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Famiglia & Minori

Adozioni “difficili”: come sostenerle

Al centro del seminario di Cismai, Anfaa e Fondazione Paideia, il ruolo di istituzioni e associazioni

di Redazione

Una coppia che si accosta all’adozione difficilmente pensa in modo spontaneo a un bambino “diverso”; di fronte a lui si sente investita da una responsabilità e da un impegno molto grandi. A volte gli operatori stessi, convinti a priori della difficoltà di trovare famiglie disponibili anche per questi bambini, spesso non le cercano e si arrendono con molta facilità.

Il bambino trascorre così la sua infanzia senza alcun legame vero; per coloro che lo circondano perde quasi la connotazione di un bambino bisognoso di affetto, di contatto, di tenerezza: si cerca di assisterlo o di curarlo dal punto di vita sanitario perdendo di vista il fatto che spesso la situazione è anche aggravata dalla sua condizione di solitudine. Non sempre la storia di questi bambini si conclude allo stesso modo: per alcuni di loro avviene l’incontro con famiglie che si sono lasciate coinvolgere. Indubbiamente l’adozione di questi bambini non può avere luogo con le stesse procedure che si seguono per gli altri.

Per una scelta di questo genere non basta una motivazione che scaturisca da una scelta “dalla parte degli ultimi” e/o di impegno civile: è necessario che scatti un coinvolgimento interiore che permetta di vedere al di là della “diversità”.

È spesso un incontro a determinare la scelta: una famiglia viene a conoscenza, attraverso i canali più diversi, della storia di un bambino e si lascia interrogare.

Non si può però pensare che l’adozione di un bambino “diverso” possa riuscire fidando solo sulla disponibilità della famiglia: è indispensabile poter contare su una rete di rapporti umani e sociali intorno ad essa che arricchisca la vita del nucleo familiare e ne impedisca l’isolamento. La loro disponibilità deve essere accompagnata e sostenuta da tutta la società civile e , in primo luogo, dalle istituzioni.

Il comma 8 dell’’art. 6 della legge 149/2001 recita: «Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992 n.104, lo Stato, le Regioni e gli enti locali possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati» e quindi purtroppo non impegna le istituzioni a fornire gli aiuti previsti in quanto gli stessi sono subordinati alle «disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci».

Tra le Regioni solo il Piemonte ha assunto dei provvedimenti che rendono operative queste disposizioni, erogando attraverso gli Enti gestori degli interventi assistenziali, un contributo spese equiparato a quello per l’affidamento familiare a favore dei genitori adottivi di minori sopra i 12 anni o con handicap accertato, sino alla maggiore età.
E proprio su queste tematiche saranno avviati i lavori del seminario “Come sostenere le adozioni difficili – Il ruolo delle istituzioni e delle associazioni” che, promosso da Cismai, Fondazione Paideia e Anfaa è in programma il prossimo 26 maggio nella sede di Fondazione Paideia a Torino (piazza Solferino 9/b, ore 14 – 17,30).

La partecipazione al seminario è gratuita previa iscrizione (segreteria@anfaa.it)


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