Politica & Istituzioni

A poche ore dal “giorno dopo”

Gli scenari futuri di Pdl e Pd, in attesa dei ballottaggi

di Franco Bomprezzi

Quotidiani che arrivano in edicola consapevoli che i lettori stanno attendendo soprattutto di conoscere i risultati dei ballottaggi, e dunque si barcamenano tra par condicio e dati di affluenza, ma qua e là riescono a gettare uno sguardo oltre l’ostacolo e provano a raccontare in anticipo il giorno dopo.

“Voto nelle città elettori in calo” è il titolo tecnico in apertura del CORRIERE DELLA SERA, perfino Giannelli si limita a una vignetta in stile “Settimana enigmistica”: “Occhi puntati su Milano e Napoli” dichiara un giornalista dallo schermo tv, visibilmente strabico. Bisogna arrivare a pagina 6, dopo le pagine dedicate a tabelle sull’affluenza, e racconti edulcorati sulla domenica dei quattro candidati eccellenti (Moratti e Pisapia, Lettieri e De Magistris), per leggere qualcosa che ci riguarderà a partire da domani. “Berlusconi pensa al dopo elezioni: stati generali per rilanciare il Pdl” è il titolo di apertura del pezzo di Marco Galluzzo, che scrive: “Berlusconi sarebbe sereno per i calcoli che ha già fatto sull’eventuale doppia sconfitta. È chiaro che nel breve periodo aumenterebbero le turbolenze, ma nel medio e nel lungo periodo, sino alla fine della legislatura, il capo del governo è convinto di poter sfruttare a suo vantaggio l’eventuale doppio stop. Immagina Berlusconi un simile scenario: Milano e Napoli nel caos, da una parte i rifiuti che aumentano, dall’altra l’Expo che sfugge di mano all’amministrazione di sinistra. Immagina il premier due governi cittadini che durano poco, al massimo due anni, per entrare certamente in crisi prima della fine del mandato, vittime delle troppe contraddizioni che rinviene nelle coalizioni che li sostengono. Di Pisapia, se vincesse, dice che «farà la fine di Prodi» . Di de Magistris che diventerebbe un incubo peggiore dell’immondizia, per i napoletani. E allora, con il passare del tempo, e con un’oculata campagna mediatica, le due sconfitte potrebbero alla fine diventare persino una risorsa, almeno per il voto politico”. Enrico Marro invece, a pie’ di pagina, si occupa del ministro dell’Economia: “Eurobond e Cina. Tremonti difende le sue «idee fisse»”. Ecco un passaggio: “Tremonti, nella lettera al quotidiano della Confindustria, dopo aver ricordato che anche i ministri dell’Economia di Germania, Francia, Spagna e Regno Unito non sono economisti, difende le sue «idee fisse» . In particolare, sugli eurobond, obbligazioni che dovrebbero essere emesse per finanziare le infrastrutture europee, il ministro sottolinea che si tratta dell’ «unica formula vitale per l’Europa» . Una linea opposta a quella espressa dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che qualche mese fa in un’intervista al Financial Times bocciò gli eurobond, sostenendo che gli «squilibri strutturali di fondo devono essere affrontati a livello nazionale» . Lo stesso Draghi che, con la relazione annuale, domani farà gli esami di economia a Tremonti, probabilmente promuovendolo anche lui sui conti pubblici ma rimandandolo a settembre sulla crescita”. Grandi e piccole manovre nel Pdl, raccontate a pagina 7: “Dal direttorio alle primarie Partito diviso sulle «ricette»” scrive Paola Di Caro. Si discute della proposta di Frattini di creare un “direttorio” per rafforzare il premier: “Roberto Formigoni – racconta la giornalista – ha già fatto sapere che per lui la via da imboccare è quella delle primarie (alle quali annuncia di volersi candidare), per favorire la partecipazione dal basso alla vita del partito. Claudio Scajola — in questi giorni al centro di mille contatti, da Alfano allo stesso Frattini, dalla Gelmini a Formigoni, da Alemanno a Matteoli— dice da tempo che «serve un cambio di rotta deciso» ma «prima bisogna esaminare bene il voto, capire come è andata la Lega. Poi si dovrà decidere» . Alemanno non scopre le carte alimentando voci di ogni genere sul futuro degli ex An negli ultimi tempi divisi. Chi in parte apre alla proposta di Frattini — oltre a parlamentari di peso come Michela Biancofiore e Isabella Bertolini — è Ignazio La Russa: «Un nuovo organismo operativo ci può anche stare» , serve «un congresso» e bisogna «adeguare la struttura alle mutate condizioni politiche» , dice il coordinatore del Pdl bacchettando però il collega per aver evidenziato fratture facendo «nomi e accreditando contrasti» che a lui non risultano. Visione piuttosto ottimistica, considerato che tutti riservatamente ammettono che il partito è davvero a un passo dalla «balcanizzazione»”. Due interviste affiancate chiudono la pagina, alla Polverini e a Gasparri. Interessanti le frasi della governatrice della Regione Lazio: “La verità è che io ho intercettato una massa di voti che era nel Pdl, ma che evidentemente il Pdl non era in grado di controllare» . Questa è un’affermazione pesante. «Lo so, però è su questo che dovremmo interrogarci tutti. A cominciare, ovviamente, proprio da Berlusconi» . Berlusconi deve interrogarsi, eh? «Sì certo. Deve chiedersi che partito è diventato il Pdl. Un partito che ha sempre funzionato grazie a un certo effetto trascinamento: solo che oggi, purtroppo, l’effetto trascinamento si è esaurito»” . A pagina 9 uno sguardo all’opposizione: “Bersani e l’Udc: ora fase costituente. E’ la strada giusta” è il titolo del pezzo di Monica Guerzoni, che scrive, fra l’altro: “«Oggi si volta pagina» , spera il capo del Pd, che dopo aver sofferto per settimane la freddezza dei leader del terzo polo, sembra aver ritrovato la sintonia con Pier Ferdinando Casini. Con il «twit» di due giorni fa, in cui il leader dell’Udc parlava di «grande avvicinamento» tra i partiti delle opposizioni, Bersani ha trovato conferma della bontà delle sue tesi. «Siamo sulla strada giusta» , risponde a chi gli chiede conto dei suoi progetti sul fronte delle alleanze. La strategia non è cambiata, anzi si va rafforzando di ora in ora. E l’architrave dei piani di Bersani resta «l’apertura di una fase costituente» , per unire tutte le forze democratiche che sentono l’urgenza di mandare a casa Berlusconi. A Casini non piace la «deriva» del governo e Bersani, che lo va gridando da mesi, non può che applaudire ai segnali lanciati dai centristi: dall’intervento del leader udc su Twitter alla chiusura della campagna a Macerata con Massimo D’Alema, che per primo ha teorizzato la necessità di un accordo con il terzo polo”.

