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Attivismo civico & Terzo settore

Ruby, la Camera con Silvio

La maggioranza regge, votato il conflitto di attribuzione

di Franco Bomprezzi

Nel pieno della crisi per l’emergenza umanitaria determinata dall’arrivo dei migranti tunisini, la Camera affronta una nuova “conta” sulla richiesta della maggioranza di sollevare conflitto di attribuzione contro il tribunale di Milano sul caso Ruby. La mozione passa per 12 voti, il processo si apre oggi senza Berlusconi e viene subito rinviato. L’argomento torna a occupare i titoli di apertura dei giornali.

“No della Camera ai pm di Milano” apre il CORRIERE DELLA SERA. La cronaca parlamentare a pagina 2. A questo punto il conflitto fra i poteri sarà sciolto dalla Corte Costituzionale. Ma quando? Lo spiega Maria Antonietta Calabrò: “In autunno si decide sull’ammissibilità. Verdetto della Corte tra febbraio e marzo”. “Tempi lunghi per il conflitto sul Rubygate – spiega la giornalista – In tutto, prima della pronuncia definitiva passerà più o meno un anno, comunque la decisione arriverà non prima del primo trimestre 2012. Nel frattempo sarà a discrezione dei Tribunale di Milano decidere se sospendere o no il processo a Berlusconi. La legge non prevede nessuna ipotesi tassativa. Il conflitto sollevato dalla Camera davanti alla Consulta si svolgerà in due fasi. Una prima che deve decidere l’ammissibilità o meno della richiesta. E la seconda invece nel merito. Ma anche per la prima fase, la pronuncia della Corte Costituzionale (complice la pausa estiva) non ci sarà prima della fine di settembre”. Monica Guerzoni riferisce sui numeri che hanno consentito alla maggioranza di tenere alla prova di questo voto: “I due ex diniani schierati con il governo. Altri arrivi dall’Mpa”. “Terzo polo addio – scrive – annunciano i liberaldemocratici Italo Tanoni e Daniela Melchiorre. Il centro gli stava stretto”. Il Pd era al completo, sette assenze nel Pdl, fra cui Barbareschi. Pezzo di colore sul clima alla Camera, firmato da Fabrizio Roncone a pagina 3: “Marmellate e sigari: in Aula torna la calma”. Marco Galluzzo, a pagina 5: “Berlusconi: brigatismo giudiziario, a Milano si fermino”. Interessante la sua analisi: “«Ci sono due processi Ruby contro il presidente e il più grave non è quello in cui si trova nelle veste di imputato» . Chi ad Arcore la sa lunga la vede in questo modo. Berlusconi ha in sostanza due processi per lo stesso fatto, ma il vero incubo non è il giudizio che inizia oggi, e che magari verrà rinviato più volte, per tante ragioni, o persino sospeso in attesa della decisione della Consulta: il vero spettro che fa capolino nelle stanze del premier è il procedimento contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti”.  E più avanti: “Con il conflitto di attribuzioni si può tappare un buco, non si sa per quanto tempo, ma il capo del governo è consapevole che il procedimento parallelo per sfruttamento delle prostituzione, in cui sarà imputato «mediatico» , rischia di rappresentare una voragine, dalla quale al momento nessuno riesce a scorgere una via di salvezza. Alcune indiscrezioni danno la Minetti molto oscillante sulla linea difensiva da adottare e in alcuni casi arrivano sino agli uffici del premier voci di una voglia di patteggiamento. Persino per Mora e Fede il sistema di giudizio alternativo potrebbe essere una soluzione, forse più rapida e meno dolorosa di quella ordinaria, ma che avrebbe il difetto di un’ammissione di colpevolezza e dunque ricadute politiche e giudiziarie non da poco: «il cliente» Berlusconi sarebbe automaticamente condannato, prima di fatto, di fronte all’opinione pubblica, poi anche nella forma”. Del processo si parla poi in due pagine, la 8 e la 9. “Telefonate del premier, imbarazzo in Procura” scrive Giuseppe Guastella: “Scuro in volto, il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati solca il corridoio dell’ufficio. La pubblicazione sul Corriere della Sera di intercettazioni del caso Ruby finite agli atti, probabilmente per errore, nonostante uno dei due interlocutori fosse il deputato Silvio Berlusconi e senza l’autorizzazione della Camera, non gli ha fatto piacere. «Non dico niente, ho disposto accertamenti, stiamo ricostruendo per capire» è la risposta imbarazzata ai cronisti che gli chiedono cosa sia accaduto”. E Luigi Ferrarella si occupa delle anticipazioni sul processo: “Transenne, tende e pittura. Oggi comincia il processo”. Una udienza preceduta da cosmesi del tribunale di Milano, e dall’arrivo del circo mediatico di tutto il mondo, ma per nulla: “L’udienza sarà di puro smistamento di 4 processi (un tentato omicidio, una tentata rapina, un abuso d’ufficio, e appunto il fascicolo a carico di Berlusconi) ad altra data, per il caso Ruby probabile a fine maggio. Quasi due mesi guadagnati dal premier, che non sarà in aula e per il quale mancheranno anche tre quarti (gli avvocati parlamentari Niccolò Ghedini e Piero Longo, e il tecnico Filippo Dinacci) del suo collegio difensivo, rappresentato dal solo Giorgio Perroni. Nel migliore dei casi ci sarà tempo solo per verificare chi, fra le indicate parti offese dai reati di concussione e di prostituzione minorile addebitati al premier, si costituirà parte civile contro Berlusconi: certo non i poliziotti della Questura, difficilmente il ministero dell’Interno, forse Ruby ma non in chiave ostile anti-Berlusconi bensì solo tecnicamente per conservare voce in capitolo nel processo tramite il suo avvocato Paola Boccardi. Suspense, zero”. Da segnalare, infine, il monito contenuto nell’editoriale, in prima, di Sergio Romano: “Contino le aule, non le piazze”. Leggiamo un passo: “Quando è usata dall’opposizione e soprattutto dal governo, la piazza è davvero un’ultima ratio e presenta almeno tre gravi inconvenienti. In primo luogo dimostra che ciascuno dei due maggiori pilastri della democrazia rappresentativa ha smesso di contestare l’avversario nei luoghi deputati della politica nazionale e ha deciso che il miglior modo per sopraffarlo è quello di sparare i suoi cannoni mediatici nelle piazze del Paese. In secondo luogo deprezza il valore della rappresentanza democratica conquistata nelle urne. Per governare o battersi contro le leggi dell’esecutivo, la maggioranza e l’opposizione non hanno bisogno di portare la gente nelle piazze. Se lo fanno esercitano un loro sacrosanto diritto, ma dimostrano di non credere né all’utilità del confronto né alla propria legittimità democratica”.

