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Sostenibilità sociale e ambientale

L’Abruzzo non dice no

E' l'unica Regione a dire sì a nuovi impianti. Bocciata mozione in consiglio contro il nucleare. E ora?

di Riccardo Bagnato

«I vincoli di compatibilità idrogeologica, sismica e tettonica non consentiranno mai all’Abruzzo di poter ospitare centrali nucleari. Ecco perché, pur non essendo aprioristicamente contrario, le centrali nucleari sul nostro territorio non potranno essere costruite». A dirlo è stato il governatore pidiellino dell’Abruzzo, Giovanni Chiodi, il 18 maggio 2010. A quasi un anno di distanza, Chiodi non sembra aver cambiato idea, nel senso che conferma di non essere “aprioristicamente contrario” (una formula tutta politichese per dire che è d’accordo con il nucleare). Quello che cambia semmai nella posizione di Chiodi & maggioranza abruzzese è altro. Come d’incanto, a due anni dal sisma che ha devastato l’Aquila, la configurazione idrogeologica, sismica e tettonica della Regione è un problema secondario, o addirittura passa per essere un non problema.

Proprio l’8 marzo scorso (tre giorni prima il terremoto e il relativo tsunami in Giappone), infatti, la mozione presentata dell’Italia dei Valori in consiglio regionale contro la realizzazione di centrali nucleari in Abruzzo, è di fatto stata respinta dalla maggioranza con voto espresso per appello nominale. Da quel momento, complice il disastro in Giappone, il governatore dell’Abruzzo e la relativa maggioranza non si sono fatti più sentire. Un silenzio che ha fatto rumore. Proprio nel momento in cui tutte le Regioni hanno rivisto ed eventualmente corretto la propria posizione, dicendosi nella sostanza contrarie alla presenza di centrali entro i propri confini.

Di fatto l’Abruzzo, ad oggi, risulta essere l’unica Regione non contraria alla presenza del nucleare sul proprio territorio. Tutte le altre Regioni, chi in modo categorico come il leghista del Veneto, Luca Zaia («Fino a quando ci sarò io, sarà sempre no alle centrali nucleari») o la pidiellina Renata Polverini, governatrice del Lazio («Non c’è bisogno di nuove centrali»), chi facendolo capire fra le righe ma senza esplicitare un rifiuto come Roberto Formigoni («La Lombardia è autosufficiente»), o chi scaricando la decisione di installare o no centrali nucleare sulla base delle condizioni morfologiche del proprio territorio (vedi Stefano Caldoro, Pdl, in Campania o il sardo Ugo Cappellaci, Pdl), tutti, ma proprio tutti dicono no al nucleare. Per non parlare delle Regioni governate dal centro-sinistra, le quali, gioco-forza, non solo si trovano da sempre contrarie, ma non si pongono nemmeno il problema di evitare imbarazzi al governo centrale. Tutti, però, tranne una: l’Abruzzo. Quella stessa Regione che il 6 aprile 2009, alle ore 3:32, ha visto piegarsi su se stesso il capoluogo e diversi paesini nella provincia aquilana crollare rovinosamente a causa di una scossa sismica di magnitudo pari a 5,9 della scala Richter. Uccidendo 308 morti, lasciando sul terreno 1600 feriti di cui 200 gravissimi. Come è possibile?

«Nei mesi scorsi» dice Dante Caserta del WWF Abruzzo e consigliere nazionale «avevamo fatto appello ripetutamente al presidente Gianni Chiodi di schierarsi con le altre regioni contro la scelta nuclearista del Governo Berlusconi. Tutto senza successo». A rincarare la dose ci pensa Gaetano Benedetto, direttore politiche ambientali dell’associazione ambientalista: «dire che si è d’accordo con il nucleare sulla base della convinzione che tanto, per motivi morfologici, non verrà scelta la propria Regione come sito per un nuovo insediamento vuol dire abiurare al proprio ruolo politico. Noi chiediamo all’Abruzzo di schierarsi sul nucleare, non soltanto e non tanto per questioni di sicurezza – che nel caso abruzzese sono sotto gli occhi di tutti, ma che non ha impedito a un paese altamente sismico come il Giappone l’installazione di 54 centrali – ma per motivi economici. Il nucleare semplicemente non è conveniente. Le centrali di cui parliamo sono sostanzialmente quelle di 3° generazione rivedute e aggiornate, una tecnologia degli anni ’70» conferma Benedetto. Che agginge: «Basti pensare che su 65 centrali nucleare nuove che sono state installate negli ultimi anni, 27 sono in Cina, 11 in Russia, 10 in India. Qui lo Stato è presente come primo e fondamentale finanziatore. Perché altrimenti questo è un businness che non reggerebbe sul mercato. E che inoltre non serve all’Italia per copreire il proprio fabbisogno energetico. Per quanto riguarda le altre, quella inaugurata in Georgia, ad esempio, dal presidente Obama ha visto la borsa il giorno bocciare l’operazione. Quella in Finlandia è costata 3 volte il preventivo e deve ancora essere finita. Ma ancora di più: delle 442 centrali nucleare oggi operative nel mondo, ben 292 hanno più di 25 anni, cioè, sono a fine ciclo», e conclude «insomma: il nucleare non serve, è antieconomico, per non parlare del rischio che in questo modo ci si assume». Governatore Chiodi avvisato.


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