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Sostenibilità sociale e ambientale

Referendum, cosa abbiamo combinato?

Sui giornali le ricadute politiche, economiche e pratiche

di Franco Bomprezzi

Referendum, il giorno dopo l’onda di piena della partecipazione popolare al voto, con la relativa cancellazione delle norme su acqua, nucleare e legittimo impedimento: i giornali dedicano tantissime pagine all’argomento, affrontandolo da due punti di osservazione: le conseguenze politiche per il governo, ma anche il merito del voto, e cioè le conseguenze per il futuro.

“Trionfo del sì, un colpo al governo”: apre così il CORRIERE DELLA SERA, con servizi fino a pagina 17. Due editoriali in prima, di Antonio Polito “Una lunga stagione al tramonto”, e di Michele Ainis “L’energia positiva di un voto”. Interessante la scelta di affidare a tre firme importanti il tema del “Che cosa accade ora”. “Senza i privati più tasse o tagli” di Massimo Mucchetti, “Il secondo addio alle centrali” di Sergio Rizzo, e “Le (piccole) ricadute sui processi al premier” di Giovanni Bianconi. Prima di arrivare a questi contributi di idee, si passa attraverso una decina di pagine di reazioni politiche, da Berlusconi alla Lega, da Di Pietro a Bersani, con interviste e dichiarazioni che sembrano preludere, in ogni caso, a un’accelerazione della crisi politica. La Lega in particolare arriva al consueto appuntamento di Pontida, domenica prossima, con l’insofferenza per queste continue “sberle” (come le ha definite ieri Calderoli). Interessante a pagina 13 la prima conseguenza pratica: “A Piazza Affari volano le aziende dell’energia pulita”. Scrive Federico De Rosa: “La reazione a caldo, giocata sul filo della speculazione, è figlia di un ragionamento elementare: se gli italiani hanno detto di no al nucleare a questo punto l’unica alternativa sono le rinnovabili. Tanto semplice quanto efficace, almeno in Borsa dove la vittoria dei «sì» al referendum ha scatenato una vera e propria euforia per le società che producono energia pulita. La big Enel Green Power, quasi 10 miliardi di valore e un’attività concentrata sull’idroelettrico, è arrivata a guadagnare fino al 4%per poi chiudere con un rialzo dell’ 1,41%, che si aggiunge al +22%segnato da inizio anno. Nulla in confronto al terremoto che ha accompagnato il risveglio delle più piccole Kerself, Kr Energy, Pramac, Ergy Capital, salite tutte di oltre il 10 per cento dopo diverse sospensioni per eccesso di rialzo. Se non fosse bastato l’effetto referendum, l’annuncio sul cambio di strategia del governo e la promessa di un forte impegno sulle rinnovabili hanno fatto il resto”. Di spalla una storia curiosa ma fondamentale per capire la genesi del referendum sull’acqua: “Aprilia, l’avanguardia dove iniziò la sfida ai privati”. Leggiamo: “La battaglia contro l’acqua privata? Tutto cominciò a Latina. Meglio: ad Aprilia, 70 mila anime in una provincia talmente caparbia da riuscire a mettere in ginocchio il gestore privato dell’acqua imposto dalla giunta nel 2004, quella che oggi non c’è più. Oggi ad Aprilia c’è una giunta guidata dal sindaco Domenico D’Alessio che combatte insieme ai membri del comitato civico la gestione privata (e costosa) di Acqualatina Spa e che ieri, sempre con loro, ha festeggiato la vittoria di un referendum che ad Aprilia sentono un pochino come il loro. Tutto dunque cominciò nel 2004: ad Acqualatina Spa viene affidata la gestione dell’acqua di Aprilia e Alberto De Monaco si mette a capo di una rivolta cittadina, impugnando contratti e carte bollate, unici nel loro genere in Italia. «La nostra è stata una rivolta ampiamente legittima» , dichiara lui che è un dipendente delle forze armate e che il diritto lo ha imparato sul campo. E che campo. Garantisce De Monaco: «Abbiamo vinto più di mille ricorsi in tribunale, dopo una battaglia che è stata davvero dura»” . A piede l’intervista a Andrea Ronchi, è sua la legge abrogata ieri dal referendum. Andrea Garibaldi scrive: “Lei, Ronchi, è lo sconfitto del giorno? «Sono convinto di aver fatto una buona legge. Il voto blocca le liberalizzazioni della gestione dei servizi pubblici: acqua, rifiuti, metropolitane. Per far funzionare questi servizi ci vogliono 120 miliardi. Come faranno i Comuni che sono senza un euro?» . Come? «Non faranno niente. I servizi peggioreranno» . Colpa degli italiani? «La volontà degli elettori va comunque rispettata, ma il risultato è chiarissimo: hanno vinto i conservatori, quelli che vogliono fermare lo sviluppo in Italia» . Forse è stata bocciata l’idea della privatizzazione obbligatoria. «Non era obbligatoria, le imprese pubbliche efficienti e trasparenti potevano continuare ad operare. La legge si sarebbe potuta migliorare, tutto è migliorabile. Importante sarebbe stato mantenere lo spirito»”.  

