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Mica tutto è casta. La politica secondo gigi

Luigi Bobba racconta i suoi primi quattro anni da onorevole

di Giuseppe Frangi

Da presidente delle Acli a deputato di opposizione.
«Ma il meglio lo sperimento sul territorio. Lì devi guardare
in faccia tutti». Obiettivi? «Ho un’idea in cui credo con forza:
il servizio civile obbligatorio. È un’idea sfidante» È dura starsene a 687 chilometri da casa, fare un mestiere che oggi non si sa più bene in cosa consista e avere addosso l’occhio un po’ perplesso persino delle persone che ti vogliono più bene. Incontriamo Gigi Bobba quattro anni dopo il grande passo che lo aveva portato dalla presidenza delle Acli alla discesa in politica. Quattro anni in cui ha potuto sperimentare l’ebrezza di essere maggioranza e la depressione di ritrovarsi marginale minoranza. Ma lo sguardo di Bobba è sempre lo stesso, uguale la dedizione professionale con cui durante l’intervista tiene sotto controllo il cellulare per vedere se arriva l’annuncio di inizio votazioni. È uno dei peones. Non se lo nasconde e non se ne fa problema. Ammette in tutta sincerità che la sua vita tra l’essere stato maggioranza ed essere stato ridotto ad opposizione, non è cambiata molto. «Mica mi nascondo. I margini di azione per uno come me erano molto limitati anche nella breve stagione dell’ultimo Prodi. Lì c’erano i gruppetti, decisivi in una maggioranza complicata, che contrattavano per loro. E finiva lì. Oggi la stessa esperienza la vivono tanti miei colleghi dei partiti vincitori. Sono governi che guidano l’azione legislativa in modo molto rigido; questo di Berlusconi quasi al limite del parossismo, come si vede dal ricorso ai dl e alle fiducie».
Vita: Non è penalizzante per uno come lei, con la storia che ha alle spalle?
Luigi Bobba: La politica chiede pazienza. Ad esempio, la funzione principale che un gruppo di opposizione svolge è quella di “sindacato di controllo”. Lavoriamo con interpellanze, interrogazioni, mozioni. Poi ci sono buoni margini di azione soprattutto nel lavoro bipartisan. L’Intergruppo per la Sussidiarietà funziona, è un ambito in cui si riesce ad essere operativi. Comunque la parte più bella della politica, devo ammetterlo, non è qui.
Vita: E dov’è?
Bobba: È sul territorio. Lì il lavoro politico ti obbliga ad esser magari meno approfondito ma ti allarga l’orizzonte. Devi occuparti di tanti ambiti che sarebbero stati fuori dalla tua traiettoria. Devi guardare in faccia tutti: è una rivincita della realtà, che ti riempie di stimoli e ti dà le ragioni per fare quello che sto facendo.
Vita: Ma anche sul territorio i grattacapi non mancano. La Lega si è presa addirittura la sua Regione, il Piemonte. Come la mettiamo?
Bobba: In effetti al mio paese, Cigliano, in provincia di Vercelli, Bossi ha preso i due terzi dei voti del Pd. E lì il Carroccio non esiste come presenza politica. Hanno preso voti come una forza di opinione. Il radicamento della Lega nei territori forse è un fattore un po’ troppo mitizzato.
Vita: Intanto però si muove con disinvoltura su tutti i fronti: la sua proposta di un servizio civile regionale ha incontrato consensi anche nel non profit?
Bobba: È vero. Ma sull’argomento vorrei precisare una cosa. Si guarda al servizio civile in una prospettiva sempre più riduttiva, dimenticando qual è stata l’idea di partenza: il dovere costituzionale della leva non è stato cancellato, è stato sospeso. Invece il servizio civile è via via diventato una delle leve del welfare perdendo l’aspetto di costruzione di una coscienza nazionale. Certo è più facile andare sulla strada attuale, ma se si rinuncia a questo elemento sfidante è logico che vincano poi i particolarismi.
Vita: Ha in mente l’idea del servizio civile obbligatorio?
Bobba: Perché rinunciarci a questa idea? Sarebbe opportuno che tutti i giovani, maschi e femmine, facessero tre o quattro mesi di servizio civile obbligatorio e, invece, il servizio civile volontario – della durata di un anno- fosse riservato a chi vuole fare un’esperienza nel Sud del mondo. Non possiamo continuare a imporre paletti per la concessione della cittadinanza ai nuovi arrivati e non chiederci se i nostri giovani fanno davvero percorsi di cittadinanza. Il servizio civile è strumento prezioso per questo.
Vita: Anche il mondo associazionistico sembra sempre più assorbito dalla dimensione del territorio. Cresce il volontariato della protezione civile e del soccorso. Come guarda a questo fenomeno?
Bobba: Va bene, purché si abbia una cultura aperta. Se l’identità diventa l’unica elemento sorgivo dell’azione volontaria e la divisa diventa troppo proponderante, si rischia di chiudersi in un orizzonte asfittico. Il volontariato di territorio è una risposta a uno spaesamento visibile: negarlo è roba da salottieri. Invece si deve fare lo sforzo di interpretare queste forme e offrire sia una prospettiva culturale, sia una vita concreta. Perché alla fine c’è sempre bisogno che qualcosa si esprima in vita concreta. Gli alpini in questo sono un esempio.
Vita: In che senso?
Bobba: È l’unico corpo militare che sia stato capace di trasformarsi in corpo civile. L’associazione nazionale è una grande realtà che fa leva su due fattori: i rapporti di territorialità, favoriti dai criteri usati per l’arruolamento, e lo spirito di corpo. Nell’associazione quelli che erano i doveri verso la patria si sono trasformati in impegno verso la comunità. C’è un orizzonte in cui tutti i riconoscono e che si traduce anche in vita concreta, nelle emergenze o nella risposta ai bisogni. Ad esempio gli alpini oggi sono una delle colonne del Banco Alimentare.
Vita: Nel suo passato c’è stata la lunga esperienza nelle Acli culminata nella presidenza. Come le appare oggi il mondo da cui proviene?
Bobba: Vedo prevalere una certa diffidenza quando non indifferenza nei confronti della politica. È più che comprensibile. Ma mi chiedo se non sia venuto il momento di non avere paura della politica, senza ovviamente intaccare il tema dell’autonomia delle forme associative. Vedrei bene un reinvestimento nella politica, pensata come catalizzatore di energie, in particolare nelle amministrazioni locali. Nella dimensione comunale la dimensione politica e associativa si interconnettono e arricchiscono reciprocamente.
Vita: E al di là del rapporto con la politica, cosa si aspetta dal non profit italiano?
Bobba: Mi aspetto qualche scelta innovativa e coraggiosa, come quella di cui fui testimone quando Banca Etica decise di varare Etica sgr. Ci furono discussioni furibonde, perché si andava sul mercato dei titoli. Avevamo scelto un’agenzia di rating, Ethibel, che ai criteri negativi affiancava anche quelli positivi. Era un’idea economica non solo difensiva, che accettava la contaminazione pur di incidere di più.
Vita: Un’ultima domanda. Sinceramente, le gusta ancora la politica?
Bobba: Sì. Mi piace questo lavoro di sintesi che la politica comporta. Sintesi di storie e interessi diversi. Certo, poi ci si sente un po’ orfani del mondo da cui si viene. Ma la passione di credere in qualcosa in cui nessuno crede più, mi viene da lì?


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