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La guerriglia di Lampedusa

Cariche, ronde, scontri: sull’isola è emergenza

di Redazione

 

Le prime pagine di quasi tutti i quotidiani sono dominate dal colloquio di Berlusconi al Colle, e dall’attesa per il voto sull’arresto di Milanese, previsto per oggi. E così la battaglia di Lampedusa, tra residenti dell’isola e migranti concentrati nel centro di identificazione, una notizia gravissima che ci riporta alla questione irrisolta dell’ondata migratoria dal Nordafrica, viene trattata con assai minore evidenza. Noi vi selezioniamo ciò che abbiamo trovato in edicola.

 

 

“Cariche, ronde: guerriglia a Lampedusa” è il titolo a piede di pagina sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. In poche righe le notizie: “Nuova mattinata di guerriglia a Lampedusa con sassaiole, caccia all’uomo, cariche di agenti, reazione degli abitanti dell’isola, inseguimenti e corse al Poliambulatorio dove sono arrivati 11 feriti gravi. Tutto comincia quando un gruppo di tunisini si arma di tre bombole di gas minacciando altro fuoco. La giornata si chiude con il sindaco Dino De Rubeis assediato in municipio che telefona al ministro Roberto Maroni, il quale rassicura: in 48 ore l’isola sarà «liberata» con 11 voli speciali”. I servizi in due pagine, molto lontane dalla prima, 30 e 31. “Scontri e decine di feriti. Guerriglia a Lampedusa” è il titolo di apertura di pagina 30. Scrive l’inviato Felice Cavallaro: “È la cronaca della peggiore giornata di quest’isola dove la sera prima le mamme tappavano i figli in casa per non fare respirare la nube tossica dell’incendio e dove ieri mattina si sono svegliate guardinghe temendo di ritrovarsi qualche «clandestino» sull’uscio. Senza immaginare l’inferno nel quale tutto è poi precipitato. Soprattutto quando trecento tunisini spocchiosi e arroganti si sono piazzati davanti al distributore di benzina del Porto vecchio, a due passi dalla caserma della Guardia di finanza, entrando minacciosi nelle cucine del «Delfino blu» e uscendone con tre bombole di gas agitate come trofei, minacciando altro fuoco. Ecco la scintilla che ha scatenato la rabbia dei lampedusani. Con le prime pietre volate dal tetto di un edificio. Quasi tutti giovani, da una parte e dall’altra. Scamiciati, le braccia tese, tutti a gridare. Sotto lo sguardo inquieto di un centinaio di agenti, i manganelli pronti. Mentre il sindaco Dino De Rubeis si sgolava chiedendo di caricare «perché se non lo fa lo Stato lo faranno i lampedusani»”. E così conclude: “Si guardano storto da ogni parte in quest’isola dove il sindaco Dino De Rubeis a fine sassaiola è costretto pure lui a rifugiarsi in municipio. Poi cerca al telefono Roberto Maroni, euforico per le assicurazioni. Stando alle voci che rimbalzano dal Viminale, infatti, in 48 ore l’isola dovrebbe essere «liberata» con 11 voli speciali. Considerati l’incendio al Centro e i lavori di ristrutturazione alla Base Loran dove stanno donne, minori e disabili, Lampedusa inoltre sarebbe temporaneamente cancellata come «porto sicuro» per le cosiddette operazioni Sar, i salvataggi a mare. Significa che il primo approdo diventerebbe Porto Empedocle, sulla costa agrigentina”. Curiosa l’intervista al sindaco di Lampedusa, De Rubeis, raccolta sempre da Cavallaro. Eccone alcuni passaggi: “Pentito per aver creduto a promesse sfumate? «Io sono un piccolo sindaco pur con i miei due metri di altezza. E ho un punto debole: l’onore e il piacere di parlare col premier quando voglio, anche a mezzanotte o all’alba». E che gli dice? «Io parlo anche venti minuti di fila. E alla fine lui mi chiede cosa fare, io propongo e lui si mostra subito disponibile, assicura, promette, io ci credo e mi commuovo. Lo so, è una debolezza. Ma così è». E se poi non succede niente? «A volte succede. Altre volte non arriva quel che ha promesso. Può capitare. In questo e altre materie non me la sento di diventare io l’inquisitore del Cavaliere. In fondo, siamo noi tutti peccatori e chi non ha peccato scagli la pietra». Il futuro di Lampedusa? «Un futuro senza immigrati. Via tutti. Questa è diventata una guerra. Basta. Occorre risarcire. Come fa il governo Lombardo con 5 milioni di garanzie bancarie per cui operatori turistici e commercianti potranno ottenere finanziamenti per 50 milioni a tasso zero per dieci anni»”. A pagina 31 la risposta del Governo: “Piano del Viminale: via tutti in 48 ore”. Partito il piano di rimpatrio a colpi di cento alla volta, Maria Antonietta Calabrò registra, a metà pezzo, le perplessità delle associazioni: “«Save the Children», l’Arci e il Consiglio italiano per i rifugiati hanno tutti espresso grande preoccupazione per quanto sta accadendo, e hanno sottolineato che la rivolta era «attesa», come conseguenza di una politica definita «miope», «criminale», «sbagliata», un «disastro annunciato causato da incoscienza». Christopher Hein, direttore del Cir, in particolare ha spiegato che «i migranti che stanno arrivando nell’ultimo periodo dalla Tunisia provengono principalmente da una zona, quella di frontiera con la Libia, la cui economia si è sempre principalmente basata sul traffico commerciale transfrontaliero, che si è drasticamente interrotto dopo la presa di potere del Comitato di transizione libico». Il secondo pilastro dell’economia locale era il turismo, che invece è «pressoché cessato nel periodo estivo». Quindi, secondo Hein «la riapertura del decreto flussi — aggiunge — sarebbe stato l’unico strumento per accompagnare la Tunisia in questo difficile momento di transizione»”.