“Ruby, la Camera vota contro i pm”, è l’apertura della REPUBBLICA. Sul caso tre commenti che partono dalla prima pagina: “Abuso di parlamento” di Giuseppe D’Avanzo, “Operazione banalità” di Barbara Spinelli e “Le bandiere della dignità” di Curzio Maltese, che parte così: «Chissà se esiste un deputato, uno solo su 314, capace di credere davvero che Berlusconi quella notte abbia telefonato in questura per evitare l’incidente diplomatico. Uno solo, un piccolo utile, ma onesto idiota». La Spinelli: «…Resta la stranezza, il mistero. Perché tanto ridacchiare, alla vigilia del processo Ruby e di altri procedimenti? Quale spettacolo sta mandando in onda, di cui noi non siamo che ignoranti comparse? Quali leggi e stratagemmi inventerà Ubu perché ogni processo si spenga? L’obiettivo è la negazione del reale, ma c’è un più di violenza, c’è una tattica bellica preventiva presa in prestito dallo Spirito dei Tempi. Tutto è annuncio preventivo, prima che il reale si avveri». D’Avanzo: «Nominati o comprati, i rappresentanti del popolo devono bere l’intruglio per sostenere che il Cavaliere quella notte e nelle conversazioni con il funzionario della questura (il capo del governo chiede l’immediata liberazione della sua giovanissima concubina, accusata di furto) esercita addirittura l’autorità ministeriale. Quindi, se reato c’è stato, è ministeriale e di competenza del Tribunale dei Ministri, conclude l’aula di Montecitorio. Accettato di trangugiare senza turbamento la favoletta buffonesca di un premier sprovveduto e credulone – insomma, uno sciocco di 75 anni che crede alla prima balla che gli racconta una ragazzina di diciassette – il Parlamento deve muovere un passo abusivo: sostenere che è potere esclusivo delle Camere decidere se un reato sia ministeriale o meno. In questo caso lo è – sragiona Montecitorio – e solleva il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale cui la Camera chiede di sottrarre al tribunale di Milano il processo per concussione e sfruttamento». 

