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Cooperazione & Relazioni internazionali

Salpano nuovi aiuti

Gli attivisti del network 'Viva Palestina' rilanciano con una nuova spedizione verso i territori occupati

di Chiara Caprio

Dopo la tragedia della Mavi Marmara, gli attivisti del network Viva Palestina rilanciano con una nuova spedizione verso Gaza, Viva Palestina Global Lifeline To Gaza. Sabato 18 settembre tre gruppi di convogli lasceranno Londra, Doha e Casablanca alla volta della Striscia, con arrivo previsto i primi giorni del mese di ottobre.

La spedizione, organizzata dal ramo britannico del network, attraverserà l’Europa con volontari provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Canada, USA, Inghilterra, Francia, Italia, Grecia e Turchia, facendo tappa a Parigi, Lione, Torino e Milano. Secondo quanto riportano gli organizzatori, saranno circa 200 i convogli che si riuniranno a Latakia, in Siria, prima di partire verso il porto egiziano di El Arish, dove proseguiranno il viaggio verso il valico di Rafah.

Dei circa 400 volontari che prenderanno parte alla missione, molti hanno già partecipato alle precedenti spedizioni di Viva Palestina, mentre due, Nicci Enchmarch e Kevin Ovenden, sono “sopravvissuti” all’assalto della Mavi Marmara e partiranno da Londra con i convogli inglesi. «I due erano a bordo della nave al momento dell’attacco da parte del commando israeliano e sono stati in seguito detenuti nel deserto del Negev» spiega Rob Hoveman, portavoce di Viva Palestina UK.

Ma non tutti i volontari hanno una storia di attivismo alle spalle. Mark Holt, abitante di Brighton-le-Sands, cittadina inglese nell’area di Liverpool, ha deciso di partecipare alla missione per solidarietà nei confronti del popolo palestinese «e solo per questo. So cos’è accaduto alla Mavi Marmara, e mi dispiace molto. Ma ho preso questa decisione pensando alla popolazione di Gaza, alla situazione disumana in cui i palestinesi si sono trovati negli ultimi tre anni». Holt, 49 anni, impiegato, ha raccolto più di 7000 sterline per il viaggio e partirà con un camion di sua proprietà, secondo una delle due tipologie di accordo tra Viva Palestina e i volontari. I partecipanti infatti potevano iscriversi alla missione con un camion di proprietà e con aiuti procurati attraverso campagne di fundraising a proprio carico, mentre una seconda opzione prevedeva il pagamento a Viva Palestina di circa 4000 sterline per l’acquisto del camion e la raccolta di aiuti, entrambi a carico dell’organizzazione.

E il fronte più caldo è proprio quello degli aiuti. Secondo quanto dichiarato dagli organizzatori, le linee guida sono molto precise e prevedono esclusivamente medicine, latte in polvere, computer e software, ma già in passato sono sorte diverse controversie sull’efficacia degli aiuti arrivati a Gaza attraverso missioni simili al nuovo progetto di Viva Palestina. Come riporta una recente inchiesta di Al Jazeera.

Gaza ha una triste storia alle spalle in fatto di medicine scadute. Per anni i convogli e le organizzazioni umanitarie hanno portato medicinali che non potevano più essere utilizzati o che sarebbero scaduti di lì a poco. E anche i convogli di Viva Palestina sono finiti nell’occhio del ciclone. Ali Salem, drammaturgo egiziano, ha lanciato una denuncia attraverso il Middle East Media Research Institute.

dichiarando che, per quanto i volontari dei convogli siano armati delle migliori intenzioni, portare medicine scadute a Gaza è «un crimine». Ma gli organizzatori sono corsi ai ripari. «Registreremo tutti gli aiuti in un database centrale che ci consentirà di controllarli, verificarne la provenienza e accertarci che vengano trasportati solo aiuti realmente necessari» spiega Hoveman.

Ma le controversie non si fermano qui. Alla guida della spedizione ci sarà George Galloway, che salirà sui convogli in partenza da Londra. Galloway, membro del parlamento inglese dal 1987 al 2010, è salito all’onore delle cronache più volte per le sue dichiarazioni, ma è da anni impegnato nell’attivismo pro Palestina. Nel 1994 è stato filmato da un canale televisivo in Iraq, durante una visita all’ex dittatore Saddam Hussein, cui si rivolse dicendo «ammiro molto il suo coraggio, la sua forza e la sua costanza».

Nel 2003 fu espulso dal Labour Party (oggi all’opposizione in Gran Bretagna) ed entrò a far parte del partito di sinistra Respect Party. Nello stesso anno venne coinvolto nello scandalo Oil for Food. Il quotidiano britannico Daily Telegraph pubblicò una serie di documenti che accusavano Galloway di aver contrattato con i servizi segreti iracheni e di aver ricevuto ingenti somme in nero attraverso il programma ONU. Nonostante il quotidiano sia stato in seguito costretto a pagare un risarcimento per contenuti diffamatori, il principale responsabile dei tecnici del tribunale rilasciò una documentazione che comprovava la veridicità dei documenti in possesso dei giornalisti del quotidiano. 

Persona non grata in Canada, a partire da gennaio 2010 Galloway è persona non grata anche in Egitto, a seguito di alcuni scontri con la polizia per l’accesso a Gaza attraverso valichi controllati dall’esercito israeliano.


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