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Cos’è Sogin

sotto la lente

di Redazione

Il termine tecnico è decommissioning. Che forse suona meglio di smantellamento, ma ha lo stesso significato: la completa demolizione di un impianto nucleare e la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. In Italia, a occuparsene in esclusiva, è Sogin, società per azioni con un unico socio, il ministero dell’Economia, cui tocca lo smantellamento di nove siti italiani (centrali e impianti di lavorazione di vario genere con relativi depositi provvisori). Come si apprende dal suo ricco e approfondito Bilancio sociale (l’ultimo a disposizione è quello relativo al 2008 e al primo semestre 2009), l’operazione costa (milione più milione meno) 5,2 miliardi, pagati in gran parte da tutti noi in bolletta (nella componente A2, circa 16,8 centesimi per kWh, secondo i calcoli dell’Authority per l’energia). Data prevista di “fine lavori”: 2019. Piccolo particolare: lo step finale del decommissioning è un grande punto interrogativo. E infatti nel bilancio si chiarisce che dei 5,2 miliardi, 1,3 «possono essere sostenuti solo dopo la disponiblità del deposito nazionale». Che – per ora – non c’è (dopo il tentativo di Scanzano Jonico). In attesa che il nodo venga sciolto, Sogin nel suo bilancio sociale rende conto anche della situazione sicurezza in tutti i suoi siti, con la misurazione delle radiazioni frutto di monitoraggi periodici e con report dettagliati su infortuni e incidenti. E anche dei contenziosi apertisi con le comunità locali (come a Saluggia). (S.R.)
www.sogin.it


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