“Valanga di sì, schiaffo a Berlusconi”: LA REPUBBLICA titola con il quorum al 57% e la massiccia risposta popolare, cui dedica le prime 14 pagine interne. Al di là delle reazioni politiche (con la Lega ormai fibrillante e l’ultimo sondaggio che dà il Pd primo partito), ci sono quattro schede per il dopo-quesiti. Si comincia dal legittimo impedimento. Segue l’acqua: “I sì travolgono i privati ma ora i comuni avvertono «Servono nuove norme»”. Secondo l’Anci servono nuove norme  perché l’abrogazione della legge «crea una situazione di incertezza da cui bisogna uscire». Si devono anche trovare i 64 miliardi da investire nel ciclo idrico (l’Italia è già stata messa sotto procedura dall’Ue). Di fatto, scrive Ettore Livini, si rischia che si aprano molti contenziosi legali. Secondo i promotori del referendum, la Corte costituzionale ha precisato che già nelle prossime bollette si dovrà ricalcolare il prezzo eliminando la remunerazione per il gestore. Le gestioni in essere continueranno a vigere fino a scadenza. C’è poi la scheda sul nucleare (la rinuncia al quale libera risorse per circa 45 miliardi di euro). Da segnalare due commenti. Il primo è l’editoriale di Ezio Mauro: “Il flauto magico spezzato”. «L’uomo che evocava il popolo contro le istituzioni, contro gli organismi di garanzia, contro la magistratura, è stato bocciato dal popolo nella forma più evidente e clamorosa». E ancora: con questo voto vince «una politica reticolare, a movimento, incentrata sui cittadini più che sulla adulazione del popolo. Cittadini consapevoli che aggirano l’invasione mediatica del cavaliere sulle televisioni di stato, mandano a vuoto l’informazione addomesticata dei telegiornali, si organizzano sulla rete». Davanti a questo cambio, «le miserie dei burocrati spaventati che reggono la Rai per conto di Berlusconi sembrano ormai tardive e inutili». Sulla stessa linea il secondo commento, di Gabriele Romagnoli: “La primavera dei giovani”. Sta arrivando sulla scena politica un nuovo corpo elettorale, fin qui sottovalutato e molto attento alle questioni concrete, stanco di una politica che è invecchiata di colpo. «Sotto i trent’anni non c’è praticamente più nessuno che guardi un notiziario. La verità, la strepitosa verità, è che Minzolini e Fede non generano consenso, ma parodie».

