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Politica & Istituzioni

Manovra, sotto a chi tocca

Bloccate subito le misure sulle pensioni, caos sui numeri

di Franco Bomprezzi

E’ durata poche ore la tenuta della “quadra” annunciata al termine del vertice di Arcore tra Pdl e Lega. Il Carroccio riapre la discussione sulle pensioni, dopo la sollevazione popolare seguita all’ipotesi di non conteggiare ai fini del ritiro dal lavoro gli anni della laurea e il servizio militare. Ma anche sulla lotta all’evasione fiscale il dibattito è confuso e al momento i conti non tornano (i famosi “saldi invariati” richiesti dall’Unione Europea). Ecco come i giornali di oggi raccontano questa situazione complessa e fluida.

“Si riapre la partita delle pensioni”: apre così il CORRIERE DELLA SERA, registrando subito la clamorosa presa di distanze della Lega sulle pensioni. In poche righe ecco il sunto della giornata: “Silvio Berlusconi assicura che ora la manovra è più equa. Ma a poche ore dalla chiusura del vertice di Arcore si riapre la partita sulle pensioni. E torna la tensione tra Pdl e Lega. Gli interventi sul sistema previdenziale saranno infatti con tutta probabilità modificati, visto anche il polverone che si è alzato sulla nuova manovra e i rischi di cause per le norme sul riscatto degli anni di laurea e del servizio militare. Duri i commenti dell’opposizione. La Cgil parla di «golpe», a proposito delle misure sulle pensioni. Dubbi arrivano dalla Corte dei conti e da Bankitalia: c’è il rischio stagnazione”. E Sergio Rizzo e Gianantonio Stella firmano a quattro mani l’editoriale: “L’evasiva lotta all’evasione”. Leggiamo un passaggio: “In un momento in cui si moltiplicano le perplessità per i miliardi che mancano ai «saldi invariati» (quattro, cinque, chissà…) e autorevoli istituzioni segnalano che le entrate statali viaggiano verso il 50% del Pil, con il record assoluto di pressione fiscale a dispetto degli slogan «meno tasse per tutti», il governo, la maggioranza, la classe dirigente, avrebbero un disperato bisogno di credibilità. Messa a rischio da troppe norme sfarfalleggianti e sconcertanti contraddizioni. Prendiamo la lotta all’evasione fiscale. Per anni il Cavaliere, al di là dei condoni a raffica, ha ripetuto che evadere, per chi deve dare allo Stato più di un terzo di quanto guadagna è «un diritto naturale nel cuore degli uomini». Ha detto che «dare soldi alla Guardia di finanza non è considerato reato dall’88% degli italiani». Ha raccontato barzellette tipo: «Due banditi entrano in un ufficio e urlano: “Questa è una rapina”. Un impiegato: “Ah, credevo fosse la Finanza”»”. Molte pagine dedicate alla manovra e alle sue varianti. Interessante a pagina 2 il pezzo dedicato alla “giungla degli emendamenti” e firmato da Alessandro Trocino: “Milleduecentosettantatré emendamenti, una montagna poco incantata di fogli vergati in burocratese stretto, profluvio di commi e codicilli. Alcuni vanno avanti per righe e righe in una vertigine di dotte analisi e astruse dissertazioni. Altri si limitano ad aggiungere un umile ma fatale «nonché» a un articolo oppure impongono la decisiva soppressione dell’oscuro «comma 4 quinquies». È la manovra allo stato magmatico, un concentrato di emendamenti di partito e di singoli senatori, dietro i quali si intravvede un serio tentativo di migliorarla, ma anche molto protagonismo da gloria effimera nonché l’ombra delle lobby e dei particolarismi. Emendamenti destinati a cadere, probabilmente, sotto la mannaia del voto di fiducia”. A pagina 5, titolo di apertura: “Pensioni, si riapre il fronte. E spunta l’ipotesi fiducia”. Scrive Paola Di Caro: “Sembrava tutto risolto, con soddisfazione generale: contento