Cooperazione & Relazioni internazionali

Ogni anno 500 milioni col sostegno a distanza

Gli italiani si fidano sempre di più del Sad. Fanno bene?

di Benedetta Verrini

Mamme, insegnanti, dirigenti d’azienda, pensionati. In tempi difficili, di pesante arretramento dell’aiuto pubblico allo sviluppo, la cooperazione la fanno loro. Forse senza nemmeno saperlo, con una scelta semplice – ma anche di responsabilità – come il sostegno a distanza (Sad).
Se ne parla a Livorno, in occasione del XII Forum Nazionale del Sad (27/28 aprile), che quest’anno rifletterà sull’efficacia del sistema, che secondo stime produce un budget di circa 500 milioni di euro l’anno a favore dei progetti di sviluppo. Una cifra enorme, risultato di donazioni costanti che, per ciascun sostenitore, oscillano tra i 270 e i 300 euro l’anno. E che, soprattutto, nel suo insieme rappresenta il triplo delle risorse messe in campo dallo Stato: nella Finanziaria per il 2011 gli stanziamenti per la legge 49, dedicata alla cooperazione, hanno raggiunto il minimo mai registrato: ammontano in tutto a 160 milioni di euro (di cui circa 20-25 milioni andranno alle ong). Un dato che va letto su più livelli. Da un lato, sottolinea Marco De Ponte, presidente di Action Aid, «è vero che oggi tanta cooperazione si fa grazie ai privati, ma l’aiuto pubblico allo sviluppo non può e non deve trasformarsi in una loro responsabilità». Dall’altro, il sistema del sostegno a distanza è una realtà ormai consolidata che va sostenuta in quanto rappresenta «la forma più alta di cooperazione, che si declina in modo sussidiario e non assistenzialistico, che tiene in loco il capitale umano, che allaccia legami diretti tra i continenti bypassando la burocrazia e la dispersione di aiuti, che coinvolge le persone in modo diretto», commenta  Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia delle Onlus.

I donatori
Ma chi sono queste persone, dunque? «Secondo studi europei, il sostenitore-tipo dovrebbe essere donna, single, in carriera, over 35. Ma quando siamo arrivati in Italia abbiamo dovuto ridimensionare questo modello», dice Giovanna Reda, direttore di World Vision Italia, sigla della solidarietà internazionale (opera in 97 nazioni) sbarcata da pochi anni nel nostro paese. «Abbiamo scoperto che i donatori italiani sono soprattutto anziani, mamme, lavoratori dipendenti, famiglie. Profili ancora riluttanti a usare i sistemi informatici e i pagamenti tramite Rid, preferiscono tutti il contatto diretto e l’invio di denaro tramite bollettino postale». «Confermo», interviene Lucia Pizzini, responsabile dell’area adozioni a distanza della Fondazione Aiutare i Bambini: «L’invio tramite posta è la forma tipica, anche se al donatore costa ogni volta un euro in più. Credo che per molti sostenitori rappresenti un modo per sentirsi più vicini al progetto, per riconfermare ogni mese il proprio impegno. Per gli anziani coincide con il momento in cui ritirano la pensione». Siamo al cuore del Sad: funziona se il donatore si sente coinvolto. Ogni organizzazione ha un suo modo di gestire l’informazione, la sensibilizzazione e l’aggiornamento dei sostenitori. «Il Sad ha una base emozionale, che poi genera curiosità sul progetto e infine senso d’appartenenza», commenta Daniela Bernacchi, direttore generale di Intervita. «Abbiamo uno staff di 22 persone dedicate alla relazione con i sostenitori, attraverso una linea telefonica. Le domande che riceviamo sull’andamento del progetto sono sempre molto attente e competenti». Fino al punto di voler viaggiare e vedere con i propri occhi come stanno le cose. «I sostenitori che partono volontari CONTINUA IN EDICOLA O sul sito VITA.it PER GLI ABBONATI


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA