaca dei funerali in Turchia degli attivisti uccisi sulla Freedom Flotilla e all’apertura di Israele per una inchiesta interna con l’appoggio degli USA e dell’Onu, il quotidiano di Confindustria offre un interessante reportage da Gaza sul business dell’elettricità, a firma dell’inviato Roberto Bongiorni. «Comunque vadano le cose la Palestine electric company (Pec) – si legge nell’articolo – l’unica centrale elettrica a Gaza, macina profitti anno dopo anno, distribuendo corposi dividendi». Problemi ce ne sono, come la scarsa trasparenza, l’aumento del fabbisogno e i relativi blackout, così come i rapporti non proprio idilliaci fra Pec e Autorità palestinese, e per ultimo il sostegno dell’Unione europea che da poco è venuto meno: «Abbiamo finanziato 260 milioni di euro per l’acquisto di diesel dal 2006 a fine 2009  – dice Christian Berger, l’alto rappresentante Ue a Gerusalemme – Ora, complice la crisi finanziaria, abbiamo dovuto tagliare il budget per la Ap. E comunque non eravamo felici di pagare il diesel a una società privata che fa profitti senza produrre quanto dovrebbe!».

“La Turchia volta le spalle all’Europa che non la vuole”. Un analisi di Pierluigi Magnaschi su ITALIA OGGI spiega che la vicenda delle navi pacifiste e il riallacciamento  del governo turco con i paesi musulmani come Siria, Iran e Libano, sanciscono l’inizio di una politica estera di sganciamento dal sogno europeo. «Quando i politici turchi si sono accordi che, nei loro confronti, i cancelli della Ue sarebbero rimasti chiusi mentre si aprivano per paesi economicamente molto più arretrati come la Romania, la Bulgaria, essi hanno capito che sarebbero sempre stati rifiutati dalla Ue, non perché essi erano arretrati economicamente, ma soli perché erano musulmani». La potenziale conseguenza, specula Magnaschi, è che la Turchia «rischia di precipitate nel girone dei paesi ostile all’Europa e, in generale, all’Occidente».

Il titolo di apertura di AVVENIRE è ovviamente dedicato all’assassinio di monsignor Luigi Padovese, presidente della conferenza episcopale turca: “Turchia, il sacrificio di un vescovo”. Il vescovo è stato «ucciso senza movente» dal suo giovane autista (ospitato anche a casa dai familiari, in Italia): l’ipotesi più accreditata è quella di un raptus di follia. Unica voce contraria quella dell’arcivescovo di Smirne, Ruggero Franceschini, che ricorda come «la tesi del matto che uccide è un luogo comune che era già stato utilizzato per don Santoro». Anche lui esclude il movente politico, ma non che dietro a una persona fragile ci possano essere «focolai fomentati anche dalla stampa». La tesi del gesto di uno squilibrato non convince nemmeno Luigi Gennazzi, che firma l’editoriale di AVVENIRE: «Atto di follia? Può darsi, ma non possiamo non domandarci come mai siano così numerosi nel Paese della Mezzaluna, e perché siano quasi sempre diretti contro gli esponenti delle minoranze religiose». In particolare sottolinea «la coincidenza» «sconvolgente» con l’odierno viaggio del Papa a Cipro, il primo in duemila anni di storia cristiana, cui lo stesso Padovese avrebbe dovuto partecipare. «Le radici sono in Terra Santa, i rami sono in tutto il mondo ma il tronco dell’albero è cresciuto qui in Turchia», era solito dire monsignor Padovese. Scrive Gennazzi: «Tante, troppe coincidenze inquietanti aleggiano su quella che intende essere una visita nel segno della pace, del perdono e della riconciliazione. Improvvisamente e brutalmente il viaggio di Benedetto XVI a Cipro inizia nel segno del sacrificio, con il sangue versato di un testimone della fede. Qualcuno ha voluto metterci una mina distruttiva, tanto più deflagrante quanto più l’intero Medio Oriente è tornato in questi ultimi giorni a riesplodere pericolosamente». Sono 10 negli ultimi 15 anni i vescovi uccisi: la metà in Africa, due in Medio Oriente. Sulla vicenda di Gaza, il primo titolo è sul «via il blocco» chiesto dalla Santa Sede. Un reportage dalla striscia racconta i segni di speranza: alcuni imprenditori intervistati si dicono ottimisti, «questa volta la situazione mi sembra diversa, spero che questo assedio stia per finire, comincio a crederci». Intanto si è chiusa ieri a Gerusalemme la Conferenza internazionale per gli investimenti nei territori palestinesi, da cui è uscita un’intesa – con il supporto della Cooperazione italiana – per l’apertura di una linea di credito da 25 milioni di euro a sostegno delle piccole imprese palestinesi, con l’obbligo di impiegare per il 75% dei finanziamenti macchinari italiani.

“Ucciso il vescovo del dialogo con gli islamici” titola LA STAMPA l’articolo dedicato a Monsignor Padovese, accoltellato a Iskenderun in Turchia dal suo autista che soffriva di depressione: «L’identikit dell’assassino porterebbe a concludere, ma sono solo ancora ipotesi, che il movente politico religioso sia da escludere. Lo stesso nunzio apostolico in Turchia, Antonio Lucibello, ha subito dichiarato che non intravede nell’accaduto analogie con l’omicidio di don Santoro, avvenuto il 5 febbraio del 2006 a Trebisonda, sul Mar Nero». Non è  dello stesso parere il cardinale Sergio Sebastiani che in una intervista a pagina 3 avverte: «Monsignor Padovese è stato accoltellato come don Santoro: c’è un clima di fanatismo», e continua: «Apprezzavo il coraggio pastorale e le capacità intellettuali di Padovese. Certo, era un uomo che si esponeva un po’ troppo, un grande oratore, con molta visibilità e può darsi che abbia mancato di prudenza. La Turchia è un posto pericoloso, con una composizione religiosa complicata e ci sono gruppi fanatici musulmani che avversano ogni tolleranza». La figura del prelato ucciso viene ricordata inoltre in un lungo articolo di Giacomo Galeazzi da Città del Vaticano che rivela molti retroscena vaticani. Monsignor Padovese, (che da molti era considerato il probabile successore del cardinal Tettamanzi alla guida della Chiesa milanese), consigliava il Papa e lavorava per la pace: c’è la sua impronta sul discorso che il Pontefice terrà oggi a Nicosia. Uomo-ponte nel sempre più complicato dialogo con l’Islam, era stato lui a convincere il Vaticano della necessità di favorire l’ingresso della Turchia in Europa. E in Curia ci si chiede «se l’omicidio di un paladino della pace come lui non si inserisca nell’ormai lunga e sanguinosa scia dei religiosi cristiani aggrediti o uccisi in Turchia, quasi sempre con la falsa accusa di fare proselitismo». E a pagina 5 anche il giudice Rosario Priore, che indagò sull’attentato a Papa Wojtila, sottolinea come “I cristiani sono considerati un pericolo per il mondo islamico”. Infine a chiusura delle pagine dedicate a cronaca e commenti, LA STAMPA riporta anche ampi stralci di un intervento fatto da monsignor Padovese a Padova il 12 febbraio: «Che cosa può fare un vescovo in Turchia? A parte l’impegno di tutelare i diritti delle comunità cattoliche, credo che un dialogo con il mondo culturale turco sia un fruttuoso campo di lavoro… Credo che con l’Islam un dialogo sia possibile uno sforzo comune per un maggior rispetto, frutto di una chiarificazione di pensiero e di approfondita conoscenza reciproca».  

E inoltre sui giornali di oggi:

OBAMA
LA REPUBBLICA – Il cantante Bono intervista il presidente degli Usa sul G8 canadese. «Uno dei segni distintivi del G8 è che, insieme, abbiamo messo al centro delle nostre agende la povertà e lo sviluppo globale… Quest’anno dovremo prendere un nuovo ipmegno verso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. La sfida ora è garantire che li onoreremo». «Per l’inizio del summit speriamo di essere in grado di dire che abbiamo allocato le risorse per i programmi nazionali, per la ricerca e lo sviluppo, che abbiamo istituito un nuovo fondo fiduciario che risponde alla Banca mondiale e che siamo pronti a trattare dispondendo di risorse, consulenza tecnica, aiuti e della volontà di investire in qualità di partner». È pur vero che «il futuro del Continente dipende dagli africani».

MAREA NERA
IL MANIFESTO – A piede di pagina 5 viene data notizia di una macchina, prodotta da una ditta pugliese, che separa petrolio e acqua senza solventi chimici. Il macchinario brevettato e già utilizzato e testato da diverse compagnie è stato offerto agli Usa e alla Bp, «ma non ha ricevuto risposta. Nel frattempo la marea nera è avanzata: secondo l’Us Geological Survey il pozzo perde tra mezzo milione e un milione di galloni al giorno. “Chi ha lasciati basiti quest’indifferenza”, spiega Giovanni Esentato, dell’Associazione imprese subacquee italiane a cui aderisce Fluidotecnica. Fratini ha risposto il 31 maggio dichiarando il proprio impegno a far conoscere la macchina alle autorità Usa. L’ambasciata ha ringraziato Vendola, “ci faremo vivi”; la Bp non ha neanche risposto (…)»

DIRITTI
IL SOLE 24 ORE – Ieri, all’avvio della quattordicesima sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu di Ginevra, Freedom House ha presentato il rapporto sui peggiori violatori dei diritti umani del 2010 (in realtà dell’anno scorso). Le società meno libere del mondo, a pari demerito, sono Myanmar, Guinea equatoriale, Eritrea, Libia, Corea del Nord, Somalia, Sudan, Turkmenistan e Uzbekistan e il territorio occupato del Tibet. Ne parla Christian Rocca nel suo “I dieci peggiori regimi del mondo” a pagina 11 del quotidiano.

AFRICA
ITALIA OGGI – Una pagina intera sul perché Bob Geldof sbaglia ad accusare l’Italia sulla questione degli aiuti allo sviluppo in Africa. Le argomentazioni a supporto della tesi sulla inefficacia degli aiuti sono affidati a Damisa Moyo, autrice del libro “La carità che uccide“ e la giornalista keniota June Arunga autrice del documentario “The devil’s Foothpath“ nel quale aveva mostrato come all’origine del sottosviluppo vi sia la corruzione delle elites locali, l’opacità dei diritti di proprietà, l’assenza delle di rule of law, e l’abbondanza di barriere poste al libero operare dei mercati». Titolo del pezzo: “L’Italia non soffre il mal d’Africa”.


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