Il GIORNALE apre a tutta pagina con il titolone “Ha vinto la paura”. Nell’editoriale Vittorio Feltri, tornato da poco in via Negri, spiega «Suggestionata da pubblicità ingannevole, più della metà degli italiani ha risposto al richiamo dei referendum che, pertanto, hanno ottenuto il quorum necessario alla loro validità. Non c’è da stupirsi. Dopo il disastro in Giappone, la gente è letteralmente terrorizzata dal nucleare e lo rifiuta. Contro la paura, razionale o irrazionale, non c’è rimedio. E molti cittadini di centrodestra si sono uniti a quelli di centrosinistra nel respingere l’energia giudicata “pericolosa”. La politica non c’entra. Chi assicura che s’è trattato di una consultazione per dire Sì o No a Silvio Berlusconi sbaglia sapendo di sbagliare. Ricorre cioè a un’interpretazione forzata del voto nella speranza di realizzare un sogno: far saltare il banco, buttare giù il governo e sostituirlo con un sarchiapone tecnico in attesa di elezioni anticipate, magari con una nuova legge elettorale cucita su misura per favorire le sinistre da troppo tempo a digiuno di potere». Nicola Porro firma “Ecco quanto ci costano le favolette ambientaliste”, «e adesso questo benedet­to referendum ce lo paghiamo. Le folle festanti che gioiscono per l’acqua pubblica e l’energia finalmente verde hanno inconsapevolmente scelto per tutti noi: più tasse. Non penseranno mica che il conto sia gratis», spiega il giornalista. Quanto ci costa? «L’Authority ha calcolato per il 2011 tale incentivo in circa 5 miliardi di euro. Ma chi ha messo per terra una pala o un pannello ne ha diritto (a tariffa costante senza riduzioni) per i prossimi 20 anni. A casa nostra la somma fa cento miliardi di euro. Già quest’anno le nostre bollette della elettricità sono aumentate del 3,9 per cento, di cui il 3 per cento per i sussidi a vento e sole (fonte Authority per l’Energia). Gli italiani hanno votato per aumentare il loro «debito pubblico elettrico» per cento miliardi di euro». 

