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Attivismo civico & Terzo settore

Niente case pubbliche ai Rom

Linea dura di Maroni a Milano: la Moratti si adegua, don Colmegna no

di Franco Bomprezzi

Aria di elezioni e la Lega ha bisogno di lanciare messaggi forti al suo zoccolo duro, e dunque l’accordo di buon senso trovato dalla giunta di centrodestra a Milano per dare un alloggio appena decente alle famiglie rom in regola, dopo lo smantellamento del campo di via Triboniano, è stato fatto saltare per aria, con tanto di conferenza stampa del ministro dell’Interno Maroni. I giornali di oggi, ancora zeppi di scaramucce politiche in attesa dell’intervento di Berlusconi alla Camera, danno comunque abbastanza rilievo alla notizia.

“Maroni e i Rom «Non devono avere le case popolari»” è il titolino a una colonna sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. I servizi di Maurizio Giannattasio proseguono a pagina 19. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, detta la linea al sindaco di Milano, Letizia Moratti, e il Comune si adegua. I 25 alloggi dell’Aler, previsti dallo stesso piano Maroni e in parte già assegnati, non verranno utilizzati per ospitare le famiglie nomadi “in regola” dopo la chiusura del campo di via Triboniano. Il compito di trovare una soluzione alternativa è stato affidato al prefetto Gian Valerio Lombardi nella sua veste di commissario straordinario all’emergenza rom. “Il sindaco abbozza e si adegua – scrive il cronista – «E’ una soluzione che tiene conto di tutte le sensibilità. La chiusura di Triboniano è un grande segnale per la nostra città. Voglio ringraziare il ministro Maroni che ha riconosciuto gli straordinari risultati ottenuti da Milano nel duplice obiettivo non solo di azzerare i campi abusivi ma anche di alleggerire quelli regolari. L’alleggerimento è infatti un messaggio preciso in vista dell’allargamento dell’area Schengen alla Romania, che rappresenta un rischio soprattutto per le grandi città, come Milano e Roma». Insomma si sposa la linea dura. La Lega esulta, il Pdl anche. Nessuno, a pochi mesi dalle elezioni, vuole restare indietro”. Di taglio centrale, sempre a pagina 19, la reazione di don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità. Un comunicato congiunto assieme al Centro Ambrosiano di solidarietà e al Consorzio Farsi Prossimo viene rilanciato dalla Curia milanese. I tre enti sottolineano che «nei giorni scorsi 11 famiglie rom hanno già ottenuto l’assegnazione delle case con un atto ufficialmente firmato da Prefettura e Comune». «Il nostro lavoro proseguirà in questa direzione e con il consueto spirito di collaborazione. Qualora dovesse arrivare una comunicazione ufficiale nella quale verrà espressamente indicato di non assegnare le case alle famiglie rom, prenderemmo atto del mutato stato di cose e metteremmo in discussione la convenzione. Perché vogliamo operare, sia da un punto di vista culturale che sociale, senza mettere in atto forme di discriminazione». Le associazioni di volontariato cattolico non vogliono arrivare al muro contro muro. Il pericolo – conclude Giannattasio – è alimentare la tensione. “Lancio un appello – conclude don Colmegna – abbassiamo i toni, altrimenti parte la caccia ai rom”.

LA REPUBBLICA dedica il taglio centrale alla vicenda milanese: “Maroni, alt alla Moratti «Mai le case ai rom»”. Il servizio a pagina 21. Riferisce Oriana Liso: un piano finalizzato alla chiusura del campo di via Triboniano entro fine ottobre, approvato e firmato da tutte le parti mesi fa, ormai arrivato alla fase avanzata degli stanziamenti (e degli affidamenti degli alloggi, tramite il terzo settore e il volontariato), diventa la pietra dello scandalo nel centrodestra milanese. Per decisione del ministro Maroni, che ha impugnato l’accordo: «nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi e che hanno i titoli per restare in città sarà ospitata in alloggi popolari né in altri del patrimonio immobiliare del Comune», ha scandito il ministro aggiungendo in modo piuttosto beffardo che «sarà il commissario all’emergenza rom a trovare una soluzione, di certo il grande cuore di Milano non si smentirà». Tradotto: il commissario si rivolga ai privati, in primis alla Curia e alla fondazioni. Il sindaco Moratti difende la scelta fatta: «una linea di rigore ma anche di umanità per le fragilità di chi ha diritto a rimanere». In un pezzo d’appoggio le reazioni: “La Caritas: no a discriminazioni pronti a rompere con il Comune”. Le tre associazioni di terzo settore che stavano gestendo gli affidamenti hanno steso un comunicato congiunto: «Noi proseguiamo il nostro lavoro, ma se dovesse arrivare una comunicazione ufficiale che dica espressamente di non assegnare le case alle famiglie rom prenderemmo atto del mutato stato di cose e metteremmo in discussione la convenzione, perché non vogliamo mettere in atto forme di discriminazione». Secondo don Colmegna, «è una decisione discriminatoria che non possiamo accettare, c’è chi non si rende conto che far fallire il piano vuol dire rinunciare a risolvere un problema che non è nostro, non è del terzo settore, ma riguarda tutta la città».