Berlusconi, contento Tremonti, contento Alfano, contenti i leghisti. Ma sono bastate poche ore per togliere il sorriso dal volto dei protagonisti. E far riprecipitare nel caos la manovra (riscritta lunedì ad Arcore per la terza volta dopo la prima di luglio e quella varata il 12 agosto) e soprattutto la maggioranza. A ieri sera, praticamente ogni nuovo capitolo inserito durante il mega summit era tornato in discussione, a partire da quello che ha suscitato le maggiori proteste e indignato sindacati e categorie interessate: l’intervento sulle pensioni con l’impossibilità di far valere ai fini del raggiungimento dei 40 anni di servizio gli anni riscattati per la laurea e il servizio militare. E tanto sembra riaperta la partita che torna anche l’ipotesi di mettere mano da subito all’Iva, che era invece stata difesa da Tremonti come strumento indispensabile da usare nella delega fiscale per evitare tagli pesantissimi ai servizi sociali”. “Una sola mossa, tre gravi distorsioni” è il titolo del commento di Marcello Messori che stronca la misura proposta dalla maggioranza: “Chi ha partorito un’idea così perversa era, forse, convinto di colpire le attuali pensioni di anzianità. In realtà, ha introdotto tre gravi distorsioni nel nostro sistema previdenziale. Primo: ha proposto di ledere retroattivamente un accordo fra Stato e cittadini, che mira a incentivare l’educazione superiore e a non discriminare chi ha prestato un servizio pubblico (fino a poco tempo fa, obbligatorio). L’impatto è analogo a quello del «condono fiscale» sui cittadini che pagano le tasse dovute: tutti i lavoratori (anche quelli che, come me, non hanno riscattato nulla) avranno meno fiducia nello Stato e rafforzeranno i loro dubbi sulla futura possibilità di percepire la pensione pubblica prevista. Secondo: ha penalizzato ulteriormente i lavoratori più giovani che sono (in tutto o in larga parte) soggetti al regime previdenziale contributivo e che, quindi, riceveranno una pensione corrispondente all’ammontare dei contributi versati nel loro periodo lavorativo e alla loro residua speranza di vita (oltre che al tasso di crescita del PIL). Sommandosi al fatto che l’Italia è il Paese avanzato che meno remunera la scolarizzazione, ciò accentuerà i nostri ritardi in termini di quota di laureati e assesterà, così, un nuovo colpo alla competitività della nostra economia. Terzo: ha introdotto, su base arbitraria, un abnorme scalino (anche quinquennale) nei tempi di accesso alla pensione di lavoratori che sono già stati colpiti da allungamenti delle condizioni di anzianità, dal legame con la loro speranza di vita e dal ricorso a vari espedienti temporanei (riduzione delle finestre, posponimento dell’indennità di liquidazione)”. Da segnalare, a pagina 10, il pezzo di Marco Imarisio sulle cooperative: “Dai fucili di Garibaldi a Togliatti. Quelle coop che non esistono più” è il titolo a dir poco irritante e inquietante. Ma verso la fine il pezzo si riscatta con la citazione del pensiero di Zamagni e di Castronovo: “«Ma i provvedimenti della Finanziaria — aggiunge Zamagni — sono sbagliati nel merito. Quelle che stanno per essere eliminate sono misure compensative che risarciscono le Coop per il mantenimento del livello occupazionale, quindi per la sua funzione anticiclica». Anche Castronovo, autore di opere su Fiat e Confindustria, non un bolscevico, si associa. «La revisione delle formule di tutela ha senso solo se inserita in una serie di tagli strutturali, e non episodici come quelli allo studio del governo. Altrimenti, certi provvedimenti vanno catalogati sotto altra voce». E la vendetta, concordano lo storico e l’economista, non è un piatto da servire con la manovra economica”.