IL GIORNALE apre l’edizione di oggi con un invito “Processate la Boccassini” dopo che il pm, insieme ad altri due colleghi, ha allegato alle carte del caso Ruby le telefonate di Berlusconi che sono state pubblicate sui giornali. «E’ un reato ma chi pagherà?», scrive il quotidiano diretto da Sallusti  che mette in prima anche la notizia della Camera che respinge i giudici e vota il conflitto d’attribuzione. Intervista a Luciano Violante titolo di ex presidente della Camera che è categorico sulla premessa «mi sembra pacifico che le intercettazioni  non dovevano essere messe agli atti» è cauto sulle conseguenze «ora si tratta di vedere come e perché questo è accaduto. Errore, dimenticanza, intenzione?».

“Camera da letto” titola in apertura il MANIFESTO a sfondare sulla foto della camera dei deputati «Berlusconi ordina, la Camera approva: con 314 voti i deputati sentenziano che Berlusconi telefonò in questura perché credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Passa così il conflitto di attribuzione. È l’ultimo atto di una farsa che umilia le istituzioni e il buon senso. Ora tocca al processo breve. Napolitano: rispettare i magistrati. E c’è chi nel Pdl chiede di abolire il divieto di ricostituzione del partito fascista. Ma il senato boccia il blitz» riassume così le tre pagine interne di politica (dalla 2 alla 4) il sommario sotto la foto di apertura. Al tema è dedicato anche l’editoriale di Norma Rangeri “Un paese coerente”. «Ha ragione il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, quando afferma che il parlamento italiano è ridotto a “un collegio di difesa allargato”. Ha ragione il presidente del senato, Renato Schifani, quando si dice esterrefatto della proposta di legge di un gruppo di senatori (Pdl e Fli) per cancellare il divieto di ricostituzione del partito fascista. Ha ragione tutta l’opposizione quando sostiene che la lieve censura verso il ministro della guerra, La Russa, per aver mandato a quel paese il presidente della camera, è un atto vigliacco e deplorevole. Ha ragione il presidente della repubblica quando incalza la politica a rispettare la magistratura e la divisione democratica dei poteri. Hanno ragione i cittadini che ieri hanno manifestato davanti Montecitorio, e in molte piazze italiane, in difesa della democrazia. Ma la ragione ci ha lasciato da un pezzo e il diritto, come la decenza, sono sprofondate nel sottoscala del Palazzo. (…).Vedremo anche questo: la più alta magistratura, destinata a dirimere questioni di altissimo profilo costituzionale, degradata a sentenziare sulla più clamorosa balla dell’epoca moderna. Nel frattempo gli avvocati di Berlusconi tenteranno di bloccare il processo Ruby, all’esordio davanti ai giudici di Milano. Poi l’indecorosa congrega (Pdl, Lega e acquisti dell’ultima ora) nei prossimi giorni, nemmeno con urgenza, si occuperà della prescrizione breve, cioè annullerà il processo Mills (…)» E conclude: «(…) Offendere dignità e intelligenza, mortificare il diritto all’uguaglianza di fronte alla legge, umiliare gli immigrati ammassandoli nei recinti, fare la guerra contro chi si era omaggiato e sostenuto: in fondo siamo un paese coerente».
 
