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Le promesse dell’Aquila muoiono a Toronto

L'insicurezza alimentare sparisce dall'agenda dei grandi

di Joshua Massarenti

All’Aquila era finita così: con i leader del G8 pronti a sfidare la fame nel mondo e lanciare un appello alla Communità internazionale per raccogliere 22 miliardi di dollari a favore della lotta contro l’insicurezza alimentare. A un anno di distanza, dobbiamo prendere atto che l’appello è caduto nel vuoto.

Il fallimento è tale che nell’agenda del G20 in programma questo week-end a Toronto (Canada) la fame non avrà voce in capitolo. In cima alle preoccupazioni dei capi di Stato delle venti nazioni più potenti del mondo ci sono la regolamentazione dei mercati e le tasse sulle transazioni finanziarie.

Per le organizzazioni non governative è un altro colpo duro, dopo quello incassato il 22 aprile scorso con il lancio di un fondo di appena 190 milioni di dollari messi a disposizione dagli Stati Uniti, dal Canada, dalla Spagna, dalla Corea del Sud, paesi ai quali si è associata la Fondazione Bill e Melinda Gates.

Il Direttore generale della FAO, Jacques Diouf ha preso atto del disinteresse internazionale. E con i pochi poteri a disposizione, si è come al solito limitato a sperare “che le promesse verranno mantenute perché fino ad ora i soldi non sono giunti a destinazione”. Era il 22 giugno. L’indomani veniva annunciato che cinque paesi (Bangladesh, Haiti, Rwanda, Sierra Leone e Togo) avevano ricevuto i primi fondi. Sotto che forma? Di doni? Di Prestiti? Nessuno lo sa.

Intanto dal 2009 il numero di persone che patiscono la fame è tornato a superare la soglia del miliardo. Lo spettro della siccità sta mettendo a rischo la vita di dieci milioni di essere umani nell’Est del Sahel(Ciad, Niger, Nord del Burkina Faso e Nordest del Mali).

 

 

 


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