“Tutti al mare” titola IL MANIFESTO in  un’edizione quasi monotematica su referendum, otto pagine più la prima su sedici, sono infatti dedicate alla vittoria dei sì. La foto di piazza del Popolo a Roma ieri pomeriggio durante i festeggiamenti dà il tono dell’edizione odierna. Norma Rangeri scrive nel suo editoriale “Massa critica”: «Se i risultati delle elezioni dei sindaci segnano una svolta, quelli dei referendum la definiscono: il 57 per cento di votanti polverizza la scoglie del quorum e ci consegna una svolta storica. Osteggiati dai partiti, irrisi dagli analisti, boicottati dal populismo berlusconiano, i referendum resuscitano e segnano, come già molte altre volte nella nostra storia, il tramonto di un’intera fase politica. Un messaggio chiaro (e devastante) per le destre, un avvertimento (preciso) per il centrosinistra. Ha vinto un paese stufo ma non rassegnato, che fa da sé e si muove con strutture orizzontali, per piccoli gruppi (…) La scandalosa affluenza fa scoppiare la vecchia coppia al potere: Bossi e Berlusconi, insieme sugli altari della lunga stagione dell’egoismo sociale, insieme nella crisi con la propria base elettorale. Bossi che si unisce a Berlusconi nell’ostentazione dell’astensione (mentre tutto il nord corre al voto) è solo l’ultimo segno del declino (…)» e conclude: «(…) Se si considerano le potenti armate mobilitate per far fallire la partecipazione al voto (la tv silente, le manovre di leggi-truffa sul nucleare), se si aggiunge il freno del Pd (legittimo impedimento? un boomerang), quel 57 per cento raddoppia persino il suo potenziale alternativo, consegnando al futuro prossimo il terzo round: vinte due battaglie ora ci aspetta la terza: le dimissioni di Berlusconi. Dopo, tutti al mare». A pagina due un box racconta la “Gioia a Napoli – Dove i beni comuni ora hanno un assessore”, mentre a specchio, a pagina 3 un altro box punta l’obiettivo sui referendum cittadini di Milano “I milanesi pretendono una città più ecologica”. Alle pagine 4 e 5 si guarda alle ricadute politiche a sinistra e non solo “Governo in fin di vita, il premier non può salvarlo” è il titolo di apertura per ricordare, come si legge nel sommario “Verifica il 22 giugno. La Lega minaccia elezioni che adesso però non convengono a nessuno. Intanto il cavaliere batte in ritirate e Alfano si prepara”, a pagina 5 occhi puntati sulle opposizioni “Farli ballare (ma non cadere)” titola l’articolo dedicato al Pd, mentre due box sono dedicati a Bonanni “Chi non vota Bonanni è. Tutto il potere alle classi dirigenti” e a Vendola”Vince l’Italia dei beni comuni. E ora al voto”. Fuori dall’analisi politica, si entra nel temi referendari a pagina 6. In una banda grigia in testa a pagina 7 si ricorda «Il voto dice: mai più decisioni calate dall’alto. Dieci anni dopo il Social forum di Genova, la lunga marcia dei movimento approda al cambiamento». Nell’analisi di Alberto Lucarelli “Verso un manifesto di beni comuni” si legge: «Oggi, a due settimane dai trionfi di Napoli e Milano e a dieci anni dal G8 di Genova, festeggiamo la vittoria del referendum sull’acqua e soprattutto un nuovo modo di fare Politica. (…) Partiti in pochi, ma decisi e già consapevoli dei saccheggi che si stavano realizzando sui beni comuni, il movimento con coerenza, rigore, umiltà, forza di ascolto e di inclusione ha saputo e voluto raccogliere e declinare il grido di Genova 2001, dichiarando l’esigenza di uscire dalle logiche proprietarie e individualistiche (…) La vittoria di oggi è la prove che partecipazione e beni comuni sono nuove categorie che stanno contribuendo alla nascita di nuove soggettività politiche fuori ed oltre il sistema dei partiti (…)» e chiude «Da oggi obiettivo politico primario sarà la realizzazione di un governo pubblico e partecipato dei beni comuni, in una prospettiva di effettivo cambiamento». Le ultime due pagine dedicate ai referendum analizzano da un lato l’affluenza record della Toscana «(…) E Firenze dove l’acqua costa più cara secondo alcune associazioni, è il capoluogo “più referendario” d’Italia». Si intervista il neo assessore all’ambiente del Comune di Napoli «saremo un laboratorio di democrazia partecipata». 