“Tra forzature e abusi cresce il pessimismo sulla giustizia”. È il titolo del quotidiano Punto di Stefano Folli su IL SOLE 24 ORE: «Si dava per scontato che la Camera avrebbe sollevato il conflitto d’attribuzioni  contro la magistratura sul «caso Ruby» e così è stato. Dodici voti di scarto fra maggioranza e opposizioni: abbastanza pochi, ma sufficienti. Anzi, nel calcolo meramente numerico Berlusconi ha colto un altro successo: tre nuovi deputati sono passati dalla sua parte, per motivi sconosciuti. Senza che ne derivi, s’intende, un rafforzamento politico della coalizione.”Quanto al dossier Ruby ora sarà trasferito alla Corte costituzionale. Sappiamo peraltro che la votazione non ferma il processo che si apre oggi a Milano, ma serve a Berlusconi per riaffermare il punto: trattasi di persecuzione giudiziaria nei confronti del capo dell’esecutivo e di attentato alle prerogative del Parlamento. Così la tensione si mantiene alta e il paese resta spaccato a metà. Alla mobilitazione della sinistra, ieri in piazza per il «Democrazia Day», corrisponde la mobilitazione della destra. Ottime carte da giocare nella prossima campagna elettorale, che si annuncia tra le più velenose degli ultimi vent’anni. Del resto, la giornata di ieri non è stata nemmeno la più tesa. Il peggio verrà con le prossime sedute dedicate – fra qualche giorno – al processo breve».

ITALIA OGGI al processo Berlusconi dedica solo un articolo a pagina 2 a cura di Sergio Soave. “Se i processi a Berlusconi oscurano i problemi veri” il titolo che si chiarisce subito in apertura  perché «mentre il mondo politico si mobilita a favore o contro i processi milanesi intentati contro Silvio Berlusconi, il sistema Italia è chiamato a rispondere a domande più rilevanti, sulla tenuta del suo sistema bancario, sulla possibilità di avviare un progetto di crescita accettato dall’Europa, sulla capacità di gestire senza traumi esagerati l’emergenza migratoria seguita alla situazione che si è creata nell’Africa settentrionale. Tuttavia pare che di queste questioni cruciali non importi niente a nessuno, se non a chi è chiamato a occuparsene per dovere politico o istituzionale». Per Soave «sarebbe il momento di discutere seriamente su come si possa avviare un piano organico di riforme e interventi economici che passino dalla prevalenza del rigore «difensivo» a quella di un’iniziativa volta a favorire lo sviluppo, a cominciare, naturalmente, dal Mezzogiorno» e ancora «l’emergenza immigrazione meriterebbe un approccio meno propagandistico». Chiude il giornalista «gli appelli del Quirinale insistono tenacemente e ormai quotidianamente su questa esigenza di far emergere la sostanziale unità nazionale dal ciarpame delle polemiche quotidiane, anche per rafforzare la posizione italiana nei confronti dei partner, degli alleati e dei concorrenti. Chissà che, alla lunga, non ottengano qualche risultato».
 
AVVENIRE sceglie un richiamo di taglio basso in prima intitolato  “Ruby, la Camera boccia i pm di Milano. Pd e Idv in piazza: così si umilia l’Italia” per annunciare il via libera dei deputati per dodici voti al conflitto di attribuzione. I servizi da pagina 10 a pagina 12 sottolineano che “è stata approvata così la decisione che potrebbe soffiare il processo Ruby alla Procura”. Ora la parola passa alla Consulta: un giudizio in due fasi il cui esito si avrà però all’inizio del 2012. Per Franceschini (Pd) la Camera «ha scritto una pagina vergognosa». A Milano intanto è cominciato il processo e Berlusconi attacca la magistratura parlando di “brigatismo giudiziario” dopo la diffusione di tre intercettazioni senza omissis. Il capo della Procura Bruti Liberati, imbarazzato, si dice “sorpreso “ dallo scoop, mentre Berlusconi sostiene che «Il processo va sospeso, non si può ignorare la volontà del Parlamento». A pagina 11 un articolo di taglio basso intitolato “E Fini stavolta aiuta l’avversario” riporta il commento del presidente della Camera che ieri sera alla trasmissione “Ballarò” ha dato un giudizio duro sulle pubblicazioni degli ascolti del premier («Cose che fanno male all’Italia») ma non ha risparmiato critiche al governo. A pagina 12 l’assedio al palazzo del popolo viola e la protesta del Pd con Bersani che dice «è una vergogna; un’umiliazione davanti al mondo» ma aggiunge «L’Italia è prigioniera, ma si libererà». Per Di Pietro «la protesta potrebbe diventare rivolta». Le opposizioni (senza l’Udc) sono andate in piazza per la “notte bianca per la democrazia” che è stata organizzata in serata. Tra i manifestanti anche gli attivisti e le bandiere del Fli.