“Città, caccia all’ultimo voto” LA REPUBBLICA apre con le amministrative che si concluderanno alle 15 di questo pomeriggio. Compaiono già però le prime analisi sul dopo. A cominciare dal retroscena di Francesco Bei: “La Lega avverte il Cavaliere «Indichi presto il successore o alle urne andremo da soli»”. Se i ballottaggi dovessero rivelarsi un bagno di sangue,  Bossi è pronto a presentare il conto. In questo caso, l’idea «è quella di mettere il premier di fronte a una scelta secca: indicare in fretta il proprio successore, oppure dire addio all’alleanza con la Lega. Emissari del Carroccio hanno già iniziato a sondare il terreno con gli uomini più vicini al Cavaliere». «Sulla carta i due nomi più forti sono al momento quelli di Giulio Tremonti e Roberto Formigoni. Il primo per evidenti assonanze con la Lega. Il secondo perché forte della sua “constituency” ciellina, con il vantaggio di liberare il Pirellone per un candidato leghista». Anche da parte Pdl, sommovimenti in corso. La Russa propone un super-coordinamento (e forse, chissà, anche un congresso), mentre Renata Polverini parte all’attacco. Intervistata da Giovanna Vitale, spiega perché considera «finita la coalizione di centro-destra» (due eletti nella sua lista sono passati la settimana scorsa nel Pdl). «Il Pdl», spiega la governatrice lanciata da Berlusconi, «manca di una struttura organizzativa, deve assegnare ruoli precisi che siano espressione di un congresso, i coordinatori scelti dall’alto non bastano più. È necessario creare una squadra di comando, interlocutori certi e autorevoli che sappiano essere punto di riferimento sul territorio». Sul fronte opposto, il monito di Massimo Cacciari: «non si vince vincendo le elezioni ma governando bene». «Occorre definire bene qual è la linea, la proposta di governo. E allargare al centro. Fino siamo solo agli annusamenti Bersani-Casini. Si vada oltre, si dimostri – se si vuole prendere in mano la guida dell’Italia – che oltre alla volontà di mandare a casa Berlusconi c’è anche dell’altro».