“Rivolta contro la manovra”, è il titolo di apertura di REPUBBLICA di oggi. Spiega il sommarietto in prima: «È rivolta contro la manovra economica appena riscritta. La Cgil parla di golpe e si prepara allo sciopero generale del 6 settembre. Anche Cisl e Uil sono pronte a mobilitarsi per pubblico impiego e previdenza. Persino i magistrati minacciano lo sciopero. La Lega dopo aver accettato la norma sulle pensioni al vertice di Arcore chiede di cancellarla. Ma Silvio Berlusconi parla di misure eque. Bankitalia è molto preoccupata per l’andamento dell’economia: il Paese, avverte, è fermo. Alla questione il quotidiano di De Benedetti riserva le prime 11 pagine dello sfoglio. A pagina 3 REPUBBLICA rivela anche che in base a un calcolo della Ragioneria dello Stato alla manovra mancano 6 miliardi. Pag 6 e 7 sono dedicate a un dossier sul caos pensioni (e riscatti naia e università), che coinvolgerebbe 130mila persone, per lo più uomini. Infine a pag 11 Valentina Conte si mette a fare i conti in tasca a Berlusconi e Tremonti: “Caccia a 5 miliardi, rischio manovra ter”, in cui si accenna anche alla stretta sulle agevolazioni alle coop, una misura che secondo REPUBBLICA non è possibile quantificare. 

“Penati scrive, Bersani trema” strilla IL GIORNALE che apre con un commento di Vittorio Feltri alla lettera dell’ex braccio del leader Pd in cui “avvisa” i compagni dicendo «Io non mi sono arricchito». “Manovra buona, quella perfetta non esiste” è invece il titolo dell’editoriale di Nicola Porro che ammette: «Il governo Berlusconi si deve dunque mettere l’anima in pace: in un modo o nell’altro ha inciso nella carne viva di questo paese. Rimettere a posto i conti è impopolare: ci fa tornare con i piedi sulla terra. Le ultime modifiche l’hanno decisamente migliorata, ma il punto resta un altro. Questa botta, almeno, serve a qualcosa?». Il commento alle novità sulle pensioni è lasciato a Mario Giordano che firma l’altro editoriale intitolato  “Comunque andremo in pensione più tardi”  e scrive: «Diciamocelo con franchezza, mettere mano alla previdenza quando si deve tirar la cinghia è quasi obbligatorio per almeno due motivi: a) la previdenza è il capitolo che assorbe la maggior parte della spesa pubblica; b) la previdenza conserva ancora qualche cascame di quei tempi in cui si pensava che la spesa pubblica fosse il Bengodi. Lussi che, evidentemente, oggi non possiamo più permetterci. La Cgil ha definito l’intervento sulle pensioni un «golpe». I soliti esagerati… La riforma è un obbligo: la previdenza assorbe gran parte della spesa. E ormai certi lussi sono insostenibili: nessun Paese sano può permettersi di congedare le persone a 58,3 anni». A pagina 4 Andrea Cuomo spiega però che sulle pensioni arriverà di sicuro qualche altra modifica perché «i giochi sono ancora aperti» e che «per la copertura c’è un jolly». A pagina 8 Stefano Filippi firma “La rivincita di Caprotti, simbolo della lotta contro le coop”: Mister Esselunga a lungo ha fronteggiato i numerosi colpi bassi delle “sorelle rosse” che per anni hanno fatto cartello contro il libero mercato.