IL SOLE 24 ORE apre sui referendum “Ai referendum stravincono i sì”, affida il consueto commento a Stefano Folli (“Nelle urne il fallimento della politica”) e approfondisce i temi acqua ed energia.  Sull’acqua torna alla carica Giorgio Santilli, che già nei giorni di campagna elettorale aveva attaccato a spada tratta sulla consultazione. Titolo “Nei servizi vince l’in house”: «Per acqua, rifiuti e trasporto locale si apre una nuova stagione: il ritorno al predominio dell’in house. O, se si preferisce, il mantenimento del predominio attuale. Un predominio che nelle risorse idriche riguarda il 60% delle attuali gestioni, con prospettive di nuove espansioni future della macchina pubblica, a scapito dei concessionari privati e delle spa miste che hanno bisogno di una gara per poter acquisire la gestione. La gara non è più obbligatoria. Sono le aziende pubbliche controllate al 100% dagli enti locali e affidatarie del servizio senza alcuna gara i veri vincitori del referendum: tutte le attuali gestioni vengono salvaguardate fino alla loro scadenza naturale. Anche per dopo, un trionfo del pubblico: con il voto referendario il divieto di affidamento in house è saltato. Anche per la “casta” è un bel successo: poltrone e assunzioni garantite ai sistemi politici locali per i prossimi decenni.
La rivoluzione promessa dalla riforma Fitto-Ronchi, con la fine prematura delle gestioni in house a fine 2011 e con l’avvio di una nuova stagione di gare per affidare il servizio a nuovi gestori, viene spazzata via. Per introdurre una norma che liberalizzasse i servizi pubblici locali il Parlamento aveva impiegato più di dieci anni. Cade anche la privatizzazione forzata, che era il vero obiettivo dei referendari, almeno ufficialmente. (…) Per la gestione dell’acqua un’ulteriore spinta alla ripubblicizzazione o, meglio, alla rifiscalizzazione del settore arriva dal secondo quesito, quello sulla tariffa idrica. Viene cancellata la “adeguata remunerazione del capitale investito” dagli elementi che contribuiscono a formare la tariffa pagata dai cittadini per la fornitura dei servizi di distribuzione dell’acqua, di depurazione e di fognatura. Restano ferme le altre componenti della tariffa idrica previste dal primo comma dell’articolo 154 del decreto legislativo 152/2006 (codice ambientale). Oggi l’adeguata remunerazione del capitale, che copre l’ammortamento degli investimenti al lordo dei costi finanziari del debito, è fissata al 7%. Difficile che passi la linea interpretativa dell’ala più estrema dei promotori referendari, quella che vorrebbe il finanziamento con  contributo pubblico a fondo perduto per tutti gli investimenti (pianificati in 64 miliardi per i prossimi trenta anni). Sarà quindi necessaria una nuova legge per capire se e quanto si debba remunerare il capitale investito: dovrà stabilire criteri diversi da quelli di oggi, ma senza banche e capitali privati esiste solo lo Stato. E lo Stato oggi non ha risorse per finanziare questi investimenti. Il rischio è quello di ridimensionare notevolmente i programmi che prevedono lavori per ridurre le perdite nella rete acquedottistica e per realizzare gli impianti di depurazione» necessari per adeguarci agli standard europei».

“Municipalizzate, qui vive la Casta“: Secondo l’analisi di ITALIA OGGI a pag 4, gli effetti del referendum sull’acqua aumenteranno il dominio della politica e i capitali esteri non arriveranno. «Gli investimenti necessari per modernizzare la rete dei servizi pubblici locali non saranno possibili. Potrebbe aumentare il debito pubblico. E i tanto agognati investitori esteri resteranno al di là delle Alpi». La tesi è degli economisti vicino alla sinistra e al Pd.  Tra questi, Franco Bassanini, fa notare come «nei tre settori coinvolti dal referendum, acqua, rifiuti e trasporti, sono previsti investimenti di 100 miliardi di euro in 10 anni. Sono 7 punti del pil. Il paradosso» secondo il ragionamento che Bassanini aveva maturato prima delle elezioni «è che se vince il referendum gli investimenti ci vengono bloccati dal patto di stabilità interno. Le società che gestiscono i servizi idrici, come l’Acquedotto Pugliese, resteranno pubbliche. Questo vuol dire che se la Cassa depositi e prestiti eroga un finanziamento a quelle società, Eurostat lo contabilizza nel debito pubblico facendo scattare la tagliola del rigore. Un disastro per il paese». Nel pezzo anche le tesi di Enrico Morando e Linda Lanzillotta.   