IL GIORNALE dedica due pagine che titola “La città degli immigrati” alla vicenda della fabbrica–dormitorio a Muggiò dove sono morti due cinesi e al caso Rom. Il campo di Triboniano sarà chiuso a ottobre e il Comune  fa retromarcia: «Niente case ai rom, se vuole ci pensi la curia». Dal canto suo il ministro dell’Interno Maroni dice: «I rom non entreranno in nessun alloggio Aler o del patrimonio comunale, neanche nelle case confiscate alla mafia». E aggiunge: «Milano ha già fatto più di altre città. E’ all’avanguardia oltre alla politica del rigore e dello smantellamento dei campi si lavora su integrazione e progetti d’inserimento lavorativo». IL GIORNALE, riporta senza virgolette, quanto avrebbe detto Maroni  sul fatto che Milano non può essere ostaggio del terzo settore, come la casa della Carità di don Virginio Colmegna, Tanto che, tornano le virgolette, «A Roma i campi sono gestiti dalla Croce rossa». E IL GIORNALE chiosa: come dire, o si adeguano alla linea o si cambia partner. Ma pure Colmegna si è detto «meravigliato dell’esito del vertice: con 11 famiglie abbiamo già firmato per i percorsi di accompagnamento, andiamo avanti, non bastano le dichiarazioni per fermare questo percorso». Maroni poi guarda avanti: «Diamo un segnale netto in vista di scadenze importanti come quella del prossimo anno con l’allargamento dell’area Schengen probabilmente alla Romania, che potrebbe creare una nuova ondata di ingressi incontrollati».

Alla questione Rom IL SOLE 24 ORE dedica solo una fotonotizia a pagina 16: “Maroni: niente case popolari ai rom”.

«Maroni: niente case popolari ai Roma a Milano» è il titolo del richiamo in prima pagina de IL MANIFESTO sotto un eloquente occhiello che recita: «Razzismo». Nel richiamo anche la foto del ministro Maroni. L’articolo è a pagina 8 dove prosegue anche l’appello, che inizia sempre in prima pagina «L’Europa sanzioni chi discrimina i Rom». Nell’appello firmato soprattutto da intellettuali francesi che scrivono «(…) Noi invitiamo i nostri compatrioti a lottare su questo punto contro lo sciovinismo ufficiale e a sostenere i principi democratici (…) Sentiamo di poter affermare che nessuno deve approfittare dell’infamia francese per sfuggire alle proprie responsabilità. La repressione contro i Rom si manifesta con brutalità in numerosi paesi d’Europa. (…) La commissione e il Parlamento europei devono chiedere conto agli stati della loro compiacenza o della loro negligenza, delle regolamentazioni che applicano sul diritto di soggiorno e di circolazione dei “nomadi”, così come dell’utilizzo dei fondi di solidarietà sociale destinati a migliorare la situazione dei Rom (…)». Sul «Razzismo made in Milano» che è l’articolo che apre pagina 8 si osserva già dal catenaccio che «La Casa della Carità: “Trionfo dell’ipocrisia, noi disobbediremo”». Nell’articolo si riportano le prese di posizione dei candidati alle primarie del Pd milanese e di Livia Turco per aggiungere: «Ma qui a Milano, solo i preti possono permettersi di replicare a muso duro, nei fatti, all’amministrazione più operativamente razzista d’Italia. Non è un caso se, con un comunicato congiunto, Casa della Carità, Centro Ambrosiano della Solidarietà e Consorzio Farsi Prossimo, ieri hanno fatto carta straccia del diktat propagandistico di Maroni secondo cui le case vanno assegnate prima ai milanesi (come se non sapesse che 20 mila milanesi stanno ancora aspettando l’assegnazione di un alloggio) (…)Il braccio di ferro proseguirà nei prossimi giorni, con Moratti che cercherà di ricucire l’ennesimo strappo con le associazioni cattoliche dopo essere stata sbugiardata dal ministro degli Interni, che ha annullato un provvedimento preso  proprio da Palazzo Marino (…)».