“Riscattiamoci” titola in prima pagina IL MANIFESTO che riassume i temi sviluppati nelle pagine dalla 2 alla 5 nel sommario: “Sindacati, medici, magistrati, studenti e precari. La cancellazione del riscatto degli anni di militare e di università per la pensione gonfia lo sciopero della Cgil (e ora anche della Uil). La Fiom e i movimenti: il 15 ottobre una giornata dell’indignazione. I dubbi di Bankitalia sulla manovra: «I conti non tornano»”. Sulla manovra Giulio Marcon scrive l’articolo “Manovra anti-sociale” che inizia in prima e prosegue poi a pagina 2. «La prima bozza della manovra di ferragosto era pessima. I cambiamenti decisi ed apportati lunedì scorso nel vertice di Arcore l’hanno ulteriormente peggiorata. L’intervento sulle pensioni, la cancellazione del cosiddetto “contributo di solidarietà” e la trasformazione – in senso ancora più aleatorio ed ipocrita – della riduzione dei costi della politica sono alcune delle nuove misure peggiorative di una manovra ancora più iniqua e disperata. (…) Tra l’altro la manovra ha un impatto recessivo e depressivo ed è un brutto compromesso di misure tra loro contraddittorie, tenute insieme solo dalla necessità di evitare la crisi di governo (…)» L’articolo di Marcon prosegue ricordando le proposte di Sbilanciamoci che saranno illustrate da domani al 3 settembre alla controcernobbio che si tiene a Lamezia Terme. L’apertura di pagina 4 è: “Manovra bocciata da chi sa contare” perché – come recita il sommario: “Banca d’Italia e Corte dei conti «salvano» solo l’entità dei saldi finali. Ma criticano l’eccesso di leva fiscale (rischi depressivi) e chiedono «riforme strutturali» per la crescita delle imprese”, nei titolini del capopagina si legge “L’insieme di misure uscite dal «compromesso di Arcore” confermano l’alleanza Pdl e Lega. Ma non servono a risanare le finanze pubbliche», mentre a pagina 5 “In commissione Bilancio di tutto di  più. Tra gli emendamenti torna il salva-abusivi in Campania e una supertassa per calciatori e sportivi”.

Il SOLE 24 ORE torna ai buoni vecchi tempi e in occasione di una manovra sfoggia “er mejo” d’un tempo. Titolo a tutta pagina: “Pensioni sotto tiro, rispunta l’aumento Iva”. Doppio editoriale, venti pagine di approfondimento, per capire di cosa si parla della manovra. E qui arriva il bello: esattamente non lo sa nessuno. Tanto è vero che appena partorita, la manovra rischia già di essere accantonata. O quanto meno significativamente modificata. La stretta sulle pensioni di anzianità vincolate al solo canone dei 40 anni di contribuzione, con l’esclusione dalla carriera contributiva dei riscatti della laurea e del servizio militare, decisa lunedì pomeriggio nel vertice di Arcore sulle modifiche alla manovra è subito finita nell’occhio del ciclone. «È l’ora della responsabilità – ripete Fabrizio Forquet nel suo “Acrobazie, pasticci e il tempo della responsabilità” – non delle beghe politiche e delle rivendicazioni di parte. Abbiamo addosso gli occhi dell’Europa e dei mercati finanziari. E abbiamo abbondantemente esaurito il nostro credito. Non si può continuare a mettere in discussione le misure approvate, riportando in bilico i saldi complessivi. La politica dimostri la responsabilità che finora le è mancata. Il Paese seguirà». Vedremo. 

ITALIA OGGI dà voce alle cooperative che lanciano l’ “allarme: non toccateci il fisco”. Il quotidiano riporta: «Un gettito fiscale ininfluente per la manovra, ma determinante per le imprese  bisognose di patrimonializzazione: il presidente  di Confcooperative Luigi Marino, portavoce dell’Alleanza delle cooperative italiane a nome del presidente Agci Rosario Altieri e del presidente Legacoop, Giuliano Poletti, mettono le mani avanti rispetto alla parte del provvedimento fiscale che si occupa delle cooperative». Per Marino «la lezione della crisi ha fatto capire in tutto il mondo che le cooperative sono un modello d’impresa da valorizzare. Si è proposto un intervento che colpisce l’unica forma di impresa solidaristica». L’alleanza delle cooperative segnala che «gli anni 2009-2010 e 2011 segnano un forte ridimensionamento della redditività e quindi di una caduta verticale del gettito per lo Stato». E infine: «Il regime fiscale vigente non è un’agevolazione ma un sistema che permette a queste imprese di concorrere all’economia del Paese. Un distorto intervento configgerebbe con l’art. 45 della Costituzione e con il dettato del codice civile varato dal Governo Berlusconi».

