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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il mio giornalismo d’assalto punta lo sguardo sulle ingiustizie africane

Charles Nforgang racconta le sue esperienze da "infiltrato"

di Redazione

Per Charles Nforgang il giornalismo d’inchiesta è una vocazione da porre al servizio dei diritti umani e civili. Usando sovente la tecnica dell'”infiltrato”, stile Fabrizio Gatti, Nforgang ha passato gran parte della sua carriera giornalistica a denunciare le grande ingiustizie che mortificano i cittadini africani. Traffico di armi, tratta umana, corruzione, non fa differenza. «Sono un militante dei diritti umani», sostiene il giornalista camerunense, vincitore del Premio europeo Lorenzo Natali 2010. Dopo il caso libico, Vita pubblicherà in esclusiva un’inchiesta che Nforgang ha realizzato sulle condizioni di detenzione dei rifugiati africani in Germania.
Quali le difficoltà che ha incontrato durante il suo lavoro?
In questa folle avventura, il coraggio e l’immaginazione sono stati determinanti. Mi ero recato in Libia per coprire il 13esimo Summit dell’Unione Africana. L’accredito mi autorizzava a produrre articoli soltanto su questo evento. Ho violato l’autorizzazione tre volte. La prima con un reportage sulle torture dei miei connazionali camerunensi nei centri di detenzione libici; poi con un articolo sulla vita infernale dei sans papiers in Libia e infine con il pezzo sulle prostitute africane. Per farlo mi sono spacciato per un cliente, poi ho incontrato dei procacciatori che mi hanno introdotto nel mondo della prostituzione africana a Tripoli. Ho preso grandi rischi, ma ne è valsa la pena. So che i miei articoli non sono stati per nulla apprezzati dai libici, al punto che oggi non posso più tornare nel Paese.
Quali sono le dimensioni della prostituzione africana?
Il fenomeno si sta intensificando, ma la prostituzione non colpisce soltanto le donne africane. A Tripoli c’è una mappa geografica del mercato del sesso, esistono luoghi riservati alle donne originarie del Marocco, della Tunisia, del Sudan, della Mauritania, dell’Algeria. Ci sono anche prostitute libiche. In Libia le chiamano le prostitute “bianche”: per un rapporto sessuale bisogna pagare tra i 25 e i 30 euro, mentre per le africane “nere” non si spende mai sopra i 6/7 euro. Altra differenza: le prostitute “bianche” lavorano per conto loro, mentre le africane subsahariane rimangono sotto la tutela di sfruttatori. In Libia le nere sono solo di passaggio, il loro obiettivo è andare in Italia, dove spesso continuano a prostituirsi. Ma per via dei controlli sempre più intensi, lo sbarco di prostitute africane nel vostro Paese è in netto calo. [Joshua Massarenti]


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