 

Un giorno di guerra a Lampedusa caccia ai clandestini in rivolta”: è il titolo della foto-notizia de LA REPUBBLICA (che apre con “Bossi: salverò Berlusconi”). Dall’isola riferisce Alessandra Zinniti: «Le donne che quest’estate si facevano trovare al molo con unh piatto di minestra calda e vestitini per i piccoli migranti ora camminano per strada con le pietre nelle tasche dei grembiuli da cucina. Gli uomini si organizzano in ronde per stanare “quei pezzi di merda criminali”. Il sindaco Bernardino De Rubeis… è asserragliato nel suo ufficio guardato a vista da tre agenti e con una mazza da baseball». È cambiato il clima nell’isola. Ormai è «lampedusani contro tunisini, disperati contro disperati». Dopo la rivolta dei migranti e l’incendio che ha distrutto il centro d’accoglienza, la tensione è salita alle stelle e ieri mattina è esplosa in una battaglia e in seguito in una vera e propria «caccia al tunisino». «Dobbiamo difenderci dall’invasione di questi criminale» dicono gli isolani. Nell’intervista in appoggio il sindaco De Rubeis spiega le ragioni di Lampedusa: «qui la situazione è davvero ingestibile e si perde il lume della ragione… Rinnovo l’appello al presidente Napolitano… Valuti la possibilità di venire a Lampedusa», «Berlusconi non l’ho sentito… ho chiamato la sua segreteria e mi hanno risposto che mi chiamerà… Ho parlato due volte con Maroni e mi ha assicurato che entro 48 ore l’isola sarà sgomberata». C’è anche una accusa alle organizzazioni umanitarie: «cercano sempre giornali e tv per farsi intervistare, ieri erano sparite. Dov’erano mentre qui c’era una vera e propria guerra? Dov’erano nascosti? Per ore ho chiesto aiuto ai mediatori culturali per aiutarmi nell’opera di persuasione degli extracomunitari a rientrare e non provocare danni». Vladimiro Polchi, nel suo dossier, spiega che è saltato l’accordo con Tripoli e che quindi d’ora in poi potrebbero riprendere i viaggi della speranza (fin qui sono arrivati oltre 50mila migranti a Lampedusa). «La sensazione» dice Olivero Forti di Caritas Italiana, «è che gli accordi fra i due governi non funzionino» (solo una settimana fa Maroni aveva detto il contrario), mentre per Christopher Hein, del Consiglio italiano per i rifugiati, «quanto sta accadendo è la conseguenza di una politica miope. Gli accordi fatti dal governo italiano non hanno considerato la particolare condizione socio-economica della Tunisia». Accordi che del resto, puntualizza Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, prevedono «la concessione di un permesso speciale solo a chi è sbarcato dal 1 gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Per tutti gli altri viene predisposto il respingimento».