Interessante, sul quotidiano online IL SUSSIDIARIO, l’editoriale di oggi: “Referendum, quale cambiamento?”. Ecco cosa scrive, a firma “Redazione”: “Paradossalmente, questa controrivoluzione anti-Berlusconi si compie attraverso gli stessi strumenti portati in auge dal Cavaliere: la televisione, i giornali, l’uso dei mass-media, l’impatto dell’immagine a scapito dei contenuti, il clima di scontro continuamente alimentato. Pisapia, De Magistris, Grillo sono figure create dal tam-tam della grande stampa, dai talk-show politici in tv, dai social-network su internet che favoriscono incontri virtuali tra le persone senza scendere al cuore del desiderio di ognuno. Le forze autenticamente riformiste, a destra come a sinistra, sono fatte fuori. Le amministrative e i referendum urgono un cambiamento. È necessario abbandonare il ritorno all’ideologia statalista (che ha prodotto deficit insostenibili nei bilanci pubblici, inefficienze e rendite di posizione per il sottobosco della politica) e invece sostenere il contributo che ciascuno (pubblico, privato, opere sociali) può dare al bene comune, senza rivoluzioni a metà e senza più illudere il popolo”.

“Referendum stravincono i sì” è l’apertura di AVVENIRE che sottolinea nell’occhiello come dopo 16 anni si sia raggiunto il quorum. Molte le pagine che il quotidiano dei vescovi dedicano al risultato dei referendum a partire dall’editoriale del direttore Marco Tarquinio sul “segnale serio e scomodo” “La macchina delle sberle” è l’eloquente titolo. Nelle interviste di analisi si segnala, con un richiamo in prima pagina l’intervista a Giuseppe Roma, direttore generale del Censis dal titolo “«C’è una maggioranza insofferente a questa politica»” che, a pagina 7, sottolinea come «L’obiettivo principale era proprio il quorum. La partecipazione deve essere riferita a una generale ondata di fastidio e di disagio dell’elettorato soprattutto dell’opposizione (…) È cambiato il vento dell’opinione pubblica in generale, e i referendum vanno presi come un segnale nei confronti della politica in generale» E infine sottolinea che «A parte la vittoria dei sì questo è il momento buono per le idee nuove e per le persone che vogliono impegnarsi, che abbiano una forte base culturale (…) Siamo in un passaggio importante (…) Chi è nella società civile deve fare un passo avanti. Se si dice ai politici di professione di are un passo indietro, va detto ai non politici di professione che questo è il momento dell’impegno». Tra i pareri, a pagina 9 si sottolineano quello di Franco Miano (Azione Cattolica) «I cattolici determinanti» e Andrea Olivero (Acli) «Ha vinto la società civile». A piè di pagina l’articolo “L’Anci insiste: «Ma l’alleanza con il privato può funzionare»”.

“Boom di sì, messaggio al governo”. LA STAMPA dà ampia copertura all’affluenza inaspettata alle urne per i referendum, con le prime tredici pagine di commenti, analisi, interviste e retroscena politici. In prima pagina il direttore Mario Calabresi colloca il risultato del referendum in una serie di eventi che definisce «lunga e imprevista primavera di cambiamento»: dalla mobilitazione delle donne, «scese in piazza senza simboli di partito e con numeri stupefacenti», passando per le amministrative a Milano e Napoli e ora il referendum: «l’ultima sorpresa che appare come la più forte e simbolica: più di 28 milioni di italiani sono tornati alle urne».  LA STAMPA richiama spesso il ruolo di Internet: “Tv sconfitta, vince twitter” è uno dei titoli in prima pagina, e a pagina 5 il sociologo Masi parla di «ciclone internet»: non sono più i partiti a invitarti a votare, ma il tuo amico su Facebook. Secondo il vicario di Roma Agostino Vallini, il successore di Ruini, intervistato a pagina 8, «E’ in atto una ridefinizione degli stili di vita e ciò deriva da una maturazione culturale sotto traccia ma estremamente incisiva». In un’intervista a tutta pagina 9 Rosy Bindi parla di una nuova «idea di sviluppo che sarebbe sbagliato sottovalutare». A pagina 7 si spiega com’è nato il referendum sull’acqua: Ugo Mattei, professore di diritto civile all’Università di Torino l’ha promosso insieme al suo collega napoletano Alberto Lucarelli, titolo dell’articolo: “La scommessa sull’acqua del professore di Torino”, che ora dice: «Abbiamo vinto la sfida impossibile contro tutti i partiti». Ai singoli quesiti del referendum LA STAMPA dedica pagine ad hoc in cui spiega cosa cambierà ora. Sull’acqua la parola spetta ai Comuni, saranno loro a decidere se fare gare o affidamenti diretti. Sul nucleare ora restano solo le energie verdi, mentre la società Enel-Edf sarà sciolta, ma l’elettricità non manca: la potenza installata è il doppio del fabbisogno. Sul legittimo impedimento: il premier non potrà più opporre motivazioni istituzionali per non presentarsi davanti ai giudici.