“La mossa di Silvio: gli stati generali per rilanciare il Pdl” annuncia IL GIORNALE che scrive: «Due giorni a Villa Certosa per iniziare  a metabolizzare quella che oggi pomeriggio potrebbe  trasformarsi in una vera e propria batosta. Silvio Berlusconi, infatti, è ben consapevole che Milano e Napoli sono a rischio e che una doppia sconfitta potrebbe dare il là a uno tsunami di dimensioni bibliche, pronto ad abbattersi non solo sulla maggioranza di governo ma anche sul partito. Lo sa e non lo nasconde nelle sue conversazioni private del fine settimana durante le quali confida a più di un interlocutore l’intenzione di aprire un nuovo corso del Pdl. Gli stati generali segnerebbero un primo elemento di discontinuità e che darebbe alle varie correnti  la possibilità di organizzarsi. Anche se Denis Verdini e Ignazio La Russa dovrebbero restare ai vertici, la sostituzione del ministro delle difesa aprirebbe altre crepe in una maggioranza già alle prese con le beghe dei Responsabili  e che nei prossimi giorni dovrà ritrovarsi compatta nel voto su quella pseudo-verifica chiesta settimane fa da Napolitano». IL GIORNALE nota che «non è il momento di aprire un confronto con Tremonti, però spiegano i pidiellini off record, il ministro delle Finanze deve decidere  da che parte stare e parlare chiaro».

«Sarà solo una coincidenza politica. Fatto sta che proprio quando, oggi alle 15, si chiuderanno le urne e inizieranno i conteggi per i ballottaggi nei comuni e nelle province, nello stesso istante prenderanno avvio i lavori d’aula della Camera». Comincia così l’articolo di Roberto Turno dal titolo “Il voto pesa sulle Camere” a pagina 13 de IL SOLE 24 ORE. Perché l’esito delle urne, qualsiasi sia il risultato soprattutto a Milano e a Napoli, secondo il quotidiano di Confindustria non potrà non avere effetti sul cammino delle leggi in cantiere e di quelle annunciate dal Governo: prima tra tutte, la manovra da oltre 40 miliardi di “mantenimento” dei conti pubblici attesa ai primi di giugno. Per non dire delle leggi sulla giustizia, della riforma fiscale, quando e se arriverà, o del biotestamento, che per ora restano in freezer. Un’infografica precisa di quali decreti legge stiamo parlando.

Prova a soppesare le conseguenze dell’esito delle Comunali a Milano, LA STAMPA. Lo fa con due interviste appaiate a pagina 5, a Marco Formentini, che è stato il primo sindaco di centrodestra a Milano dal ’93 al ’97 e  a Pietro Borghini, ultimo sindaco di centrosinistra dal ’92 al ’93. Secondo quest’ultimo l’amministrazione Pisapia funzionerà a Milano se sarà capace di riconnettersi «alla tradizione riformista dei sindaci Greppi, Ferrari, Aniasi fino a Tognoli e in parte Pillitteri». «Allora il riformismo era l’espressione politica di una città capitale dell’industria italiana» continua Borghini. «La sinistra in questi anni berlusconiani ha sempre ridotto quella stagione a Mani Pulite e alla fuga di Craxi. Non capendo cos’era diventata Milano: design, moda, nodo di una rete globale». Pisapia «potrebbe essere una svolta politica importante se, vincendo avrà la capacità de l’umiltà di connettersi con questa nuova dimensione. Riformismo oggi è un modo di essere della società. È la sfida della grande Milano, la mobilità, Expo 2015».

