Sostenibilità sociale e ambientale

L’Italia (è già) radioattiva

Oltre 25mila metri cubi di scorie sparsi in 90 depositi provvisori. E quelle future? Anteprima da VITA

di Silvano Rubino

Siamo solo alle indiscrezioni. E già si alzano quelli del “noi no”. «Mi opporrò ad ogni ipotesi di nucleare”, ha detto – attraverso Facebook – il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, a proposito dell’individuazione, come sito idoneo per il deposito delle scorie, della Maremma: «No grazie», afferma, «la Maremma avrà turismo, agricoltura e un distretto per le energie rinnovabili». Nichi Vendola, dalla Puglia, fa sapere che «qui in Puglia avranno la più civile, pacifica e partecipata reazione popolare della storia pugliese». E così via. Qualcosa di simile a quanto accaduto alle prime indiscrezioni sulla localizzazione degli impianti accade in questi giorni attorno alla lista dei siti dove sarebbe possibile, secondo la Sogin (la società per il nucleare di proprietà del Tesoro), stoccare le scorie della lavorazione delle centrali prossime venture. «Not in my backyard», è la risposta quasi unanime.
Peraltro la mappa è stata stoppata dal premier in persona, Silvio Berlusconi, in qualità di ministro ad interim dello Sviluppo economico. In una lettera a Sogin ha chiarito che la mappa non può essere divulgata, visto che manca ancora l’Agenzia per la sicurezza nucleare. Di quest’ultima si sa solo, per ora, che c’è un autorevole candidato alla sua presidenza, Umberto Veronesi, che in più occasioni, durante l’estate, ha dichiarato la sua disponibilità. Per il resto, tutto fermo. Anche perché, e non è secondario, a mancare è anche il ministro dello Sviluppo economico.

Mappe virtuali…
In realtà il piano della Sogin è pronto e sui suoi contenuti, nonostante il tentativo di tenerli in cassaforte, sono trapelati parecchi dettagli. Sogin avrebbe individuato 52 aree adatte ad ospitare il deposito per le scorie, scelte sulla base di criteri precisi (stabilità del suolo, la non sismicità e la bassa densità di popolazione). Tra le zone più papabili il Viterbese, la Maremma, l’area di confine tra la Puglia e la Basilicata, le colline emiliane, alcune zone del Piacentino e del Monferrato. Anche se già fioccano i no, siamo ancora nel campo delle ipotesi: «È un ottimo lavoro», ci tiene a precisare il sottosegretario Stefano Saglia, che continua a seguire il dossier nucleare nonostante l’assenza del ministro, «ma l’elenco di siti idonei dovrà essere esaminato dall’Agenzia per il nucleare e rispondere alla valutazione ambientale strategica (Vas). Quella del deposito è una questione che si trascina da anni e su cui nessun governo è riuscito a mettere mano. Siamo orientati per un impianto di superficie come avviene in tutti gli altri Paesi. Dove sarà ubicato non è possibile dirlo ora».
Tutto fermo, quindi, anche su uno dei fronti più decisivi per il futuro del programma nucleare italiano, quello delle scorie. Forse il problema dei problemi. Visto che, come spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, «nessun Paese al mondo ha ancora individuato una soluzione definitiva per il problema». Ammette lo stesso Saglia: «La soluzione definitiva per il deposito è quella geologica di cui, tuttavia, non esistono ancora esempi. Tutti gli altri Paesi hanno soluzioni provvisorie». E quindi anche i depositi futuri lo saranno.

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