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E alla Biennale c’è un padiglione in più

È quello dei rom. Ospitato a Palazzo Zorzi. È la prima volta che succede. Ecco cosa si vedrà

di Redazione

Un intero padiglione dedicato all’arte e alla cultura rom. È questa una delle sorprese più accattivanti della 54esima edizione della Biennale di Venezia: la mostra Call the witness ha aperto i battenti l’1 giugno e animerà fino al 9 ottobre Palazzo Zorzi, sede dell’ufficio dell’Unesco in Laguna.
Voluta dalla Open Society Foundations del magnate Usa di origine ungherese George Soros e dalla piattaforma artistica Bak di Utrecht, si tratta di un’iniziativa unica nel suo genere perché si basa sull’improvvisazione totale e sul fatto di essere in continua evoluzione: a darle corpo, infatti, si alternano testimonianze di varia natura (da performance a vere e proprie opere d’arte, da conferenze a tavole rotonde con artisti, filosofi e politici) di artisti rom ma non solo. Tra chi ha già confermato la propria presenza vi sono infatti lo stesso Soros, lo scrittore inglese di origine indiana Salman Rushdie, il vicesegretario generale del Consiglio d’Europa Maud de Boer Buquicchio, il professore universitario inglese Thomas Acton, e una nutrita schiera di autori, registi e attivisti per i diritti dei rom, che accompagnano le decine di artisti romanì che via via stanno riempiendo gli spazi del padiglione con le loro opere, molti dei quali provenienti da Serbia, Bosnia, Romania, Germania, ma anche Canada, Finlandia e Stati Uniti.
Il popolo rom non ha mai avuto una propria patria, «proprio per questo l’internazionalità è il valore aggiunto del padiglione», spiega Maria Hlavajova, direttore artistico della mostra, ispirata agli ideali di Constant Nieuwenhuys, visionario artista olandese, morto nel 2005 a 85 anni, che nel 1956 aveva progettato l’elaborato masterplan “New Babylon”, un campo nomadi all’avanguardia da realizzare nella città piemontese di Alba (non si è mai concretizzato, ma il progetto è ancora attuale). «L’obiettivo di Call the witness è rendere testimonianza delle lotte delle comunità rom nel mondo, da sempre ai margini della società tradizionale e continuamente vessate dall’ostilità nei loro confronti», continua Hlavajova, «dalle deportazioni e lo sterminio di massa della seconda guerra mondiale fino ai rimpatri forzati e alle registrazioni su base etnica nell’Europa dei giorni nostri». I lavori prodotti nel padiglione durante la Biennale possono essere visti anche via web, sul sito ufficiale del progetto (http://callthewitness.net) che è inserito nelle attività sostenute dal Decennio 2005-2015 dell’inclusione rom e può contare sulla partnership di Commissione europea, Consiglio d’Europa e di diversi enti non profit internazionali, tra cui l’ong olandese Hivos e la Fondazione Mondrian.


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