 

“Il caos padrone di Lampedusa”, titola IL SOLE 24 ORE il pezzo scritto da Karima Moual. Oltre la cronaca che riporta le parole del sindaco Dino De Rubeis « alle associaioni umanitarie dico di non permettersi riaccusare i lampedusani di razzismo. Siamo in guerra, la gente ha deciso di farsi giustizia da sola», alla fine dell’articolo si legge: «Le tensioni si spiegano con la tipologia di questa nuova immigrazione, che ha fatto seguito alle rivolte arabe. Non si tratta di disperati, ma di un’immigrazione giovane, fatta da chi non ci sta a tornare indietro». Scrive Moual «Bisogna seriamente accettare che gli sbarchi non si fermano, malgrado i tanti annunci da parte del Governo» che descrive la vicenda come «lo scoppio di una bomba a orologeria dell’isola-carcere. Una Lampedusa in guerra.

 

“Dopo l’incendio, guerriglia con caccia al clandestino”. E’ il titolo delle due pagine che IL GIORNALE dedica all’interno alla rivolta dei migranti di Lampedusa. Una cronaca della giornata di rivolta e di scontri con molto spazio alle reazioni del sindaco di Lampedusa Bernardino de Rubeis che ha parlato di «guerra» e di come sia impossibile continuare su questa strada». Taglio basso di pag.14 e taglio alto di pag.15 dedicati al commento. Il primo a firma di Gian Micaleesin è un’accusa non molto velata a Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, che in un’intervista ha«scaricato sul governo le responsabilità per Lampedusa». La Boldrini è tacciata di essere una «smemorata» ricordando le dichiarazioni della funzionaria del recente passato in cui aveva tranquillizzato tutti sul movimento delle «affollate bagnarole dirette su Lampedusa». Ma un po’ ironicamente chiede di non sospettare della malafede di Laura Boldrini «Non ce l’ha con il governo. E’ solo sbadata e opportunamente smemorata». “Liberiamo i lampedusani dall’orda arrogante e ingrata” è l’altro pezzo di opinione. Un “elogio” all’operato degli abitanti di Lampedusa («altro che premio Nobel, bisogna farli santi, prima per aver accolto gli ospiti e poi per aver reagito alle violenze. Senza curarsi delle accuse di razzismo») e un attacco alle «anime belle, prima tra tutte la Vispa Teresa della sinistra Anna Finocchiaro» che ha accusato il governo per quello che è successo in Sicilia. «La verità è che il governo non ha fatto ciò che l’opposizione gli intimò di non fare: non rimpatriarli in massa, non dividerli in piccoli gruppi, in diverse località del continente». Una decisione che ha portato secondo chi scrive all’aumento degli sbarchi («e intanto adocchiata la pacchia gli sbarchi si susseguivano) e alla situazione attuale e i clandestino prendevano a braveggiare, a lordare, a insolentire i lampedusani). Taglio basso di pag. 15 (“Pdl e Lega difendono gli abitanti: hanno sopportato troppo) invece sulle reazioni politiche con un accenno alla presunta disinformazione dell’opposizione su quello che sia realmente successo ieri a Lampedusa. («neanche una parola però sulla violenza e gli atti di guerriglia vera e propria messo in atto dagli extracomunitari che non vogliono essere rimandati a casa e che sempre secondo la sinistra devono essere rimpatriati ma accolti comunque») e una proposta «la soluzione è il trasferimento immediato seguito dal rimpatrio»

 

Doppia pagina (14-15) su LA STAMPA sulla “Guerriglia a Lampedusa”. “Scontri e feriti. L’isola dell’odio a ferro e fuoco”, titola la stampa raccontando la giornata di scontri che ieri ha sconvolto l’isola. E che vede per la prima volta n modo così violento scontri diretti tra lampedusani e migranti (per la maggior parte tunisini). “Finisce così la speranza della convivenza, con il sindaco barricato in ufficio, sul tavolo una mazza da golf perché «se mi attaccano la uso»”, sono le parole di Bernardino De Rubeis, primo cittadino di Lampedusa. Null’altro, al di là della cronaca della giornata e un cenno all’assicurazione data dal ministero dell’Interno di “sgomberare l’isola”, se non la (solita) intervista a Claudio Baglioni, che sull’isola organizza da anni la manifestazione ‘O Scià, che riflette proprio sul tema delle migrazioni. Titolo: “Dal buonismo ai respingimenti: sui migranti troppa confusione”, è la critica che il cantante lancia alle istituzioni; «c’è l’icapacità di capire chi cerca la carità e chi non è una persona per bene».