E inoltre sui giornali di oggi: 

ECONOMIA
LA REPUBBLICA – “Lunedì nero per Grecia, Portogallo e Irlanda”. Ennesimo declassamento per il paese elladico, mentre i tassi di rendimento dei debiti dei paesi più a rischio si innalzano (Portogallo, Irlanda e Spagna). Un attacco speculativo a pochi giorni dall’incontro fra i  ministri dell’eurozona e mentre la frattura tra Germania e Bce è sempre più evidente. I mercati cominciano a dare per scontato un default della Grecia e dunque per assai probabile una sua uscita dall’euro.

DISABILI
ITALIA OGGI – Bisogna rispondere ai nuovi bisogni educativi degli studenti con disabilità e creare un modello di integrazione e sperimentarlo in 2-3 province. Il quotidiano dei professionisti pubblica la sfida che Fondazione Agnelli, Caritas e l’associazione TreLLE lanciano questa mattina a Roma, illustrando il rapporto “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte” di cui il pezzo “Alunni disabili, sono 200 mila” anticipa alcuni dati.

LA STAMPA – “Sostegno a scuola, ora si cambi”. Una nuova proposta sul sostegno a scuola arriva da Caritas, Fondazione Agnelli e Associazione Treelle: creare uno sportello unico per affrontare e risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, riformando profondamente le modalità e l’applicazione del sostegno a scuola. La proposta prevede la creazione di Cri, Centri risorse per l’integrazione a livello provinciale o anche subprovinciale. Saranno loro a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare le risorse e a svolgere un servizio di assistenza alle famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. La proposta prevede anche il graduale inserimento degli insegnanti di sostegno nel normale organico della scuola, e una loro maggiore formazione e professionalizzazione.

AVVENIRE – A pagina 11 viene presentato il rapporto di Fondazione Agnelli, Caritas italiana e associazione Treellle che riconosce la bontà della legislazione italiana in fatto di abbattimento delle barriere, ma propone la creazione di uno sportello unico per istituti scolastici e famiglie. “Disabili a scuola: investire in qualità” titola l’articolo in cui si sottolineano alcune proposte per l’integrazione, come il fatto che i docenti di sostegno debbano essere più integrati, mentre quelli curriculari devono specializzarsi di più.

HAITI
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 22: «E’ ora di sbloccare i 13 miliardi di aiuti raccolti per Haiti». Paolo Foschini raccoglie le preoccupazioni di padre Rick: “padre Richard Frechette, il prete medico americano che da trent’anni guida e continua a far crescere con gli operatori di Nph e della fondazione italiana «Francesca Rava» un complesso di ospedali e orfanotrofi nella capitale e non solo. In questi giorni è in Italia per accompagnare un gruppo di haitiani ad altrettanti stage di formazione manageriale perché possano tornare indietro a promuovere nuove attività: «Perché è il lavoro — dice padre Rick — l’emergenza più pressante di Haiti. Se non si sblocca questo aspetto, anche il resto è destinato a restare fermo» . Spiega: «Il mondo l’anno scorso ha raccolto per Haiti 13 miliardi di dollari e non si fidava dei governi precedenti per affidare a loro la cassa. Ma adesso è ora di fidarsi. Bisogna far partire i grandi piani per ricostruire le infrastrutture e rimettere in moto la microeconomia»”.  


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