Sostenibilità sociale e ambientale

A Durban una sfida a Usa e Cina

Sono i due maggiori inquinatori del pianeta

di Redazione

A Durban si apre una nuova tappa per la lotta ai cambiamenti climatici a livello globale. E’ la Conferenza Onu, un nuovo grande summit sulle sorti del pianeta che arriva a due anni dal vertice di Copenaghen e a un anno da quella di Cancun. Sul tavolo dei negoziatori appartenenti a 190 Paesi si ripropongono vecchie difficoltà a raggiungere un accordo, un’intesa auspicata da molti, in primis dall’Europa, affinché si possa tracciare la strada del post Kyoto, il trattato adottato nel 1997 e che per ora resta l’unico punto di riferimento per la riduzione delle emissioni di gas serra (anche se risulta insufficiente).

Il cuore del problema consiste proprio nella prosecuzione fino al 2012 di quell’accordo ma per le resistenze degli Stati Uniti da una parte, (tra l’altro gli unici, fra i paesi industrializzati, a non aver sottoscritto il Protocollo) e dall’altra della Cina e dell’India, ossia i principali inquinatori, l’intesa-compromesso appare anche questa volta lontana. Giappone, Russia e Canada infatti non intendono firmare un accordo post Kyoto a fronte della mancanza di un impegno da parte di Stati Uniti e Cina.

Le ricerche più recenti indicano la necessità di un’azione rapida per fermare il riscaldamento globale, sottolinea Christina Figueres, segretario esecutivo dell’Unfcc, l’organismo Onu incaricato di monitorare i cambiamenti climatici. Parlando con i giornalisti a Durban, la Figueres ha sostenuto che le ultime scoperte suonano come un “campanello di allarme”. Tra i rilevamenti citati, quelli della World Meteorological Organisation che indicano come “l’atmosfera ha raggiunto livelli record di gas serra”.

Serve dunque trovare un accordo a livello globale entro il 2015 per la riduzione delle emissioni di carbonio, ammonisce l’Unione europea, così come detto a Durban da Tomasz Chruszczow, il rappresentante della Polonia, paese attualmente alla presidenza dell’Ue, e Artur Runge-Metzger, capo negoziatore dell’Unione.

La delegazione italiana a Durban sarà guidata dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini che si recherà alla Conferenza per le ministeriali a partire dal 6 dicembre. Clini si è sempre recato al tavolo negoziale, in qualità di direttore generale del ministero dell’Ambiente e adesso quindi si presenta anche in veste politica.

 

Attento conoscitore della materia, Clini, nei giorni scorsi, ha delineato lo scenario in vista di questo vertice. Un nuovo possibile fallimento è nelle carte. Anche questa volta non si arriverà a una firma tra i grandi blocchi continentali occidentali e orientali.

E si allontana ancora l’obiettivo di limitare il surriscaldamento della Terra, non oltre i due gradi centrigradi, considerata la soglia critica per evitare disastri ambientali di portata catastrofica. Il ministro dell’Ambiente aveva richiamato l’attenzione, nel corso di un’audizione alla commissione Ambiente del Senato, sul fatto che “il portafoglio energetico globale deve essere modificato drasticamente perchè le emissioni di anidride carbonica dipendono dall’uso di combustibili fossili. Ridurre del 50% il portafoglio – ha detto Clini – significa che il trend dei prossimi 30 anni venga modificato da un contributo attuale dell’85% dei combustibili fossili al 30%. Dunque il gap da coprire con fonti alternative è del 50%, oggettivamente molto alto”.

Nello specifico di Durban, Clini ha dato rassicurazioni in merito al tentativo che l’Europa farà per “valorizzare al meglio le particolari e positive relazioni che abbiamo con la Cina e gli Stati Uniti, dovendo prendere atto però che, mentre potrebbero essere promettenti gli sviluppi della collaborazione con la Cina, lo sono meno quelli con gli Usa perché il Senato statunitense, nonostante la maggioranza democratica, non ha dato seguito alla indicazione del presidente Obama per l’introduzione nel sistema americano di obiettivi e strumenti per la riduzione delle emissioni di carbonio simili a quelli europei”.

Al momento attuale, ha rimarcato Clini nei giorni scorsi, “gli Stati Uniti si presentano alla conferenza di Durban senza impegni non tanto oggi ma anche nella prospettiva più prossima e con una visione della partecipazione al programma globale sui Cambiamenti climatici molto incardinata su azioni volontarie e su iniziative che non vincolano imprese e consumatori americani”. A Durban si potrebbe però individuare una ‘road map’ per un trattato globale da firmare entro il 2015. Inoltre, sul tavolo del negoziato c’è la questione del ‘Fondo Verde’, tutta da discutere sia per quanto riguarda la gestione sia per quanto riguarda le modalità di finanziamento. Sul Fondo verde dovrebbero confluire una parte dei 100 miliardi di dollari che i Paesi industrializzati si sono impegnati a stanziare a favore di quelli poveri entro il 2020. Dopo la Conferenza di Durban la Ue, secondo Clini, dovrà considerare iniziative da prendere nel Programma europeo del pacchetto 20-20-20. Una prossima tappa è fissata per il Consiglio Ue del 10 dicembre quando dovrebbe essere avviata la fase post Durban, in prospettiva della Conferenza Rio+20 a giugno 2012 a Rio De Janeiro sullo sviluppo sostenibile che cadrà a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro UNCED del 1992.

Da leggere il documento su Afronline.org il documento delle chiese cattolica e anglicana in occasione della conferenza di Durban.


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