E inoltre sui giornali di oggi:

PENSIONI
LA REPUBBLICA – Il rapporto annuale dell’Inps fa emergere un quadro di fortissime disparità: da 3800 euro mensili dei dirigenti si precipita ai cento euro dei co.co.co, delle partite iva, dei precari. Un settore in crescita destinato in futuro a diventare notevole: «è lì che si raggrumano gli incerti… è lì che galleggiano anche i professionisti del Duemila». Susanna Camusso, segretario Cgil, avverte: «non possiamo immaginare un paese con un terzo della popolazione, cioè i pensionati, che sia a rischio di povertà. Già oggi otto pensioni su dieci non arrivano a mille euro. Questo è un paese che sta rinunciando a progettare il suo futuro».

NON PROFIT
ITALIA OGGI –  Il quotidiano dei professionisti dedica una pagina intera alle linee guida sui rendiconti e i principi contabili che riguardano il terzo settore approvati la scorsa settimana dal tavolo commercialisti –Agenzia per il terzo settore- Oic (Organismo italiano di contabilità). Secondo il pezzo “Il non profit sulla scia del profit” , i  pilastri del bilancio del terzo settore saranno basati sulla continuità e la competenza economica. Per quanto riguarda la voce continuità  «i bilanci sono redatti in base al presupposto che l’ente sia in funzionamento e che continui ad esserlo nel prevedibile futuro laddove con prevedibile futuro si intendono almeno dodici mesi successivi alla data di chiusura». La competenza economica invece «si fonda sulla irriverenza delle dinamiche finanziarie rispetto alla rappresentazione del valore economico. Pertanto i proventi e gli oneri devono essere rappresentati nel rendiconto della gestione dell’esercizio in ci essi hanno trovato una giustificazione economica». 

DIVORZIO
CORRIERE DELLA SERA – “Anche Malta dice sì al divorzio. Cade l’ultima trincea in Europa”. Referendum nell’isola e il 52,6% è favorevole. Il pezzo a pagina 17. “Il Pannella maltese si chiama Jeffrey Pullicino Orlando, professione dentista – scrive Michele Farina – : da ieri si è assicurato un posto nella storia dell’arcipelago (il più cattolico e il meno popoloso dei 27 Paesi dell’Ue) oltre a un certo risparmio sul proprio conto in banca. Separato dalla moglie (deputata dell’opposizione laburista), l’onorevole Pullicino (partito Nazionalista) era rassegnato a pagarsi un costoso divorzio all’estero (ammesso dalla legge come l’annullamento delle nozze da parte delle autorità ecclesiastiche). Invece il referendum da lui promosso è passato. Di poco ma è passato: nell’anno domini 2011 il 52,67%dei maltesi hanno detto sì al divorzio, in una delle consultazioni più calde che Malta ricordi. Da una parte la Chiesa cattolica pesantemente coinvolta nella campagna referendaria, anche con anatemi dai pulpiti (metà dei maltesi va a messa la domenica) e poster giganti nelle strade («Kristu Iva, divorzju le» ). Dall’altra un fronte laico che ha agitato lo spettro del Medioevo e quello della violenza familiare: «E se fosse tua figlia? » era lo slogan di un manifesto accanto all’immagine di una moglie picchiata. Insomma roba da Peppone e don Camillo, o da Pannella e Fanfani se vogliamo paragonarlo al nostro referendum del 1974”.

FAVELAS
LA STAMPA – “Rio riparte dalle Favelas. Una sfida per 40 architetti”. Rio De Janeiro si prepara a cambiare volto, racconta un reportage di Paolo Manzo ripreso in prima pagina. Da qui al 2020 il programma “Morar Carioca” ridisegnerà 215 delle 600 favelas della città, grazie a un finanziamento di 4 miliardi e mezzo di euro sostenuto dalla Banca interamericana per lo sviluppo. Nei mesi scorsi è stato indetto un concorso per i migliori 40 progetti al quale hanno partecipato i più importanti studi di architettura del Brasile. A dare un impulso al restyling sono stati anche due appuntamenti che la città brasiliana si appresta ad accogliere: la Coppa del Mondo di calcio del 2014 e le Olimpiadi del 2016.


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