“Rom, niente case: Maroni tira dritto” titola AVVENIRE. A pagina 11, con richiamo in prima, la decisione del ministro Maroni di non dare gli alloggi popolari ai rom che saranno sfrattati dai campi regolari. Oltre alla cronaca e alle reazioni politiche, AVVENIRE dà spazio alla presa di posizione delle associazioni che lavorano con i Rom e all’opera di singoli volontari e cittadini. Preso atto delle dichiarazioni di Maroni, la fondazione Casa della carità, il Centro ambrosiano di solidarietà e il Consorzio Farsi prossimo hanno ribadito l’intenzione di andare avanti con i progetti di inclusione sociale. La convenzione firmata fra queste associazioni, il Comune di Milano e la Prefettura prevede l’assegnazione delle case popolari al privato sociale: 15 appartamenti alla Casa della carità, 5 al Centro ambrosiano e 5 al consorzio Farsi Prossimo. I tre enti hanno detto che sistemeranno in questi alloggi le persone vulnerabili che ne avranno bisogno, categoria nella quale rientrano nuclei familiari che abitano nei campi regolari di via Triboniano e via Novara. Se poi arriverà una comunicazione ufficiale a impedire di assegnare le case alle famiglie rom, le associazioni metteranno in discussione la convenzione. “Centinaia di sgomberi per allontanarli, decisivo l’aiuto di volontari e cittadini” titola AVVENIRE in un box, nel quale racconta l’opera di volontari del terzo settore e di privati cittadini che hanno teso una mano ai rom sgomberati a Milano dai campi abusivi (343 sgomberi dal 2007). L’articolo cita i padri Somaschi e la Comunità di Sant’Egidio ma anche tante famiglie di Milano che hanno accolto in casa i compagni rom dei propri figli per permettere loro di non interrompere la scuola. In cinque anni  Milano i numeri delle presenze rom sono passati da 10mila a 500. Negli ultimi tre anni sono state abbattute centinaia di baracche secondo una politica di alleggerimento e smaltimento dei campi regolari, portata avanti dall’assessorato alla Famiglia del Comune con i fondi (13 milioni di euro) stanziati dal governo nel 2007 per far fronte all’emergenza. Oggi a Milano ci sono ancora 2600 presenze, 1300 nei campi regolari e altrettanti negli insediamenti abusivi che vengono puntualmente sgomberati (343 gli sgomberi dal 2007 ad oggi).

«Milano si prepara a cacciare i Rom» è il titolo de LA STAMPA  a pagina 7. Scrive Fabio Poletti: «Milano off-limits ai nomadi. La «cacciata» è stata decisa in un vertice in Prefettura». Adesso «i prossimi ad avere se non le ore almeno i giorni contati – si parla della fine di ottobre al massimo  sono gli ottocento rom che da anni occupano il campo di via Triboniano dietro al cimitero Maggiore, sui terreni dove dovrebbe sorgere uno degli svincoli autostradali legati all’area di expo 2015». In più «i nomadi che resteranno in città non saranno ospitati in case popolari». Quindi «l’invito nemmeno troppo sottinteso è che sia il terzo settore a trovare una soluzione. Il volontariato, l’associazionismo cattolico, gli unici che da anni a Milano sembrano avere a cuore la questione dei nomadi non solo come numeri di un problema da spostare qui e là ma come persone». La notizia è data di fianco ad una pagina dedicata alle dichiarazioni del leader della Lega: «Bossi: “S.p.q.r? Sono porci questi romani”». Tira le somme il commento in prima pagina di Michele Brambilla. «La Lega sente aria di elezioni» è il titolo.