 

 “La battaglia di Lampedusa” è ovviamente l’apertura de IL MANIFESTO che in prima mette anche due immagini dei violenti scontri di ieri. Due le pagine interne dedicate ai fatti segnalate dal sommario: “Esplode la rivolta sull’isola. Scontri tra immigrati e polizia, cittadini esasperati contro tunisini e giornalisti, il sindaco del Pdl assediato. Decine i feriti dopo l’incendio nel centro di accoglienza. Sulla gestione degli sbarchi l’ennesimo fallimento del governo. Che ora assicura: «Migranti trasferiti in 48 ore»”. Anche l’editoriale a firma Alessandro Dal Lago è sul tema: “Il bastone del governo” che esordisce: «Davanti alla rivolta di Lampedusa e ai successivi incidenti, la prima tentazione è dire che siamo governati da una banda di incapaci. (…) non si capisce come questo governo, il cui unico interesse è difendere l’impresentabile capo, possa occuparsi della questione dei migranti. Metterla così, però, è troppo facile. È vero che l’Italia, tra truculenza e impotenza, non è oggi n grado d accogliere i migranti e di dare asilo ai richiedenti o a chi ne ha diritto. Ma è sempre stato così, almeno da più di dieci anni, da quando furono istituiti i Cpt (…)» E prosegue «(…) Le rivolte e la guerra in Libia hanno ovviamente reso il tutto ancora più complesso e oscuro (…) Invece di infastidire il mondo con la favola dei 500.000 clandestini di Maroni, un governo decente avrebbe dovuto prevedere quello che sarebbe successo (non ci voleva molto) e correre ai ripari, in nome di quella protezione dei civili (e cioè degli esseri umani non combattenti) che è stata così frettolosamente invocata per mandare gli aerei a bombardare la Libia. Ma nulla di tutto questo. E ciò vale, sia ben chiaro, anche per gli altri paesi europei (…)». Nelle due pagine interne la cronaca della guerriglia di ieri, le analisi e un affondo sull’accordo con Tunisi, in un articolo il cui occhiello recita (a pagina 3)”Perché il Viminale ha scelto di trasformare Lampedusa in «no man’s land»” e che si conclude osservando che : «È stato il disegno ottuso di Maroni a portare al disastro dell’altroieri. Perché il Viminale ha visto aumentare il numero dei reclusi nel centro di Imbriacola e non ha fatto nulla. Ha visto che i rimpatri non funzionavano e si è ostinato a trattenere sull’isola 1300 migranti esasperati. E ancora una volta – come nel 2009 – ha abbandonato l’isola a se stessa, immaginando che non fosse territorio italiano, ma solo una sua appendice da utilizzare come deposito permanente di migranti in attesa di rimpatrio».

 

AVVENIRE dà alla notizia lo spazio della foto al centro della prima pagina. «A Lampedusa guerra di pietre e parole». All’interno, oltre alla cronaca degli scontri, si racconta l’incontro tra l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro e quello di Tunisi, Maroun Lahham, oggi insieme sull’isola. «Lampedusa chiede che vengano rispettati i propri diritti. Oggi si chiede di sopportare un peso troppo gravoso a chi l’ha sempre subito in solitudine. Ammalarsi seriamente a Lampedusa è un problema serio. Non si può infliggere una doppia povertà a chi è già povero». L’arcivescovo di Tunisi, invece, è sull’isola con «uno spirito di riconciliazione. Sono con i lampedusani, capisco la loro sofferenza, li ringrazio per quello che hanno fatto con la loro straordinaria accoglienza». Lahham «invita tutti a fare uno sforzo di comprensione nei confronti di sofferenze e difficoltà diverse. “Quello che si sta chiedendo ai lampedusani è più di quello che possono fare. Adesso tocca ai politici trovare una soluzione. Aiutare l’economia tunisina, perché possano essere creati nuovi posti di lavoro per i nostri giovani». Per comprendere le reciproche esigenze le due diocesi hanno avviato un «rapporto di vicinanza» tra i rispettivi uffici Caritas, organizzando una visita in Tunisia

 

E inoltre sui giornali di oggi:

 

