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Sostenibilità sociale e ambientale

AAA antinuclearisti cercasi

I "no nuke" in Giappone non hanno mai attecchito. Ma ora la pubblica opinione è pronta ad ascoltarli

di Antonio Sgobba

Le ultime proteste contro il nucleare in Giappone? Sui media internazionali quasi non se ne trova traccia. Eppure ci sono piccoli e sparuti gruppi di attivisti che battono da anni sul tema, sfidando un’opinione pubblica e una politica nazionale da sempre a favore dell’energia prodotta dall’atomo. Neanche due mesi prima del disastro dell’impianto di Fukushima, il governo aveva annunciato l’apertura di un nuovo impianto a Yamaguchi.

Cinque ragazzi tra i 19 e i 20 anni, militanti del Citizens’ Nuclear Information Center (cNic), hanno subito iniziato lo sciopero della fame. Al decimo giorno di sciopero a loro si sono uniti alcuni rappresentanti del Partito socialdemocratico, all’opposizione in parlamento con dieci deputati. La protesta, caduta nel vuoto, non aveva certo scalfito la fiducia dei giapponesi nell’energia nucleare, considerata dal governo una fonte “pulita”, un sistema efficace anche per abbattere le emissioni di CO2.

Nulla di paragonabile alle grandi manifestazioni antinucleare che abbiamo visto in Europa dagli anni 70 fino ad oggi: anche dopo le esplosioni dei reattori giapponesi causate dal terremoto, in Germania sono infatti subito scese in piazza 60mila persone. In Giappone non è mai stato così.

Il nucleare è sempre stato visto come una fonte di energia sicura. In pochi avevano dubbi: «C’è una forte avversità dell’opinione pubblica per quello che riguarda l’uso militare degli arsenali atomici, certo, ma per l’uso civile non ci sono mai state proteste. Le centrali giapponesi sono sempre state considerate le più sicure, e i cittadini si sono sempre fidati dei loro governanti», dice Paolo Maddalena, che dal 2007 racconta il Giappone nel suo blog “Kami no Kuni”. 

Fiducia e sicurezza. Al punto che anche le maggiori associazioni ambientaliste sembravano concentrare la loro attenzione su altri temi. Come Greenpeace, più impegnata a contrastare il governo giapponese nella caccia alle balene che sul fronte atomico, o il WWF, più critico verso le emissioni di CO2 provocate dall’apparato industriale nipponico, che per il proliferare di centrali.

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