E inoltre sui giornali di oggi:

ECONOMIA
IL MANIFESTO – Alla perdita di valore dei salari rilevata da una ricerca dell’Ires Cgil il MANIFESTO dedica oltre al richiamo in prima «Stipendi a picco: in dieci anni persi 5400 euro» e agli articoli alle pagine 4 e 5 sotto il titolo generale di «Paese reale» c’è anche il commento a firma di Galapagos in prima «Il salario negato». Scrive Galapagos: «(…) E l’aspetto più grave è che se passerà la riforma del Patto di stabilità nel senso voluto dalla Germania e dalla Bce, la Banca centrale europea, il lavoro sarà ulteriormente penalizzato tanto da far apparire una “pacchia” il modello Pomigliano. (…) I salari sono certamente un elemento fondamentale della condizione lavorativa: senza una retribuzione adeguata i consumi ristagnano. O meglio: si sviluppano i consumi di lusso e trionfa la finanza e la speculazione con i guai che abbiamo visto e che stiamo pagando. Al tempo stesso si restringono gli spazi dello stato sociale. Con i bassi salari, anche le pensioni saranno basse e con il restringimento del welfare l’unica alternativa è di cercare di comprare sul merca to i servizi che la mano pubblica non offre più. E così il profitto si impossessa progressivamente di altri settori (…)» e conclude «E quando  la lotta si fa dura, Uil e Cisl “scappano”: alla manifestazione del 16 ottobre organizzata dalla Fiom non ci saranno. Anzi, cercheranno di boicottarla, facendo fronte comune – come a Pomigliano – con Marchionne».

GRAN BRETAGNA
IL SOLE 24 ORE – Un commento di Andrea Romano sull’ascesa di Ed Miliband alla  guida del Labour. “Solo nei partiti nascono i leader”. «La storia di Ed Miliband, il nuovo leader laburista, non è sorprendente né miracolosa. Come  prima di lui non era stata miracolosa la storia dell’arrivo di David Cameron alla guida dei conservatori o quella di altri politici appena quarantenni che  hanno conquistato la leadership del proprio partito, dopo avere svolto una  carriera di tutto rispetto tra rappresentanza territoriale e responsabilità  nazionali. Nelle democrazie in buona salute funziona così. Con partiti normali che del tutto normalmente vedono avvicendarsi le generazioni politiche  attraverso le normali procedure della contesa politica. Tutto molto normale, insomma. D’altra parte sulla stampa britannica non troveremo un solo commento  nel quale la vittoria di Miliband viene raffigurata in chiave di “giovanilismo”: la categoria tutta italiana nella quale si condensa la  frustrazione di un paese condannato a sorprendersi per ogni manifestazione di buon funzionamento della politica (degli altri), mentre subisce ogni giorno lo spettacolo di una politica (quella nostrana) che sembra aver cominciato a scavare dopo aver già da tempo toccato il fondo. La storia di Ed Miliband è normale anche perché segnala la naturale  trasformazione delle categorie che definiscono le stagioni politiche. Anche qui il confronto con l’Italia è frustrante. Perché se un paese come il nostro è condannato da quasi un ventennio a rivivere un unico e ripetitivo Giorno della marmotta (come nel geniale film del 1993 con Bill Murray) scandito da berlusconismo e antiberlusconismo, veltronismo e dalemismo, giustizialismo e conflitto d’interessi, non è detto che la cattiva regola italiana valga per tutti. Certamente non vale per la sinistra britannica, dove persino una categoria di peso come il New Labour può essere serenamente ripensata sotto la spinta del cambiamento politico. Senza che questo significhi un ritorno a ciò che esisteva prima del 1994. (…) E se è vero che l’elezione di Ed Miliband «è forse l’ultimo successo della vecchia generazione laburista che ha assunto  fino in fondo la responsabilità di far crescere i propri successori senza paternalismi», come ha ben scritto Marco Simoni sull’Unità, a noi resta il triste spettacolo di una folla di quarantenni che si agitano in gabbia come  tanti rivoluzionari senza rivoluzione». 

PALESTINA 
IL MANIFESTO – «Colonia Palestina» è questo il titolo di apertura del MANIFESTO che mette in prima una grande foto dell’insediamento israeliano di Revava in Cisgiordania. «Ore drammatiche in Medio Oriente. Il governo d’Israele non rinnova la moratoria e non ferma gli insediamenti. Abu Mazen: “Se non si congelano le colonie, il processo di pace è una perdita di tempo”. Appello dalla lega araba. Rammarico della Casa Bianca. Ad essere sospesi sono solo i negoziati di pace, appesi all’intransigenza di Benjamin Netanyahu» sintetizza il rimando alle due pagine (la 2 e la 3) dedicate al tema. A pagina 3 si parla anche della nave ebraica Irene «contro il blocco di Gaza» che è attesa per oggi davanti alle coste di Gaza ricordando che «Per mesi gli organizzatori di “European Jews for a Just Peace” hanno  mantenuto un riserbo strettissimo sul porto da dove sarebbe partita la nave (…)».