AVVENIRE titola “Pensioni, scoppia la bufera” e dedica il Primo Piano da pagina 4 a pagina 9 alle novità della manovra che suscita anche i dubbi di Bankitalia e i timori del Quirinale. Al no di sindacati e categorie si aggiunge un Bossi “infastidito” dalla misura sulla previdenza che vuole vederci chiaro. Berlusconi parla di polemiche strumentali e dichiara di non poter accettare retromarce. Le opposizioni vanno all’attacco definendo le scelte “inique e inefficaci”. Per Casini «ne vedremo ancora delle belle» e per Bersani «l’Italia è ormai una barca senza timone».  Nell’editoriale “Se la toppa crea un buco”, a firma Francesco Riccardi, si legge: «Il rischio è che, stavolta, la toppa crei un buco. Nella “quantità” della manovra-bis d’agosto e per la “qualità” di alcune abbozzate correzioni. Il cosiddetto patto di Arcore, che ha ridisegnato l’intervento di finanza pubblica, infatti, pare aver convinto pochi, scontentato tanti e allarmato ed esacerbato ancora più italiani… La preoccupazione di “non mettere le mani nelle tasche degli italiani” in modo diretto si sta rivelando una consigliera infida. Le mani si possono mettere in modo obliquo. E il risultato, come si vede, non è ancora equo ed è altrettanto pesante». A pagina 8 un articolo parla della protesta delle cooperative contro la stretta del governo. «Incassi nulli per lo Stato, una rovina per noi» dice l’Alleanza contestando  i tagli dei benefici fiscali. La percentuale del “taglio” non è stata ancora quantificata ma alcune stime delle stesse cooperative indicano il gettito per lo Stato in poche decine di milioni di euro. Per il presidente di Confcooperative Luigi Marino «non c’è dubbio che nella manovra ci sia una volontà di colpire il mondo della cooperazione di cui viene messo a rischio il futuro. Se il provvedimento dovesse passare, sarebbe paradossale – sostiene -: si tratta di poche decine di milioni di euro, nulla per lo Stato molto per il movimento cooperativo, che però inciderebbero sulla sua struttura civilistica e quindi sulla loro stessa essenza, bloccandone anche la capitalizzazione». E per l’economista Massimo Bordignon, intervistato da Andrea Di Turi, «a conti fatti mancano ancora 4-5 miliardi all’appello». Secondo lui nella manovra «non c’è niente di strutturale per la crescita» e si chiede «cosa dirà la Bce che finora ci ha tenuto in piedi?».