“Ruby, la Camera dice no ai pm” è questo il titolo di apertura in prima che LA STAMPA dedica alle ultime vicende giudiziarie che coinvolgono il premier. A seguire un fuoco di sbarramento fra maggioranza e opposizione per ricavare dai quei 12 voti che segnano un 1 a 0 per Berlusconi un significato politico, qualsiasi esso sia. Si sprecano come d’uopo i retroscena e le curiosità, di cui si riempiono pagina due, tre, quattro e pure cinque. In compenso a commentare la notizia di pensano Carlo Federico Grosso e Marcello Sorgi con due fondi lanciati in prima. Scrive Grosso nel suo “La scelta del rinvio senza fine”: «Non è tuttavia vero, come hanno sostenuto nei giorni scorsi numerosi politici del polo, che per un ministro essere giudicato dall’uno ovvero dall’altro organismo è lo stesso. La legge stabilisce, infatti, che in caso di reato ministeriale il processo può iniziare soltanto se il parlamento l’autorizzi. Ecco perché, per la maggioranza, era così importante dichiarare che nel caso Ruby non era competente il tribunale ordinario. Spostare il processo significava, infatti, porre le premesse perché il parlamento potesse bloccarlo «politicamente» con un voto di totale impunità del Presidente». Risponde Sorgi nel suo “Troppi rospi ingoiati dalla Lega” alludendo più all’ambiguità politica in cui si sta muovendo il Carroccio che direttamente al caso Ruby: «Il fatto che Maroni sia nel governo collocato in prima linea sulla frontiera degli sbarchi aggrava il travaglio del Carroccio. Qualche giorno fa, per dire, la Lega con un manifesto se l’è presa con il questore e il prefetto di Padova (una delle sue roccheforti), che volevano inserire il territorio della città tra quelli designati per la prima accoglienza della nuova ondata di immigrati. Peccato che la richiesta provenisse dal Viminale e fosse stata condivisa dal ministro dell’Interno».

E inoltre sui giornali di oggi:

SBARCHI
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine dedicate alla trattativa in Tunisia e alla situazione degli sbarchi, la 12 e la 13. Fiorenza Sarzanini riassume le conclusioni di Maroni: “«Ho firmato perché questa carta serve comunque a impegnare il governo tunisino», afferma il ministro sull’aereo che lo riporta a Roma senza nascondere il suo disappunto. Sa che la strada per risolvere l’emergenza continua ad essere in salita, soprattutto alla luce dell’incontro che avrà oggi con i presidenti delle Regioni per convincerli a garantire l’accoglienza ai nuovi arrivati. Il permesso temporaneo potrà infatti essere rilasciato soltanto a chi è già in Italia. Il beneficio durerà sei mesi, ma sarà rinnovabile. Il limite di tempo servirà ad impedire che gli stranieri godano automaticamente della copertura sanitaria. Resteranno esclusi tutti coloro che hanno precedenti penali o che risultano aver ricevuto un precedente provvedimento di espulsione. La partita per sistemare chi approderà nei prossimi giorni a Lampedusa e sulle altre coste italiane è ancora tutta da giocare”. 