LEGA
LA REPUBBLICA – Mentre impazza la polemica contro il senatur (che da ministro ha interpretato puerilmente e volgarmente l’acronimo SPQR), una inchiesta di Carmelo Lopapa “Ecco il contratto della compravendita, peones ingaggiati con 10mila euro”. Nel 2008 due leghisti passarono al Pdl (un senatore e un deputato) con l’accordo di Bossi: dovevano contribuire alla spallata. Il governo Prodi cadde tre mesi dopo e loro non furono rieletti. In cambio però il Pdl li ha contrattualizzati per questa nuova legislatura (un contratto di consulenza in comunicazione) per una cifra uguale a quella base dei deputati: 10mila euro il mese. E negli uffici della Camera o del partito, nessuno li ha mai visti…

CEI
AVVENIRE – Il quotidiano cattolico dedica il titolo di apertura (“Italia, cambiare si può”) e 4 pagine interne al Consiglio permanente della Cei e al discorso del cardinale Bagnasco “angustiato per il nostro Paese”. Il suo richiamo al bene comune, allo stile della politica e alle condizioni “morali e culturali” del federalismo chiama i cattolici a “buttarsi nell’agone politico”. Soprattutto sui temi sensibili: scuola, lavoro, vita, famiglia e libertà.

SCIENZA E VITA
LA STAMPA – A pagina 10, racconta de «La mamma che non può morire». È questo il titolo per la storia di una donna «in coma irreversibile, tenuta attaccata alle macchine solo per far nascere la bimba che ha in grembo». Scrive Marco Accostato nel richiamo al centro della prima pagina: «Nel reparto di rianimazione dell’ospedale Sant’Anna di Torino, Edil è legata a un respiratore, come se all’improvviso potesse risvegliarsi dal coma, sorridere, stringere ancora la mano del marito. Ma questa giovane donna somala non aprirà più gli occhi: morta da un mese è tenuta legata alle macchine solo perché possa partorire».

OGM
IL SOLE 24 ORE – “Freno per la deregulation Ogm”: «Ogm sì, Ogm no: l’amletico dilemma europeo si trascina irrisolto ormai da 12 anni. Il nuovo commissario Ue alla Salute, il maltese John Dalli, aveva provato a superarlo di fatto dribblandolo con la nuova politica del «rompete le righe»: ogni Stato membro dell’Unione, ha proposto qualche mese fa, sarà libero in casa propria di decidere quello che vuole, se ammettere o vietare gli organismi geneticamente modificati. A Dalli questo era apparso l’unico modo per uscire dalla totale impasse decisionale che da troppo tempo tormenta l’Europa dei 27. Alla prima verifica sul campo però la sua scelta da Ponzio Pilato non ha tenuto la strada. Provocando la stentorea levata di scudi di Italia, Francia, Germania, Spagna, Polonia, cioè di sicuro dei maggiori paesi Ue. Con il risultato che i ministri agricoli, riuniti ieri a Bruxelles, hanno deciso di soprassedere in attesa di un parere giuridico sulla compatibilità o meno della proposta Dalli con i Trattati europei e con la normativa internazionale del Wto».

MEDICINA
LA STAMPA – A pagina 13 un’intervista a Napoleon Ferrara, il medico italo-americano vincitore del «Lasker Awards» il premio definito «L’anticamera del Nobel». «Batto il tumore togliendogli il nutrimento» è il titolo. Lo scienziato racconta: «Sono partito da Catania a 26 anni grazie ad una borsa di studio» e dà un consiglio ai giovani ricercatori: «Prima datevi un obiettivo scientifico e poi trovate il luogo dove affrontarlo».

BANCHE
ITALIA OGGI – “Immigrazione d’oro”, titola il quotidiano del gruppo Class che dà conto dell’aumento immigrati extracomunitari titolari di un conto corrente in Italia. Solo un anno fa erano l’8% in meno. Al dato si aggiungono i 1,6 milioni di stranieri clienti (c/c, libretto postale o postepay) delle Poste. In tutto quindi su 4 milioni di immigrati regolari censiti in Italia, tre sono soggetti finanziari identificati.  


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