Il ripensamento della manovra getta ancora più caos sulle misure annunciate per tutto il mese d’agosto e poi modificate. Caos che si riscontra anche nella titolazione de LA STAMPA, modello “un colpo al cerchio e uno alla botte”: “Pensioni, il governo frena”, l’apertura. “Palazzo Chigi pronto a modificare la norma sul riscatto di laurea e naia. Berlusconi: ora la manovra è più equa. Bankitalia: non aiuta la crescita. La Cgil grida al golpe. Anche Cisl, Uil e magistrati sul piede di guerra. Bersani: colpiti gli onesti”. E, dulcis in fundo: “Mancano 5 miliardi”. Al di là delle opposizioni alle misure uscite dal vertice Berlusconi-Bossi, la questione chiave è quella affrontata da Stefano Lepri nell’editoriale: «I conti non tornano». “Prima dell’accordo di Arcore era corsa voce che il contributo di solidarietà sarebbe stato sostituito da un aumento dell’Iva. Poi il ritocco dell’Iva è scomparso, ma tutti gli altri pezzi della manovra sono stati riaggiustati come se ci fosse”, dice Lepri. C’è qualcosa che non va, ovvero mancano almeno 5 miliardi di gettito, come dimostra un’infografica a pag. 4 che mette in fila le maggiori e minori entrate previste in manovra. Spazio anche alle Coop messe nel mirino, per la difesa di Luigi Marino, presidente di Confcooperative. “Su di noi sono state date cifre di fantasia”, dice Marino, e dimostra come quegli 800 milioni che il governo prevede di ottenere dal taglio delle agevolazioni si riducano solo, in realtà, a “poche decine di milioni”. “Confcooperative stima per il 2011 un 70% in meno di redditività perché tutti gli sforzi imposti dalla crisi sono stati concentrati nella salvaguardia dell’occupazione”. Per Poletti – presidente Legacoop – «il regime fiscale vigente non è un’agevolazione, ma un sistema che permette a queste imprese di concorrere all’economia del paese». A pag. 5 confronto a 4 voci sull’ipotesi di manovra. Interpellati da La Stampa: il giuslavorista Pietro Ichino, Elsa Fornero di Intesa SanPaolo, Daniele Marini (fondaz, Nord Est) e Federica Guidi, di Ducati Energia. Seguono pagine di approfondimento sulle reazioni di Sindacati (Cgil in primis), Enti Locali (con un’intervista al neo-assessore al bilancio di Milano, Tabacci, che dice: «questo governo ha trasformato i sindaci in esattori»), Corte dei Conti, categorie professionali.

E inoltre sui giornali di oggi:

CONSUMATORI
LA REPUBBLICA – “Tasse, speculazione e ritardi. Nel gioco del carobenzina perdono sempre i consumatori”, è il titolo del dossier firmato dall’economista Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma energia, secondo il quale ad agosto si sarebbero potuti tagliare almeno 4 centesimi. E sulla concorrenza dice: «la competizione c’è, grazie a self service e no logo, ma molti automobilisti scelgono la comodità».  

LIBIA
IL MANIFESTO – L’editoriale a firma di Samir Amin e un richiamo “Abu Salim, «Guantanamo» di Tripoli” rinviano a pagina 7, interamente dedicata alla guerra in Libia. «La Libia non è né la Tunisia né l’Egitto. Il gruppo dirigente (Gheddafi) e le forze che si battono contro di lui non hanno nessuna analogia con i loro omologhi tunisini o egiziani. Gheddafi non è mai stato altro che un buffone la cui vuotaggine di pensiero trova l’espressione più compiuta nel suo famoso Libro verde (…)» si legge nell’editoriale che prosegue «Come nazione la Libia non è mai esistita. È una regione geografica che separa l’occidente arabo dall’oriente arabo, il Maghreb dal Mashreq. (…) La Cirenaica storicamente è stata greca ed ellenistica, poi è diventata mashreqina. La Tripolitania, alk contrario è stata latina e poi è diventata maghrebina. (…)» l’editoriale prosegue analizzando la composizione del Cnt «forse tra loro ci sono dei democratici, ma di certo ci sono degli islamisti, e alcuni fra i peggiori, e dei regionalisti(…)» per concludere «(…) rimane difficile prevedere come “il nuovo regime” libico sarà capace di governare il paese. La disintegrazione della Libia sul modello della Somalia è possibile». 

ITALIANI RAPITI
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 23 bel servizio di Massimo Alberizzi: “Dal deserto al mare le vite interrotte degli ostaggi italiani”. Scrive: “Ci sono in Africa 15 italiani prigionieri di gruppi criminali. Di alcuni si sa tutto, comprese le sofferenze quotidiane o la cifra chiesta come riscatto. Altri sono spariti quasi nel nulla”. Seguono le schede dedicate alle vicende di Bruno Pellizzari, Maria Sandra Mariani, la petroliera “Savina Caylyn”, il cargo “Rosalia D’Amato”, Franco Lamolinara, Francesco Azzarà.


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