LA STAMPA – Fotonotizia in prima in cui la bellissima Angelina Jolie, ambasciatrice Unhcr, fa visita ai profughi al confine tra Libia e Tunisia. Il titolo: “Immigrati, 20mila permessi temporanei”. I servizi sono a pagina 8 e 9.  Mentre il ministro dell’interno, Roberto Maroni, torna in Italia con un accordo stipulato con la Tunisia per il rimpatrio dei profughi, dal Veneto si leva la voce non solo della Chiesa ma degli imprenditori. Marco Alfieri firma il pezzo “Ma gli imprenditori a Vicenza e Treviso vogliono l’accoglienza”: «Insomma, dopo l’appello del vescovo trevigiano Gianfranco Agostino Gardin – “noi cristiani non possiamo dire mandiamoli via ed è tutto risolto” -, anche gli imprenditori locali, tradizionale riserva forzaleghista, battono un colpo. Vicenza e Trieste sono le due grandi province manifatturiere venete dov’è più densa l’immigrazione». E ancora: «”Il problema immigrazione va risolto alla radice, ma intanto dobbiamo farci carico delle esigenze umanitarie…”, aiutando chi fugge da Lampedusa, rispondono i presidenti di Confindustria Treviso e Vicenza, la vandea della Lega. “Ognuno deve fare la propria parte, anche Treviso”, precisa Alessandro Vardanega, leader degli imprenditori della Marca. “Non si può semplicemente rilevare il problema e poi dire ma tanto si arrangeranno alcune aree del Paese”».

IL GIORNALE – Un pacchetto di aiuti di 300milioni di euro per pattugliare meglio le coste è questo uno dei punti dell’accordo Italia-Tunisia. Il quotidiano mette in risalto   un’apertura di Bossi che dà l’ok ai permessi temporanei «così potranno andare in Francia o in Germania»; e la soluzione per gli irregolari che «non sono profughi e devono essere  riportati indietro». IL GIORNALE mette anche una nota di colore sulla trattativa: «Una prova di resistenza fisica tanto che Maroni ha scritto sul libro degli ospiti dell’ambasciata di Tunisi: “ma che avventura” in riferimento all’accordo raggiunto».

AVVENIRE – “Italia – Tunisia, l’intesa c’è” è il titolo di apertura di che dedica quattro pagine all’accordo raggiunto da Maroni a Tunisi dopo una lunga maratona negoziale. Oggi è prevista la firma del decreto che concede un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi si tunisini arrivati finora (circa 20mila) e prevede il rimpatrio diretto per coloro che sbarcheranno in Italia dopo l’entrata in vigore del decreto. Soddisfatto Maroni secondo cui «l’intesa ci consentirà di chiudere i rubinetti». Drastici i commenti di Fini: «Dubito che Berlusconi manterrà le promesse» e Bersani: «Il governo del fare trova solo 5 bagni per 5mila immigrati». E la commissaria europea Malmström “gela” il governo italiano dicendo che «il permesso di soggiorno temporaneo non garantirà la libera circolazione in Europa». A Lampedusa cresce la tensione e alcuni minori si sono feriti per protesta. Anche la tregua sembra finita: dopo una giornata di parziale tranquillità ieri pomeriggio sono ripresi gli sbarchi. Tre barconi hanno scaricato centinaia di immigrati provenienti dalla Libia. Una babele le nazionalità dei migranti: somali, eritrei, etiopi, nigeriani, ghanesi, maliani, pakistani. Adesso sull’isola rimangono 1.500 migranti.

IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina e due pagine dedicate (la 6 e la 7)alla sigla dell’accordo con Tunisi che prevede permessi provvisori e 800 rimpatri. Le due pagine interne si aprono con il titolo “Permessi temporanei No ai rimpatri di massa”. Nel sommario si sottolinea: «Siglato l’accordo, dopo una lunga giornata di mediazioni, tra Roma e Tunisi. Non passa la linea leghista: 22mila tunisini avranno un permesso di soggiorno temporaneo. In 800 saranno rimpatriati». In un articolo dal titolo “«Rubinetti aperti Gli sbarchi continueranno»” si legge la vicenda dalla parte di Tunisi. «(…) ieri un primo effetto della rivoluzione sulle politiche che regolano i flussi migratori c’è stato. Durante l’incontro tra il presidente del governo di transizione Caid Essebsi con l’assemblea dell’Istanza superiore per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione è stato annunciato quello che il presidente ha definito come “un accordo inedito”. Essebsi ha affermato di avere siglato un accordo con l’Italia che regolarizzerebbe il soggiorno di 22mila migranti approdati a Lampedusa nelle ultime settimane. I rimpatri forzati di massa non ci saranno e a tornare in Tunisia sarebbero in 800. Quindi l’obiettivo leghista di “svuotare la vasca” non sarebbe stato raggiunto e il governo italiano, incalzato dalla migrazione seguita ai recenti eventi tunisini si trova costretto a rivedere completamente le politiche sulla migrazione. Ascoltata da qui la notizia annunciata da Essebsi sembra un altro grande effetto politico e sociale che segue le lotte del movimento rivoluzionario tunisino: forse un pezzo di ex-regime ancora residuale negli accordi sull’immigrazione con il governo italiano è caduto a mare, e la dignità riconquistata con la lotta in Tunisia da oggi potrebbe già viaggiare libera anche in Europa». 

LA REPUBBLICA – Il giornale romano a pag 11 intervista Cecilia Malmstroem, commissario europeo per gli affari interni sotto il titolo “L’Ue ha già aiutato l’Italia, se gli sbarchi continuano siamo pronti a fare di più”. Questi alcuni dei passaggi più importanti: «I larghi flussi di migranti costituiscono una sfida per tutta l’Europa. E la Commissione farà tutto il possibile per assicurare che il problema sia affrontato dalla Ue in modo unito, sulla base del principio di solidarietà e di condivisione delle responsabilità». E ancora: «La Ue ha sostenuto l’Italia fin dal momento in cui i primi migranti sono arrivati sull’isola di Lampedusa, sia con misure operative concrete sia con sostegno finanziario. L’operazione congiunta Hermes 2011 è stata lanciata subito dopo che il governo italiano ha chiesto aiuto alla Commissione. Assistiamo le autorità italiane con azioni di sorveglianza, ricerca e salvataggio in mare, e con l’identificazione degli immigrati che sbarcano. Gli Stati membri hanno sostenuto questa missione di Frontex con esperti, aerei ed equipaggiamento. Le risorse a disposizione potranno essere aumentate, se ce ne sarà bisogno». Infine: «L’Italia ha anche ricevuto un considerevole aiuto finanziario per rafforzare le procedure di asilo, migliorare la gestione dei rimpatri e per affrontare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. Con un pacchetto finanziario di 129 milioni di euro per il 2010-2011 l’Italia è tra i maggiori beneficiari dei fondi per il programma di gestione dei flussi migratori». 

SAN RAFFAELE
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 24: “Hotel, aerei, fazendas e ospedali. Il piano vendite del San Raffaele”. Mario Gerevini e Simona Ravizza scrivono: “L’elenco delle vendite è pronto: per salvare dai debiti l’ospedale San Raffaele l’obiettivo è incassare subito almeno 120 milioni di euro. Così l’impero del sacerdote manager don Luigi Verzè, che fa capo alla fondazione Monte Tabor, è destinato a perdere alberghi, aziende agricole, proprietà terriere e, con ogni probabilità, persino due ospedali fuori Milano. È la fine di un’epoca: quella che, in 42 anni di sfide, ha visto il prete imprenditore, amico del premier Silvio Berlusconi, creare una galassia con jet, hotel e coltivazioni di mango e meloni in Brasile. Il piano di dismissioni per fronteggiare il dilagante debito di oltre 900 milioni (di cui 400 nei confronti dei fornitori) procede a passo di carica”. E il pezzo conclude così: “Ma nella fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo, chi ha gestito in questi anni soldi, meriti e (oggi) debiti? L’organigramma è coperto da un alone di riservatezza. Si sa che don Luigi Verzè (91 anni) è il presidente del Cda, così come Mario Cal (71 anni) è il vicepresidente. Il banchiere Carlo Salvatori è la new entry del 2009, con le deleghe sul piano di risanamento (previsti l’arrivo di nuovi soci e la trasformazione della fondazione San Raffaele in Spa). Gli altri esponenti del vertice? Ancora una volta compare Roberto Cusin (70 anni) e ci sono Laura Ziller (66), responsabile dell’ospedale brasiliano São Rafael, e Gianna Zoppei (60), sovrintendente sanitario del polo ospedaliero. Infine, Ennio Doris (70), il gran capo di Banca Mediolanum, uomo di finanza, oggi costretto a un profilo bassissimo per la piega che ha preso la crisi del San Raffaele”.