ROM IN UNGHERIA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 25 Luigi Offeddu: “I rom ai «lavori forzati». Iniziativa choc in Ungheria”. Scrive: “A Gyöngyöspata, secondo un progetto già approvato dal Parlamento ungherese, molti disoccupati che vivevano di sussidi pubblici oggi zappano, puliscono strade, tiran su mattoni. Fatte salve le ovvie differenze storiche e ideologiche, un altro esperimento sociale: e giacché in Ungheria la disoccupazione è alta soprattutto fra i nomadi rom, è rom la grande maggioranza di quegli improvvisati lavoratori. Anzi, quasi tutti: Gyöngyöspata è zona tradizionale per i loro accampamenti, e proprio per questo è spesso percorsa dalle marce paramilitari di Jobbik, il movimento dell’estrema destra nazionalista che controlla la municipalità locale. I militanti sfilano tra fiaccole fumiganti e grida di «zingari assassini». E proprio come quelle grida, dice l’opposizione socialista, anche l’esperimento del lavoro quasi-obbligato prende di mira i nomadi o quasi soltanto loro, può essere sospettato di avere motivazioni etniche. I rom di quei cantieri ricevono un salario inferiore o pari a quello sociale minimo. Alcuni vivono in prefabbricati. Alcuni devono accettare di viaggiare fino a 3 ore per raggiungere il proprio luogo di lavoro (…)Vecchi, malati, e genitori con bambini, sono esonerati dai turni. Ma gli altri, no. Sono già un migliaio, quelli «arruolati» a tempo pieno, circa 8 ore al giorno. Tutto il piano, esteso su scala nazionale, secondo gli intendimenti dovrebbe arrivare a coinvolgere qualcosa come 300 mila persone”.

 

BANCHE
LA REPUBBLICA – Sette istituti di credito italiani sono stati declassati da Standard&Poor’s. Una situazione sempre più grave al punto che ormai non si escludono gli esiti più drammatici. Ad esempio che qualche grande banca europea debba essere nazionalizzata. Secondo Alberto Nagel, ad di Mediobanca, «il disastro è di proporzioni molto ampie e non verificabili: la situazione della finanza europea è molto deteriorata, la crisi dei titoli pubblici rapidamente contagia le banche con rischi di avvitamento del sistema».

 

FAMIGLIA
ITALIA OGGI – Un pezzo a pag 8 “La famiglia è sempre più anormale” che commenta i dati dell’Istituto nazionale di statistica sulla composizione della famiglie. «Quando si parla di quoziente familiare», scrive ITALIA OGGI «quando si allude alla composizione delle famiglie, occorrerebbe pensare anche, e conseguentemente deliberare in termini di leggi, ai dodici milioni di connazionali che vivono in una famiglia che un tempo sarebbe stata considerata fuori norma, una non famiglia».

 

GIUSTIZIA
IL MANIFESTO – In prima pagina trova spazio anche un breve richiamo sulla giustizia “Carceri, l’emergenza è rimandata al 2013”, l’articolo, una colonna lunga tutta la pagina, di spalla all’apertura di pagina 6 sulla sentenza di Ustica. Nell’articolo si sottolinea che: «Per il ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma non c’è bisogno di un’amnistia o di un indulto, come richiesto dai Radicali, ma di “una stagione di sereno confronto tra le forze politiche”. I 21.457 detenuti che eccedono l’attuale capienza del sistema penitenziario, ferma a poco più di 45mila posti, dovranno dunque aspettare l’ultimazione del “piano carceri” e l’avvio di un confronto parlamentare che estenda la norma sulla detenzione domiciliare (…)”.

 

CARCERE
IL GIORNALE – A pag. 6 del dorso milanese si segnala come il progetto di spostare il carcere di San Vittore a Porto di Mare sia tramontato con la giunta Pisapia. (“Spostare San Vittore? Per Pisapia non se ne parla più)

BENEDETTO XVI
AVVENIRE – L’apertura del quotidiano è dedicata alla visita pastorale del pontefice in Germania. L’editoriale in prima pagina si occupa delle polemiche suscitate dal viaggio del Papa. Scrive Salvatore Mazza: «Comincia da Berlino, e comincia con l’ormai trito accompagnamento preventivo di polemiche, distinguo, contestazioni (vere o presunte), “se” e “ma”… Comincia con il programma dei quattro giorni che il Papa, da oggi, trascorrerà in Germania, misurato sul bilancino del “politicamente corretto” e dell’opportunità, piuttosto che letto, come si dovrebbe, nel suo senso pastorale». Niente di nuovo, secondo Mazza. Anzi, «usurate litanie anticlericali, come quelle che terranno oggi lontano dal Reichstag un gruppone di deputati di Spd, Linke e Verdi, contrari alla presenza del Papa nel Parlamento federale, o nel declinare di non pochi media tutti gli aspetti di una Chiesa “in crisi” – dagli “scandali”, antichi e nuovi, al calo dei fedeli». Ma «la cosa tanto più colpisce, anche solo per il fatto che si tratta della Patria del Pontefice».

 


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