EXPO
ITALIA OGGI – Nella pagina dedicata ad “edilizia e appalti” si parla di Expo. In particolare del verdetto per cui le aree su cui sorgeranno le strutture della fiera saranno usate in comodato d’uso. Di spalla al pezzo di Simonetta Scarante che spiega i fatti però c’è un box che titola “Stefano Boeri accusa: spariti i concorsi pubblici dell’Expo”. Si legge all’interno «“C’è un problema sui concorsi”, ha detto alle telecamere di Lombardia Channel, Stefano Boeri, urbanista  e candidato Pd al comune di Milano, che ha guidato la Consulta per l’architetto dell’Expo, “il 23 giugno del 2010, insieme al responsabile dell’ufficio tecnico di Expo e ad un altro membro della consulta, sono stato all’Ordine degli architetti di Milano per presentare un piano di concorsi pubblici di architettura in vista di Expo. Dodici concorsi totali, dei quali 9 tradizionali, 2 appalti concorso per imprese e 1 appalto concorso per imprese con obbligo progettisti giovani  e 2 per le imprese. Peccato che nel mese di novembre mi sono visto presentare un prospetto di gare dal quale erano spariti tutti i concorsi pubblici, c’erano solo appalti per le imprese”».

ADOZIONI
IL SOLE 24 ORE – “Ha origini vietnamite il futuro vice-Merkel”: «Il nuovo probabile presidente del partito liberale, erede di Hans-Dietrich Genscher e di Otto Graf Lambsdorff, ha 38 anni, un nome tedesco, un passaporto tedesco e una moglie tedesca. Ma la sua origine è vietnamita. Philipp Rösler, nato a Khanh Hung, è stato adottato all’età di nove mesi da una coppia di Amburgo. Se confermato al vertice dell’Fdp in maggio diventerà il primo vice cancelliere di origine asiatica. La sua ascesa è la conferma del ricambio generazionale nella politica tedesca e dell’apertura sociale in questo Paese. Certo, Rösler non è un classico immigrato, ma per molti versi è il riflesso di una Germania più aperta all’esterno di quanto non si pensi, e di quanto non lo vogliano ammettere molti tedeschi».

COOPERATIVE
IL SOLE 24 ORE – “Le coop dribblano la crisi. Ricavi su del 12% in 4 anni”: «Nel quadriennio 2007-2010 il fatturato delle cooperative della Legacoop è cresciuto di circa il 12%, superando abbondantemente i 57 miliardi di euro. È aumentata anche l’occupazione, anche se ad un ritmo leggermente più blando: “solo” +9% nel periodo 2007-2010. Con questo bilancio oggi a Roma il presidente Giuliano Poletti si presenterà al 38esimo congresso nazionale della Legacoop.  Un appuntamento che sarà un momento di verifica da cui emergerà che il 2010, l’ultimo anno del quadriennio trascorso dall’appuntamento congressuale precedente, è stato gramo e complicato, come per il resto dell’economia, in cui il sistema “ha tenuto” ma ha dovuto impiegare molte risorse per sostenere quelle parti del sistema più colpite dalla crisi. E così emerge, per esempio, che l’anno scorso il fatturato delle 14.257 coop aderenti alla Lega è aumentato di appena lo 0,72%, praticamente fermo, come il numero degli occupati (-0,2% a quasi 470mila). Parliamo di una rete che, compresi i soci consumatori, conta più di 8 milioni e 780mila aderenti (+2,6%). Al palazzo dei Congressi a Roma, le “coop rosse” si ritroveranno per fare il punto e, alla fine, rinnovare i vertici».


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